Variazione di temperatura colore prodotta da un sistema illuminante

Per la resa della gamma cromatica non ci si è basati sulla metodologia prescritta dal Chromatic Rendering Index in quanto tale prassi di valutazione è troppo semplificata per il settore dei Beni Culturali.
Si sono adottate quindi metodologie innovative in grado di valutare gli scostamenti cromatici derivati delle varie composizione spettrali prodotte dall’apparecchio.
Questo offre al restauratore una maggiore scelta sul tipo di luce da utilizzare nella fase di integrazione pittorica che troverà un positivo riscontro diretto anche nella fruizione dell’opera.

La valutazione degli aspetti legati alla conservazione preventiva
Nella prima fase della ricerca si è provveduto alla acquisizione di una parte dei materiali necessari per la caratterizzazione e lo studio delle interazioni tra la sorgente di luce regolabile e materiali pittorici.
Come previsto dallo schema preliminare, sono stati acquisiti una serie di pigmenti rappresentativi di varie tecniche pittoriche che saranno impiegati nei vari stadi della sperimentazione. Con la collaborazione di tre restauratori dei “Laboratori tele e tavole” sono state realizzate 3 serie omologhe di campioni su tavola con tecniche differenti.
Le prime due serie di campioni esposti produrranno risultati utili alla definizione di eventuali criteri differenziali di attività fotochimica in relazione alla dose luminosa erogata, rispetto a sorgenti di luce visibile con diverso equilibrio cromatico correntemente in uso (fattore di danno relativo).
La terza serie di campioni dovrà affiancare le prove di risposta cromatica su dipinti da cavalletto di varie epoche, che verrà invece valutata con metodologie di analisi che tengono conto della prestazione visiva umana.
I provini preparati al fine della sperimentazione, sono stati selezionati in base a:
– – Medium leganti
– – Colori pigmenti
I leganti utilizzati sono quelli comunemente usati nelle tecniche artistiche “tradizionali” come:
1. acquerello
2. tempera
3. olio
4. pastello
e nelle tecniche contemporanee, quali
5. acrilico
ed inoltre nelle reintegrazioni cromatiche di restauro, come l’acquerello ed i colori a
6. vernice
Le tinte scelte sono: Bianco, Nero, Giallo, Verde, Blu, Viola, Rosso.
L’obiettivo di questa prima sperimentazione è quello di rispondere ad un quesito conservativo importante, dal punto di vista della applicazione di tali tecnologie al campo dell’esposizione museale.
Da alcuni anni viene proposto, da parte di alcune delle organizzazioni internazionali che si occupano dello studio dei fenomeni di fotoevanescenza correlati alla musealizzazione, il concetto di coefficiente di danno1 di una sorgente.
Tale fattore risulta dipendente, oltre che dalla dose di esposizione, nel range dall’UV-C al visibile, anche dalla distribuzione spettrale della sorgente. Ciò deriva essenzialmente dalla diversa attitudine delle varie lunghezze d’onda all’interazione fotochimica, legata alla nota equazione di Planck-Einstein che caratterizza l’energia associata a fotoni di frequenza differente:
E=hxf
dove: h=6,62 x 10 alla -27 ergxsec ed f è la frequenza

