Un padiglione per il Dipartimento Cardiovascolare degli Ospedali Riuniti di Bergamo

Descrizione e giustificazione dell’opera
Stefano Capolongo
Il complesso dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo, situato nella parte ovest della città, ai piedi della Città Alta, di fronte a Porta San Giacomo, è composto da oltre 60 Unità Operative organizzate attraverso un sistema tipologico intermedio fra quello a padiglioni e quello monolitico.
La struttura sanitaria si trova da qualche tempo in una condizione generale di saturazione, che ha portato l’amministrazione ad approvare un piano di riqualificazione funzionale ed edilizia e a bandire un concorso che nel 2007 porterà alla costruzione, in località Trucca, di una nuova struttura ospedaliera di rilevanza nazionale e alta specializzazione, che accoglierà 1600 posti letto.
L’incarico assegnato al gruppo di progettazione, costituito dagli architetti Benvenuto Bonacina, Anna Mangiarotti e Guido Nardi, s’inserisce all’interno di questo programma d’interventi, allo scopo di decongestionare l’unità operativa di Cardiochirurgia, poiché fortemente sovraccaricata sia sul piano logistico sia su quello operativo, oltre che per la necessità di mantenere alto lo standard del Dipartimento Cardiovascolare, noto e rilevante al livello nazionale.
Il percorso progettuale che ha portato all’assegnazione dell’incarico si è svolto attraverso le procedure previste dalle leggi e i decreti in materia di appalti pubblici, in particolare dalla legge Merloni (Legge 11 febbraio 1994 n. 109, “Legge quadro in materia di lavori pubblici”) e il suo regolamento di attuazione (D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, “Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni”), tramite la redazione del progetto preliminare, da parte dell’Ufficio Tecnico dell’Azienda Ospedaliera, che ha concordato la morfologia e gli standard urbanistici con gli organismi comunali e la Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico, assegnando al gruppo di progettazione la definizione del progetto di architettura e degli elaborati grafico-descrittivi di tipo tecnico, economico e amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni edilizie e la cantierabilità del progetto.
Il padiglione definito dalle richieste della committenza dovrà prevedere tre collegati ai fabbricati esistenti in prossimità del secondo piano, istituendo un rapporto diretto con i reparti di nefrologia, verso ovest, e chirurgia, verso sud ed est; sarà inoltre prevista una passerella di by-pass del reparto di terapia intensiva che condurrà al blocco operatorio.

Principi informatori del progetto
Stefano Capolongo
La delicata destinazione d’uso del progetto richiede una precisa e attenta definizione della relazione fra i requisiti e gli elementi funzionali che concorrono a strutturare le scelte tecno-morfo-tipologiche del progetto, all’interno di un processo circolare che coinvolge le necessità operative della committenza, il sapere dei progettisti e le esigenze dell’utenza finale, definendo uno stretto rapporto fra requisiti e prestazioni dell’organismo edilizio, strutturato attraverso un processo multidisciplinare che coinvolge il ‘sistema tecnologico’ e il ‘sistema ambientale’.
Esiste quindi un presupposto fondamentale che raccoglie i principi informatori del progetto, espresso dal termine ‘qualità’, inteso sia come capacità dell’opera edilizia di soddisfare le esigenze degli utilizzatori, sia come obiettivo prioritario che riguarda tutte le fasi del processo edilizio, dalla concezione del progetto alla sua gestione e manutenzione.
È quindi possibile rileggere, attraverso quest’ambito della cultura del progetto d’architettura, le richieste dell’Azienda Ospedaliera che si orienta a ottenere un edificio che si confronti con i più alti standard operativi europei, ottimizzando i benefici derivanti dagli impianti tecnologici attraverso la tipologia distributiva, massimizzando il rapporto fra benefici e costi globali di costruzione, manutenzione e gestione, fra modi d’uso e requisiti ambientali, fra prestazioni globali del manufatto edilizio e soluzioni tecniche adottate, senza trascurare il delicato contesto funzionale in cui l’intervento s’inserisce, del quale il nuovo intervento non può pregiudicare il funzionamento, soprattutto in fase di costruzione.
