Sostenibilità ambientale del laterizio

Per un edificio con speranza di vita di almeno cento anni, la durata degli impianti è circa di vent’anni, quella dei serramenti di trenta e quella degli intonaci esterni di quindici.
È opportuno, dunque, rapportare sempre l’impatto ambientale in fase di produzione e costruzione con la durata delle singole opere nonché con l’impatto ambientale di eventuali interventi di manutenzione, sostituzione, integrazione eccetera.
Secondo questo criterio, il “costo” ambientale per la produzione e costruzione di un’opera in laterizio va valutato sulla sua durata più che secolare.

Il ciclo di vita del laterizio appare estremamente positivo in tutte le fasi che accompagnano la sua vita: dall’estrazione delle materie prime alla produzione e messa in opera nonché all’uso delle abitazioni fino alla demolizione degli edifici e al recupero delle macerie.

Fase di produzione
La principale materia prima utilizzata è l’argilla, costituita da una miscela naturale di minerali a base di silice, allumina e acqua.
Le fasi di produzione (approvvigionamento delle materie prime, produzione e trasporto) si suddividono più precisamente in:
– escavazione, trasporto e stoccaggio argilla;
– prelavorazione, formatura, essiccazione e cottura;
– imballaggio e trasporto.
A ognuna delle fasi del ciclo produttivo può essere associata un’interazione con l’ambiente circostante, in termini di consumi di risorse naturali, di emissioni in atmosfera, di scarichi idrici, di rifiuti, di emissioni sonore.
Grazie alla diffusa pratica di recupero delle acque di lavorazione, la produzione di laterizi registra bassi consumi di acqua, mentre il consumo di energia è stato notevolmente ridotto negli ultimi anni, ed è stato accompagnato da un maggiore ricorso all’uso di gas naturale, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
I principali rifiuti sono costituiti dagli sfridi di laterizio, che vengono comunque reimpiegati nello stesso ciclo produttivo o in altri usi (altri prodotti ceramici, terra per campi da tennis, inerti in getti di calcestruzzo ecc.).
Fase di messa in opera
La messa in opera di murature con metodo tradizionale a umido comporta un cospicuo uso di acqua necessaria per la preparazione delle malte, degli intonaci, per la bagnatura del laterizio e per la messa in opera attraverso l’impiego di malte.
Il procedimento produce una minima quantità di sfridi e scarti principalmente derivanti dal taglio a misura degli elementi.
Nell’analisi Lca di questa fase si deve tener conto dei parametri ambientali dovuti alla produzione di malte ed eventuali altri materiali, quali isolanti e rivestimenti.

Fase d’uso
Gli impatti generati da un edificio in fase di uso sono circa dieci volte superiori a quelli generati in fase di produzione e costruzione, per cui gli aspetti prestazionali e gli impatti ambientali infase d’uso e la durabilità del prodotto risultano elementi prioritari da considerare.
In questa fase i temi di riflessione sono:
– durabilità;
– risparmio energetico;
– igiene e salubrità.
Un approccio metodologico che non valuti attentamente e criticamente la fase d’uso di un edificio ha il limite di promuovere alcuni prodotti di dubbia sostenibilità.
A volte, quindi, le prestazioni, in termini di consumi ed impatti, non solo possono risultare peggiori rispetto ad altri prodotti, ma possono rivelare ulteriori fattori di non qualità, se si tiene conto della loro ridotta durabilità e della consistente necessità di manutenzione.
Per un edificio con speranza di vita di almeno cento anni, la durata degli impianti è, circa, di vent’anni, quella dei serramenti di trenta e quella degli intonaci esterni di quindici: è opportuno, dunque, rapportare sempre l’impatto ambientale in fase di produzione e costruzione con la durata delle singole opere nonché con l’impatto ambientale di eventuali interventi di manutenzione,
sostituzione, integrazione eccetera.
Secondo questo approccio, il “costo” ambientale per la produzione e costruzione di un’opera in laterizio va valutato sulla sua durata più che secolare.

Fase di dismissione
Un’adeguata riconversione o lo smaltimento controllato dei rifiuti provenienti dalle demolizioni o dalle sostituzioni consentono di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti da costruzione.
Le tecniche di demolizione si dividono in: tradizionale (meccanica e manuale), a reazione chimica, per principi fisici, selettiva o pianificata.
Dalla dismissione di un edificio con struttura in laterizio si ricavano:
– mattoni e blocchi da riutilizzare;
– materiale di riempimento e di stabilizzazione per le infrastrutture;
– aggregati per calcestruzzo e malte in situ e preconfezionati;
– terra per campi da tennis.
Sempre più frequenti sono gli esempi di riutilizzo dei materiali laterizi grazie anche alla qualità estetica che essi assumono nel tempo.
Uno dei più interessanti esempi di recupero e riuso di elementi in laterizio è quello della residenza Taviel a Saint- Omer in Francia.
Le operazioni di demolizione del vecchio edificio hanno portato a un volume complessivo di macerie di circa 3 mila metricubi, di cui più del 65 per cento derivanti da prodotti in laterizio.
Grazie alla scrupolosa tecnica di demolizione adottata, sono stati recuperati, ancora integri, circa il 60 per cento dei mattoni, di cui più di 400 mila sono stati riutilizzati per la costruzione di alloggi. I restanti sono stati rivenduti.
Tutte le operazioni si sono svolte con l’obiettivo di massimizzare il quantitativo di materiale reimpiegabile e riciclabile che, alla fine, è risultato del 92 per cento.
Le spese elevate di una demolizione pianificata sono state largamente bilanciate dal risparmio tratto dai minori costi di conferimento in discarica, dai ridotti costi di trasporto e dai guadagni ricavati dalla vendita dei materiali riciclabili.

Per scaricare la tabella con le materie prime e l’energia impiegati per produrre una tonnellata di laterizi
clicca qui

Le foto e alcuni testi sono tratti dalla mostra “Laterizio: costruire italiano sostenibile” (Bologna,
Saie 2005) frutto della collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio,
formalizzata con l’Accordo volontario siglato con Andil Assolaterizi nel giugno 2005.

Per ulteriori informazioni
www.alveolater.com

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