La messa a punto di sorgenti artificiali in grado di riprodurre il ciclo di luce variabile, mutando nel tempo oltre che in intensità anche in distribuzione spettrale, mette in crisi la possibilità di determinazione preventiva, prospettata dal sistema di calcolo dei coefficienti di danno.
D’altro canto, tale sistema è dichiaratamente incapace di fornire un modello previsionale che tenga conto della risposta reale dei singoli materiali sollecitati.
Pigmenti e coloranti possiedono proprietà cromatiche proprie in virtù della conformazione molecolare, atta ad interagire in modo appropriato alla luce visibile (reazione risonante ecc.).
Ma proprio per questo sono caratterizzati da comportamenti non generalizzabili con un modello semplice. È questo il motivo per il quale la via della determinazione sperimentale è risultata, già dalle prime fasi della stesura di questo progetto, una scelta praticamente obbligata.
Chi ha esperienze nell’ambito del settore Beni Culturali, ha ben presente la complessità “merceologica” della materia.
È perfino difficile una definizione stessa, sintetica ed esaustiva, che dia conto dell’estensione e comprenda campi che vanno dal reperto paleoantropologico al manufatto prodotto dall’arte contemporanea.
Da questa complessità deriva un approccio che tenta di scorporare le linee essenziali dei comportamenti, per ottenere non già rigidi modelli previsionali deterministici, ma linee guida in campo normativo ed ordini di grandezza indicativi delle diverse sollecitazioni indotte da apparati diversi.
Ciò al fine di rendere utilizzabili i dati ottenuti, per indirizzare scelte operative e progettuali.
La scelta è stata quella di ottenere su una coppia omologa di provini una definizione dei comportamenti differenziali dell’emissioni luminose prodotte a mezzo della tecnologia SIVRA.
All’interno del Laboratorio di Fisica ICR sono stati istallati tre apparecchi di illuminazione. I primi due sono SIVRA Compact in grado di coprire la superficie complessiva delle sette tavolette di prova in modo omogeneo.
Sivra è un sistema di illuminazione al cui interno si trovano il parco lampade fluorescenti e reattori elettronici dimmerabili digitali, un riflettore e uno schermo in materiale termoplastico diffondente.
L’apparecchio utilizza 7 lampade fluorescenti T16 da 24W di diversa temperatura colore (4 lampade da 6500 K – tipo 827 – e 3 lampade da 2700 K – tipo 865 -).
La luce prodotta dall’apparecchio è controllabile sia in intensità luminosa che in temperatura colore tramite un pannello di controllo e un’apposita unità elettronica.
Per il test di comparazione con una sorgente tradizionale si è realizzato un terzo apparecchio disorgente Osram HQI-TS WDL da 70 Watt, in versione UV-STOP. La scelta del tipo di sorgente deriva essenzialmente da considerazioni legate ai seguenti criteri:
– – Rappresentatività e diffusione in ambienti musealizzati.
– – Presenza di un fondo di continuità dello spettro di emissione.
– – Capacità di realizzare test ad elevati livelli di illuminamento senza produrre elevati incrementi di temperatura e deumidificazioni forzate nei provini. In particolare si è operato affinché si realizzassero condizioni termoigrometriche molto simili rispetto ai test con le sorgenti Osram 827 e 865.
– – Contenimento della componente UV.
Lo spettro emesso è il seguente:
Si è analizzata l’intensità luminosa e la temperatura colore prodotte dal sistema di illuminazione in corrispondenza di 19 diverse regolazioni della luce.
La sonda dello spettroradiometro è stata posta sull’asse perpendicolare rispetto alla superficie di emissione ad un metro di distanza dal centro dell’apparecchio.
Lo spettro emesso dal SIVRA in regolazione intermedia (valore centrale mostrato dal display del sistema di controllo, corrispondente a circa 3400°Kelvin) è stato misurato con uno spettroradiometro
Research Radiometer International Light IL 1700 (in foto), con fenditura da 1,4 mm ed intervallo di campionamento di 10 nm.

Metodologia e procedure per l’analisi dei dati relativi ai test di fotoevanescenza
Nel progetto in corso abbiamo impostato le modalità di misura affinché possa essere data la risposta a queste due domande:
– dopo quanti anni, con i tre tipi di sorgente testati, comparirà una differenza visivamente apprezzabile in ognuno dei vari pigmenti sottoposti a questo trattamento?
– quali sono i pigmenti la cui presenza mette a rischio, a causa della velocità differente di degrado, l’equilibrio complessivo del dipinto?
Nei pigmenti abbiamo volutamente inserito anche quelli impiegati nella reintegrazione pittorica, per individuare eventuali fattori limitanti anche nella porzione del dipinto sottoposto a restauro.
Si è svolta una serie di prove concepite per identificare cosa cambia nell’apprezzamento di un dipinto, sottoposto alla escursione completa delle varie temperature di colore ottenibili con il SIVRA.

Preliminarmente sono state effettuate la misurazioni degli spettri di riflettanza e delle coordinate cromatiche nello spazio CIE1931 (illuminante D65 e geometria 2°) di tutti i campioni da sottoporre a sollecitazione luminosa.
Da queste misurazioni sono ricalcolabili, le coordinate in altri spazi cromatici come il CIE Lab.
La valutazione degli effetti della sollecitazione è stata espressa, inoltre, sotto forma di deviazione cromatica DeltaE in relazione alla dose luminosa, espressa in lux/ora.