In particolare ai progettisti è stato richiesto di progettare un fabbricato di tre piani, in cui al piano terra siano presenti la hall d’ingresso e la reception, 9 studi medici per le visite specialistiche e 6 ambulatori per gli esami ecografici, mentre ai due piani superiori si trovino le camere di degenza per 46 posti letto, oltre ai servizi quali la medicheria, i locali per gli infermieri e quello per il medico di guardia, una cucina e gli spazi di ritrovo e ristoro comuni dedicati ai pazienti e ai visitatori.
È dunque possibile sintetizzare i principi informatori del progetto attraverso alcuni punti:
– realizzazione di un intervento di qualità e tecnicamente valido;
– rapporto ottimale fra i benefici e i costi globali di costruzione, manutenzione e gestione;
– minimizzazione dell’impiego di risorse e materiali non rinnovabili e massimo riutilizzo delle risorse naturali già impiegate;
– massima manutenibilità e durabilità dei materiali e dei componenti utilizzati;
– facile sostituibilità degli elementi componenti;
– compatibilità con le caratteristiche del contesto territoriale e ambientale;
– minimo effetto negativo sull’ambiente, sul patrimonio storico, artistico e archeologico in relazione all’attività di cantiere;
– attenzione al peculiare e delicato contesto ospedaliero in cui l’intervento si inserisce per non pregiudicare l’accessibilità, l’utilizzo e la manutenzione delle opere, degli impianti e dei servizi esistenti e operanti;
– salvaguardia, in fase di costruzione e di esercizio, da fattori di rischio per la sicurezza e la salute degli utenti, degli operatori e dei visitatori.

La risposta dei progettisti
Stefano Capolongo
Lo sviluppo tipologico del progetto è scandito da una distribuzione a ‘corpo quintuplo’, che consente una chiara definizione dei flussi di persone e cose, oltre a razionalizzare le diverse aree funzionali attraverso la divisione dello spazio in cinque fasce funzionali longitudinali: due attestate lungo le pareti perimetrali dell’edificio e adibite ad aree ambulatoriali al piano terra e a degenza ai due piani superiori, una centrale in cui sono situati i locali di servizio per il personale medico ospedaliero e due corridoi, collegati trasversalmente in tre punti, che legano le diverse funzioni e consentono gli accessi ai piani tramite gli ascensori-montaletti e le scale.
Il sistema di distribuzione così concepito permette un completo controllo da parte del personale paramedico degli accessi ai piani, oltre a consentire la sorveglianza dei corridoi senza spostarsi dal posto di guardia, e a rispondere alle prescrizioni normative in materia di prevenzione incendi, in accordo con la legislazione vigente riguardante l’abbattimento e il superamento delle barriere architettoniche.
Il sistema di distribuzione verticale è costituito da due corpi scale disposti ai vertici opposti dell’edificio, uno rivolto a nord-est e l’altro a sud-ovest, concepiti principalmente come vie di fuga in caso d’incendio, e quindi progettati a tenuta di fumo, mediante l’apertura diretta verso l’esterno delle aperture dei vani, mediante l’uso di grigliati metallici.
Due blocchi ascensori completano il sistema, dividendo i flussi degli operatori di servizio da utenti e degenti. Un primo blocco, in adiacenza alla parete nord dell’edificio, è progettato per l’esercizio anche in caso d’incendio, prevedendo quindi un filtro a tenuta di fumo e ascensori di sicurezza, uno dei quali con doppia apertura, per consentire un accesso diretto dalla hall d’ingresso al piano terra; il secondo blocco, in prossimità del lato sud, esclusivamente dedicato al personale ospedaliero, è composto da un ascensore-motaletti e un ascensore-montacarichi, di dimensioni minori, entrambi preceduti da un locale adibito a deposito, ai piani delle degenze, mentre al piano terra è anche previsto il locale dedicato al transito dei pazienti deceduti.
La distribuzione delle funzioni all’interno del fabbricato prevede al piano terra l’area d’ingresso e la reception, gli ambulatori distinti tra Area Trapianti, a est, e l’Area Dipartimentale di Cardiochirurgia, Cardiologia e Vascolare lungo il lato ovest.
