Centrale idrodinamica

L’edificio della Centrale idrodinamica può considerarsi, nell’ambito portuale di Trieste, un edificio speciale, coniugato secondo la sua particolare funzione: produzione di energia.
La forma architettonica si distanzia sia da quell’ordine costruttivo dei magazzini sia dall’impostazione volumetrica quasi prevaricando, con le sue linee essenziali, l’intero complesso portuale.
In quanto situata all’estremità dell’area portuale e costruita prima di altri magazzini, anche prima del magazzino 26, all’estremità dello stradone principale, lager strasse, dominava l’intera area e con il suo camino fumante dava i segnali di “ vita” del porto.
Siamo in un periodo storico in cui, l’evoluzione quasi violenta e rivoluzionaria della tecnica, l’invenzione delle macchine a vapore e la necessità continua di produzione, portarono ad un consumo sempre maggiore di materie prime.
Si richiedevano sempre più macchine speciali anche per il lavoro portuale, come gru o mezzi di sollevamento, con nuovi metodi e tecnologie e per farle funzionare occorreva energia e quindi nuovi impianti per garantirne il funzionamento anche 24 ore su 24.
L’innovazione tecnologica stava anche nel fatto di dover calcolare ed adattare le nuove costruzioni alle sollecitazioni e a spazi
razionali interni ed esterni per le nuove e grandi macchine di produzione.
La Centrale idrodinamica del Porto di Trieste, per la sua ubicazione, le sue dimensioni e la sua disposizione presentava caratteristiche degli edifici industriali.
Semplice, essenziale ma soprattutto funzionale, l’impianto costruttivo dell’epoca doveva permettere l’organizzazione dello spazio interno, la sistemazione delle macchine generatrici, la completa utilizzazione della forza prodotta senza compromettere non solo la stabilità e la conservazione dell’edificio ma anche favorirne la razionalità del lavoro senza creare pericolo per gli addetti.
Una fabbrica industriale dipendeva anche dal carattere provvisorio o definitivo, dallo scopo a cui doveva servire, dalle destinazione d’uso dei locali da destinare, come nel nostro caso alle macchine e alle caldaie e quindi dalle proprietà fisiche dell’ambiente stesso.
Il porto doveva dotarsi di un impianto autonomo di produzione di energia in grado di distribuirla su tutta l’area costruita e non, come ai montacarichi dei magazzini e alle gru di banchine.
All’epoca si giudicava l’efficienza di un porto dall’arredamento meccanico e dalle attrezzature elettromeccaniche ma bisogna anche trattenere i costi in modo che fosse conveniente produrre e trasformare energia in proprio.
L’energia più conveniente era quella prodotta da una caduta d’acqua e il costo unitario variava con le perdite, con la modalità di trasmissione e di utilizzazione.
Si valutò quindi di utilizzare una forma di energia più comoda e quindi proveniente da una forza idraulica per evitare costose trasmissioni meccaniche e laboratori di notevoli spese di manutenzione.
L’energia prodotta doveva essere facilmente distribuita nei vari punti di utilizzazione del porto, ma anche ad un facile frazionamento per rendere possibile l’azionamento a gruppi del macchinario in modo da ridurre i costi.
Si decise quindi di destinare una zona del porto, in posizione favorevole per la distribuzione, per la produzione di energia e si procedette alla costruzione di tre corpi di fabbrica, uniti tra loro dove trovassero sede le macchine generatrici, le caldaie e la sottostazione elettrica di riconversione.
L’edificio principale è diviso in tre parti principali che erano ordinati e declinati secondo le rispettive funzioni.
Nel primo corpo di fabbrica, a sinistra, si trova la stazione elettrica di riconversione, nel corpo centrale i locali delle caldaie, nel corpo simmetrico a timpano, sul lato destro, la sala macchine e le due torri degli accumulatori d’acqua.
La costruzione si adattò anche quando venne abbandonata la trasmissione mossa da macchine a vapore, per l’elettrificazione del 1936 e quindi a gruppi mossi dall’energia elettrica abolendo così motori singoli per singole apparecchiature o macchine.

