Il ‘Carapace’

Il Carapace è nato dal sogno della famiglia Lunelli di vedere realizzata una cantina che fosse uno scrigno per il vino.

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Dall’amicizia di vecchia data con Arnaldo Pomodoro e dalla precedente collaborazione -che aveva portato il Maestro a creare “Centenarium”, la scultura che celebra il secolo di storia delle Cantine Ferrari – scaturì l’idea di proporre proprio a lui, le cui sculture spiccano in luoghi simbolo di tutto il mondo, di realizzare la cantina. Pomodoro accolse con entusiasmo la sfida di creare un’opera che sfidasse i confini fra scultura e architettura, che dialogasse al tempo stesso con l’esterno, ossia con il paesaggio in cui si sarebbe inserita, e con l’interno, con quel vino alla cui produzione doveva essere strettamente funzionale.

Il Carapace nasce dallo studio dei luoghi.
Dopo il primo sopralluogo, Arnaldo Pomodoro, aveva già immaginato il progetto. “Il paesaggio”, racconta “mi ricordava il Montefeltro dove sono nato, così come l’ha raccontato in tanti quadri Piero della Francesca. Il mio intervento quindi non doveva disturbare la dolcezza delle colline dove si estendono i vigneti, anzi doveva integrarsi perfettamente con l’ambiente. Ho avuto l’idea di una forma che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità che, con il suo carapace rappresenta l’unione tra terra e cielo”.

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Spettacolare vista interna del luogo delle botti

Progetto della cantina Il Carapace

La realizzazione del Carapace ha richiesto sei anni e il lavoro di una vera e propria bottega rinascimentale guidata dalla sensibilità di Arnaldo Pomodoro, e per gli aspetti più tecnici dalla professionalità dell’architetto Giorgio Pedrotti.
Il “Carapace” si offre allo sguardo come una grande cupola ricoperta di rame, incisa da crepe che ricordano i solchi della terra che l’abbraccia. Un elemento scultoreo a forma di dardo di colore rosso che si conficca nel terreno sottolinea l’opera nel paesaggio.

Il risultato è un’opera assolutamente unica, la prima scultura al mondo in cui sia possibile vivere e lavorare, un luogo in cui arte e natura, scultura e vino dialogano sottolineando l’eccezionalità sia del contenente sia del contenuto. Entrare nel “Carapace” significa addentrarsi in una scultura di Pomodoro, come avverte subito il suo alfabeto artistico, immediatamente riconoscibile nella volta interna. Una cantina che regala emozioni, com’è successo al suo autore, Arnaldo Pomodoro. Lo ha raccontato lui stesso: “Per la prima volta nella mia vita ho avuto l’emozione di poter camminare, parlare e bere all’interno di una mia opera”.

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Struttura interna della soffittatura

E’ costituito da una cupola a pianta ellittica di dimensione 35 x 28 metri divisa lungo l’asse maggiore da un grande costolone che ne definisce l’orientamento e da dodici grandi appoggi a terra che ne fanno intuire la struttura interna celata da una copertura in rame segnata da profonde nervature; l’elemento “dardo”, a base triangolare, con altezza di 18 metri, si staglia poi nel morbido paesaggio umbro.
Nell’iter progettuale, costantemente supervisionato dall’artista attraverso disegni, modelli e modelli al vero, sono stati approfonditi ed individuati materiali e tecnologie innovative per trasferire al meglio la forza espressiva del linguaggio in strutture architettoniche che potessero coniugare le grandi dimensioni dell’opera con la massima perfezione di forme e superfici.

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Particolare del soffitto in legno

Il legno si è dimostrato il materiale più versatile alle modifiche in corso d’opera, ha dato ottime risposte dal punto di vista sismico nel sopportare le dilatazioni differenziali dovute alla dimensione dell’opera ed alla sovrapposizione di varie tecnologie e materiali.
Per assecondare al meglio le linee curve della pianta e della sezione del “carapace” e garantire che l’idea del Maestro di poter avere una vista a 360 gradi sul paesaggio circostante dall’interno della cupola, la luce è stata fatta filtrare in modo discreto e morbido attraverso le chiusure fra i pilastri con un sistema di serramenti studiati appositamente.
Uno degli aspetti più innovativi e complessi della realizzazione è sicuramente il manto di copertura. Pomodoro ha immaginato che l’estradosso della cupola fosse squarciata da fratture in cui intuire la materia primordiale generatrice dell’opera; per questo sono state utilizzate lastre di rame realizzate su matrici create appositamente dallo scultore. Al di sotto del manto in rame è stato poi studiato un sistema di tetto ventilato a più strati.
La pavimentazione interna ed esterna al “carapace” è in porfido trentino con pezzature speciali a “spacco”, l’artista insieme agli architetti ha personalmente selezionato le singole lastre appena cavate con una colorazione ruggine, tonalità abbastanza rara per il porfido.

Il pensiero di Gillo Dorfles
“Ritengo la Cantina di Bevagna un esempio importante nella ricerca di una forma capace di superare gli attuali limiti espressivi della scultura, non solo di Arnaldo Pomodoro, avendo come tensione quella di andare oltre l’opera, per approdare a un’idea di soglia, di porta d’ingresso verso la terra che produce uno straordinario vino, nel nostro caso, il Sagrantino di Montefalco.”
Gillo Dorfles



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