L’area destinata agli Ambulatori/Trapianti prevede inoltre una reception e un’ambulatorio prelievo, oltre alla sala d’attesa e un’abulatorio per l’elettrocardiogramma (ECG), due per l’ecografia (ECO) e uno per le visite mediche comprensivo di spogliatoio. I cinque Ambulatori Dipartimentali e i quattro ambulatori per le analisi specialistiche (Ecodopler, Holter, Ergometria ed Ecografia) hanno due distinte aree di attesa e ognuno presenta il proprio spazio spogliatoio.
Completano la dotazione funzionale del piano terra l’area infermieristica, la sala riunioni dipartimentale, uno spazio ristoro per pazienti e visitatori e una sala relax dedicata al personale. Inoltre sul lato est, in adiacenza al corpo scale, sono accorpati i servizi igienici sia per il personale sia per i visitatori, di cui uno attrezzato per portatori di handicap muniti di sedia a ruote.
Il primo piano è destinato alle degenze del reparto di Cardiologia, previste in undici camere a due letti e una a un letto, disposte lungo le fasce longitudinali sui lati est e ovest del corpo di fabbrica, all’interno delle quali è previsto: il locale ristoro e televisione per i pazienti e i visitatori, la cucina, il locale del medico di guardia e i locali igienico-sanitari, quali i servizi igienici e il locale lava-padelle.
La fascia centrale è dedicata ai locali per il personale paramedico, i servizi di sorveglianza e due ambulatori visita comunicanti.
Il secondo piano, destinato alle degenze di Cardiochirurgia, presenta la stessa organizzazione spazio-funzionale del primo piano. Inoltre sono presenti i tre collegamenti ai padiglioni esistenti: in particolare a ovest con il reparto di Nefrologia, a sud con quello di Chirurgia e a est con il reparto di Chirurgia e di Terapia Intensiva, aggirato da una passerella in quota che consente di raggiungere il blocco operatorio.
I sistemi impiantistici per la climatizzazione dell’aria sono disposti in un unico vano tecnico in copertura, semplificando l’accessibilità per la manutenzione ordinaria e straordinaria della macchina frigorifera e delle unità di trattamento dell’aria.
I vani predisposti ad accogliere le macchine per il funzionamento degli ascensori sono invece ricavati all’interno dell’ampio spazio del plenum aerato in fondazione.

Il progetto, un’impostazione culturale
Anna Mangiarotti
Il primo vincolo imposto al progetto è rappresentato dalla necessità di configurarsi come ‘intervento temporaneo’, essere cioè a tutti gli effetti un intervento reversibile. Questa esigenza è determinata principalmente da due fattori: il primo è il vincolo storico-artistico, posto dalla Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico su tutta l’area di pertinenza della struttura sanitaria, il secondo è la realizzazione, prevista nel 2007, di una nuova sede ospedaliera che consentirà lo spostamento di tutta la struttura sanitaria, introducendo quindi il dibattito sulle modalità di riqualificazione funzionale della sede storica dell’Azienda Ospedaliera.
Questa condizione, vista in un’ottica progettuale invece che procedurale, acquista una fondamentale valenza come risorsa, legata principalmente a un’impostazione culturale del progetto d’architettura, che fa riferimento a due paradigmi: quello della leggerezza e quello della flessibilità.
La relazione fra architettura e leggerezza va intesa principalmente attraverso il legame che si genera, durante il processo progettuale, fra un dato sistema dell’organismo edilizio e la funzione svolta, rispetto all’insieme, attraverso un processo di ottimizzazione e dematerializzazione.
La proposta di un fabbricato realizzato interamente con tecniche esecutive leggere, come a esempio l’applicazione di strutture portanti in profili d’acciaio, l’uso di partizioni interne realizzate mediante sistemi costituiti da componenti prefabbricati e la realizzazione di sistemi di facciata assemblati a secco, si è rivelata una sfida raccolta innanzi tutto dalla committenza stessa, intenzionata a realizzare un edificio che, oltre a rispondere alle necessità funzionali, fosse in grado di esprimere lo spirito d’avanzata ricerca e innovazione che caratterizza il lavoro quotidiano di tutto il personale sanitario del Dipartimento.