Il Restauro
Un programma di recupero e valorizzazione del Porto Vecchio di Trieste, recupero e valorizzazione che non poteva che iniziare dal cuore storico del porto, dal suo motore, da ciò che gli forniva l’energia e, si potrebbe dire, la vita.

Descrizione dell’immobile
Il progetto si pone come obiettivo il restauro dell’edificio demaniale della Centrale Idrodinamica del Porto Franco Vecchio di Trieste per la creazione di un polo didattico-museale.
L’edificio in questione si colloca all’interno dell’area demaniale del Porto Vecchio di Trieste e costituisce parte del Demanio culturale (secondo l’art.53 del D.lg. 22 gennaio 2004 n° 42 e seguenti – Codice Beni Culturali).
Come si evince dalla relazione storico-artistica il manufatto era adibito ad ospitare i macchinari, le unità di controllo e le relative attrezzature manutentive necessarie alla produzione dell’energia idraulica che servivano all’azionamento delle gru e dei mezzi
di sollevamento distribuiti nell’intero complesso del Porto Vecchio. Tali macchinari, risalenti al XIX secolo, in servizio sino alla seconda metà degli anni ’80, sono stati dismessi e attualmente versano in un buon stato di conservazione.
L’edificio, costruito verso la metà del ‘800, occupa in pianta un’area di forma rettangolare di circa 80m di lunghezza e 25m di larghezza, per una superficie totale di 2.000m2.
L’area circostante è delimitata su tre lati da ampi spazi carrabili (distanza dagli edifici vicini non inferiore a 25m), mentre l’affaccio ad est è delimitato sia dal confine demaniale marittimo che da alcuni fasci di binari ferroviari, parzialmente ancora in uso.
Il manufatto è costituto da tre corpi di fabbrica principali: uno centrale e due laterali.
Il corpo laterale a nord risulta attualmente vuoto; quello centrale, suddiviso in tre ambienti (per complessivi 900mq circa) ospita il vano caldaie, mentre gli altri due sono vuoti; il corpo laterale a sud, costituito da un corpo di fabbrica simmetrico a quello situato a nord, ospita i macchinari.
Su quest’ultimo corpo laterale a sud, è addossata una struttura dotata di due torri, nelle quali sono collocati l’atrio di accesso ed alcuni locali un tempo adibiti ad uffici. L’edificio è completato da una ciminiera posta in posizione centrale sul lato nord-est e da alcuni locali accessori di modeste dimensioni.
L’edificio si sviluppa prevalentemente su un unico livello, tranne l’ala sud-est (lato ingresso principale) provvista di due piani; esiste inoltre un piano semi interrato alto circa 1,80m accessibile da una scala a chiocciola in ferro interna.
L’altezza massima fuori terra dell’edificio è di 14m con la zona centrale di 11m, mentre le due torri raggiungono i 20m.
La copertura dell’edificio risulta a falde diversamente orientate.
Gli accessi all’edificio sono pedonali e permettono di raggiungere direttamente i locali da vari lati. L’unico collegamento verticale interno è assicurato da una scala interna.
Il materiale di costruzione dominante è la pietra arenaria per le murature perimetrali ed il laterizio pieno per i tamponamenti interni, mentre la copertura è caratterizzata da una capriata lignea con tiranti metallici.