Le determinazioni sono state effettuate in due forme:
– – dinamica della variazione fisica – espressa in DeltaE CIE1931 a parità di dose luminosa- tra coppie omologhe di campioni delle due serie.
– – Variazione cromatica DeltaE Lab* apprezzabile da un osservatore – sempre a parità di dose sulle due serie – espressa nello spazio cromatico psicometrico CIELab.
Quest’ultima verrà valutata in relazione alla classificazione di soglia di percettività JND:
L’utilizzazione dei due contesti è necessaria, in quanto il primo (CIE1931) risponde in modo lineare i ragione della sollecitazione fisico-chimica.
Ciò permette di determinare la reale risposta di ogni pigmento e di descrivere correttamente la effettiva dinamica delle variazioni riscontrate.
Lo spazio CIELab è invece concepito per la determinazione delle differenze riscontrabili da parte dell’occhio umano.
La prestazione dell’occhio umano infatti non è lineare nel campo della valutazione, sia della luminosità che della cromaticità:
– Variazioni tra colori scuri sono valutate molto più accuratamente delle variazioni tra
colori molto chiari (differenze fino a 30 volte)
– Le variazioni nell’area del verde sono percepite con una indeterminazione molto maggiore di quanto non avvenga nel blu-violetto
L’utilizzo dello spazio cromatico CIELab per la valutazione delle variazioni effettivamente avvenute a causa di fenomeni di fotoevanescenza è intrinsecamente non corretta e porterebbe ad una valutazione dei fenomeni paradossale: il progressivo incremento di luminosità legato allo sbiadimento dei pigmenti e (talvolta) al trasparire dello strato preparatorio, condurrebbe nello spazio CIELab a identificare un fenomeno in costante rallentamento man mano che si raggiungono dosi luminose maggiori. In realtà il fenomeno progredisce in modo lineare ma l’occhio umano lo avverte con risoluzione progressivamente inferiore.
Dal punto di vista della valutazione delle dinamiche, questo tipo di rappresentazione dei dati porterebbe ad affermare che un dipinto, dopo alcuni secoli di esposizione, può ricevere sollecitazioni luminose molto intense senza apprezzabili danni.
L’utilizzazione dello spazio psicometrico CIELab è invece indispensabile per individuare uno dei parametri pertinenti alla sperimentazione in corso: la dose di luce efficace, superata la quale si manifesta in modo avvertibile una variazione cromatica.
Nel settore del restauro, è per esempio una prassi consueta effettuare una valutazione del degrado, esaminando il tono che appare nel cosiddetto “sottocornice”: vengono cioè valutati lo stato di ingiallimento, di opacizzazione delle vernici e la desaturazione complessiva del dipinto, confrontandoli con i colori omologhi che compaiono nelle aree dipinte protette dalle cornici, all’atto dello smontaggio delle stesse.
L’argomento affrontato è decisamente articolato e non esauribile nei limiti imposti da una breve pubblicazione, ma abbiamo voluto comunque testimoniare, da un lato degli sforzi volti a rendere più adeguate le conoscenze sull’argomento, e dall’altro dare un contributo di metodo sull’approccio con il quale produrre un raffinamento degli studi.
È evidente che qualificare e quantificare i fenomeni relativi al fotodegrado delle superfici pittoriche in questi termini, permette di produrre normative più dettagliate ed un contributo a sviluppare una attività di progettazione illuminotecnica museale sempre più conforme ed adeguata alle esigenze della conservazione.

Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, organizzato dall’AIDI

Fabio Aramini, dal 1985 responsabile del settore Fotometria del Laboratorio di Fisica ICR, insegna Fotometria e Colorimetria presso i corsi dell’Istituto Centrale per il Restauro. Si occupa di conservazione preventiva, di studi sui danni da luce prodotti da fonti naturali ed artificiali e delle ripercussioni sul microclima degli ambienti confinati.
Ha progettato molte installazioni museali in Italia ed all’estero ed ha sviluppato studi sui sistemi di conduzione ottica.
Ha, inoltre, partecipato alla stesura dell’Atto di indirizzo sugli Standard dei Musei.
Piergiovanni Ceregioli, dal 1982 lavora presso la iGuzzini illuminazione settore della progettazione illuminotecnica, quindi dal 1986 come responsabile del ufficio marketing comunicazione, dal 1995 come coordinatore alla costituzione del Centro Studi e Ricerca iGuzzini responsabile.
Inoltre è stato responsabile del coordinamento dell’immagine di gamma e di sviluppo delle tecnologie illuminotecniche.
Ha partecipato al gruppo di lavoro per la ricerca “Sistema di illuminazione variabile a regolazione automatica” nell’ambito del Progetto Finalizzato per l’Edilizia del C.N.R., concluso nel 1993.
Coordinatore del gruppo di ricerca sul tema “Sviluppo di tecnologie e delle relative apparecchiature consentire la captazione, il trasporto e la diffusione della luce naturale per l’illuminazione di ambienti di edifici” del Programma nazionale di ricerca sulle tecnologie per la costruzione e la salvaguardia strutture edilizie promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica.
Referente aziendale delle associazioni: AIDI (Associazione Italiana di Illuminazione), IES (Illuminatine Engineering Society -USA), International Dark Sky Ass.., ADI (Ass. per il Disegno Industriale).

Didascalie
Foto 1. Illuminamenti e temperatura di colore SIVRA
Foto 2. Radianza spettrale SIVRA ad 1 metro
Foto 3. Preliminarmente sono state effettuate la misurazioni degli spettri di riflettanza e delle coordinate cromatiche nello spazio CIE1931 (illuminante D65 e geometria 2°) di tutti i campioni da sottoporre a sollecitazione luminosa. Da queste misurazioni sono ricalcolabili, le coordinate in altri spazi cromatici come il CIE Lab*.
Foto 4 e 5. Test comparati di fotoevanescenza
Foto 6. Variazioni di riflettanza % di una scala di grigi ad intervalli visivamente uniformi
Foto 7. Aree di isocromaticità seconda Mac Adams (ingrandite 10X)

Fonte: www.infobuild.it

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