In un contesto geografico come quello italiano dove le tecniche esecutive tradizionali sono notevolmente consolidate nella coscienza collettiva, sia sotto l’aspetto costruttivo sia architettonico, il confronto con l’idea collettiva di architettura ha portato a una mediazione fra intenzioni e realtà territoriale, applicando al solo telaio strutturale tecniche esecutive tradizionali, attraverso l’uso di una soluzione in calcestruzzo armato gettato in opera, a eccezione del sistema strutturale del vano d’ingresso e del solaio di copertura che sono realizzati con componenti in acciaio.
Il termine flessibilità va interpretato in un contesto riferito agli aspetti funzionali e alla loro trasformabilità.
All’interno del percorso progettuale subentra quindi una nuova componente rispetto alla tradizione, rappresentata dal ‘progetto della flessibilità’ sia nello spazio sia nel tempo.
L’applicazione di sistemi assemblabili a secco consente di modificare la configurazione spaziale nel tempo, adeguandosi alle specifiche esigenze dell’utenza, con un impatto molto ridotto sulle attività che si svolgono negli ambienti, soprattutto nello specifico contesto funzionale che non consente interruzioni delle attività svolte, oltre alla possibilità di adeguarsi allo sviluppo tecnico-impiantistico che si evolve sempre più rapidamente e dal quale non è possibile prescindere.
In particolare, le pareti interne sono realizzate interamente in pannelli di gesso rivestito, in doppia lastra, opportunamente coibentati, tramite l’inserimento nell’intercapedine della struttura metallica di materassini in lana di roccia; le finiture dei soffitti sono realizzati tramite lastre di gesso rivestito posati su un’orditura di ferro zincato, i controsoffitti ispezionabili presenti nelle parti comuni e di distribuzione sono eseguiti attraverso un sistema a doghe di fibra minerale con orditura metallica a scomparsa, con una profileria di raccordo che ne consente un alto grado di tenuta; i locali adibiti a reception e postazione del personale paramedico sono delimitati da un sistema di pareti attrezzabili, di cui è possibile sia variare la disposizione sia gli accessori, modificando anche strutturalmente la tipologia d’uso.

L’involucro
Anna Mangiarotti
La caratteristica innovativa di questo tipo d’involucro è costituita dal rivestimento realizzato in vetro profilato a U (abitualmente chiamato “U glass”).
Comunemente, infatti, questo componente è applicato a edifici industriali o utilizzato per la chiusura di spazi di distribuzione, dato il basso costo del materiale e la velocità di posa, definendo quindi un basso costo complessivo unitario per una facciata trasparente.
Le scarse prestazioni legate ai parametri di comfort ambientale richiedono però una maggior attenzione alle interfacce tecniche, oltre alla previsione di sistemi che ne incrementino le prestazioni in funzione dello specifico utilizzo.
Il sistema d’involucro è infatti progettato separando gli elementi tecnici capaci di soddisfare i requisiti temoacustici e igrometrici e il sistema di protezione dagli agenti atmosferici, definendo un sistema di facciata di tipo ventilato.
La chiusura è costituita da pannelli in lastre di gesso rivestito, in doppia lastra all’intradosso e in lastra singola del tipo idrolastra all’estradosso della parete, posati tramite un’intelaiatura metallica in ferro zincato.
All’interno del plenum della struttura dei pannelli è stabilito il coibente termo-acustico, previsto in pannelli di polistirene espanso a celle chiuse, con una densità di 40 Kg/mc. Il sistema si completa con un’orditura in profili d’acciaio, che costituisce la struttura di supporto dei serramenti in alluminio a taglio termico, doppia battuta e vetrocamera.
L’“U glass” è dunque applicato esclusivamente come rivestimento di facciata, a protezione delle lastre di gesso rivestito e della struttura portante, definendo una pellicola trasparente traslucida che avvolge interamente il fabbricato.
Il sistema di posa in opera del componente vetrario, realizzato attraverso due profili metallici pressopiegati disposti alle estremità, contiene le lastre di vetro, stabilite da due tamponi in polistirene espanso, scaricando il peso proprio e i carichi accidentali unicamente sul profilo interiore, supportato e ancorato da staffe di ferro zincato a “L”, posate con un passo di 60 centimetri tramite un tassello a espansione direttamente sulla trave di bordo.