Lo stato di fatto
Attualmente l’intero fabbricato versa in pessime condizioni manutentive, vi sono copiose infiltrazioni d’acqua dal tetto, le quali hanno intaccato in alcuni punti le strutture lignee di sostegno. Pertanto la progettazione dei risanamenti è subordinata ad opportune verifiche strutturali.
Il degrado dell’edificio si estende inoltre anche agli intonaci delle facciate ed ai serramenti; anche i locali interni, ormai a lungo inutilizzati, sono soggetti a forte degrado.
Anche l’impiantistica risulta obsoleta, non in linea con le vigenti normative ed inadeguata ad una riconversione della destinazione d’uso dell’edificio.
Vincoli monumentali e inquadramento urbanistico
La Centrale Idrodinamica, individuata dalla p.c.n. 1404 del Comune censuario di Gretta F.M.n.11, viene inserita nella tavola zonizzazione del PRGC del Comune di Trieste all’interno della zona L1E – Zone portuali – Aree del Porto Vecchio.
Con Decreto del Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività culturali del Friuli Venezia Giulia del 2 agosto 2001 l’immobile è stato dichiarato “di interesse particolarmente importante e viene, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Decreto legislativo 490/99, articolo 2, comma 1, lettera a”, le prescrizioni di tutela sono altresì previste dal Decreto Dirigenziale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del 23 agosto 2001 e ridefinite nel Decreto Dirigenziale del 27 novembre 2006.
Nella Variante n.93 – “Aree del Porto Vecchio”, redatta dal Comune di Trieste ed in vigore dal 9 agosto 2007, viene specificato sia nella zonizzazione che nell’art. 4 delle Norme Tecniche di Attuazione l’inserimento della Centrale Idrodinamica nella zona ZPM – Zona Portuale Museale. Tale zona si colloca nella parte conclusiva del porto vecchio che riveste carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale.
Le attività e destinazioni d’uso ammesse, oltre a quella commerciale portuale, sono quelle connesse ad attività culturali museali ed espositive e relativi servizi, formazione e ricerca, attività produttive legate alla nautica, artigianale di servizio, intrattenimento, commerciale al minuto, ricettiva, scuole e istituti universitari e relativi servizi.
Gli strumenti di intervento previsti nell’ambito di tale zona consentono la demolizione, manutenzione ordinaria e straordinaria dei manufatti e degli organismi edilizi.

Il progetto di restauro
L’intervento previsto per la Centrale Idrodinamica prevede, in linea di principio, il recupero di tutte la parti storiche, sia architettoniche che impiantistico-strutturali, e l’adeguamento dell’interno manufatto alle vigenti normative tecnico-impiantistiche e di sicurezza.
Il progetto, quindi, si pone l’obiettivo di un recupero di tutte le parti foriere di un significato artistico e architettonico, e l’eliminazione di tutte quelle superfetazioni che si sono stratificate nel corso del tempo sul manufatto originale prive di valore storico.
Gli interventi previsti possono essere sinteticamente suddivisi nel seguente elenco:
– eliminazione di tutti gli elementi incongrui (come tamponamenti ed elementi edilizi di epoca successiva);
– consolidamento strutturale della struttura di copertura e ripristino strutturale delle parti lignee;
– rifacimento in analogia all’esistente del manto di copertura;
– rifacimento in analogia all’esistente degli intonaci esterni;
– restauro conservativo degli elementi lapidei esterni;
– restauro conservativo, con eventuale sostituzione in analogia per gli elementi maggiormente ammalorati, dei serramenti interni ed esterni.
L’assetto di progetto conferma le destinazioni d’uso attuali degli spazi d’ingresso e dei locali dove sono conservati i macchinari che verranno utilizzati con finalità museali, così come il corpo centrale; mentre quello laterale verrà adibito ad aula museale e didattica. I locali di servizio, sia pubblici che per il personale, e tecnici verranno inseriti all’interno dei vani che si sviluppano longitudinalmente al corpo centrale, in modo da limitare le modifiche spaziali ad un solo corpo e non alterare l’assetto compositivo generale della Centrale Idrodinamica.
Inoltre, viene prevista la demolizione del corpo esterno aggiunto successivamente e l’inserimento, sullo stesso sedime, di un nuovo elemento a padiglione esterno di tipologia e materiali diversi rispetto il manufatto storico. Alcuni spazi adibiti ad uffici saranno localizzati al primo livello del corpo laterale.
Si prevedono tre accessibilità alla Centrale Idrodinamica: la prima collocata sul corpo laterale lato città, accesso attuale, a servizio sia degli spazi museali che degli uffici collocati al primo livello; la seconda collocata a metà del corpo centrale a servizio degli spazi museali e dotata di rampa per garantire l’accessibilità ai disabili; la terza collocata sul corpo laterale lato barcola, accesso attuale, a servizio dello spazio espositivo e didattico.



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