Per proteggere il vetro da possibili fratture causate dal contatto diretto con altri, fra la struttura di supporto e ogni singolo elemento tecnico è prevista la posa di un nastro adesivo in materiale espanso e fra lastra e lastra uno spazio vuoto di circa 2 millimetri.
L’indipendenza di ogni profilo vetrato consente un’agevole sostituzione di ogni componente, senza interessare altri elementi tecnici del sistema di rivestimento.
La facciata si completa con la sigillatura di tutti i giunti, sia verticali, fra vetro e vetro, sia orizzontali, fra vetro e profilo di contenimento, mediante silicone trasparente applicato per mezzo dell’apposita pistola.
Il sistema di chiusura della passerelle è invece concepito per realizzare una parete trasparente a tutta luce. L’“U-glass” è posato a costa doppia, realizzando una “parete vetrata alveolare” tramite la sovrapposizione delle ali del profilo vetrato posato a facce alterne, stabilito in opera attraverso lo stesso sistema previsto per il rivestimento monolastra.

Il sistema impiantistico: un esempio di progettazione modulare a basso costo
Anna Mangiarotti
Anche il principio fondamentale rispetto al quale si struttura la progettazione impiantistica è quello della flessibilità, ottenuta attraverso una concezione modulare, legata all’uso specifico degli ambienti e alla sua trasformabilità.
Sia gli impianti meccanici sia quelli elettrici e delle reti si distribuiscono attraverso un’unica dorsale centrale, disposta in coincidenza delle asole impiantistiche in prossimità del setto mediano di compartimentazione, che s’interfaccia con il relativo sistema al piano.
Un primo grado di modularità è dunque ottenuto tramite la completa indipendenza operativa di ogni piano.
Ai piani i sistemi si distribuiscono attraverso un anello, disposto in coincidenza con gli spazi di distribuzione, sul quale si attestano le ‘isole’ delle varie utilità ambientali (le stanze di degenza, gli ambulatori, i locali igienico-sanitari, ecc.).
Questo tipo di modularità permette di accorpare o separare i vani, senza intervenire sugli impianti generali, che possono continuare a funzionare a regime, a esempio si semplificano notevolmente le operazioni di manutenzione soprattutto in caso di guasto di una porzione d’impianto.
Ogni singola unità ambientale risulta dunque completamente indipendente da tutto il contesto impiantistico e la sua disattivazione non comporta alcun’influenza sui parametri funzionali o ambientali degli altri vani del padiglione.
Un altro importante parametro progettuale è il contenimento dei costi relativi alla realizzazione degli impianti elettrici.
La prassi progettuale tende ad adottare il raddoppio delle linee e dei quadri elettrici allo scopo di garantire la continuità di fornitura dei servizi, realizzando quindi due impianti coesistenti (normale e preferenziale) e dunque elevando notevolmente il costo globale del sistema. Nel caso specifico il progettato prevede la separazione delle utenze normali da quelle preferenziali già all’origine, attraverso un quadro generale posto in un apposito locale ricavato nel plenum aerato del piano interrato. Questa soluzione consente di contenere i costi mantenendo la continuità del servizio in caso venga a mancare l’alimentazione della linea normale.
I sistemi che consentono la realizzazione degli impianti di servizio, come a esempio quello di chiamata del personale da parte del degente, è progettato per garantire al paziente che il personale recepisca il segnale e possa gestirlo in qualsiasi postazione del reparto.
L’intero padiglione è stato cablato per consentire da ogni posto letto, o postazione medica e di controllo, il collegamento alla rete informatica dell’Azienda Ospedaliera, allo scopo di consentire l’accesso alle cartelle cliniche, ai risultati delle analisi, e più in generale agli archivi digitali.
Seguendo le tendenze contemporanee del ‘principio di ospedalizzazione’, anche ogni ambiente destinato ad accogliere i pazienti è predisposto per il collegamento alla rete internet, alla rete telefonica e a quella televisiva.



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