Ricerca e didattica del Laboratorio di Archeologia dell’Architettura dell’Università di Genova – I parte

Ricerca e didattica del Laboratorio di Archeologia dell’Architettura

L’archeologia dell’architettura ha come obiettivo la conoscenza storica e come oggetto di studio gli edifici e i manufatti del nostro passato più o meno recente, indagati nella loro qualità di “fonte materiale” sia per ricostruire le loro vicende individuali sia per dare risposta a quesiti storici di più ampia portata.
Il Laboratorio di Archeologia dell’Architettura si è costituito di fatto alla fine degli anni ‘80 per iniziativa di Tiziano Mannoni, titolare a quel tempo dell’insegnamento di “Rilievo e analisi tecnica dei monumenti antichi”.
Le ricerche e l’attività didattica condotte dalle persone che, a vario titolo, fanno parte del Laboratorio sono inoltre strettamente connesse alle ricerche che ormai da molti anni, in ambito extra universitario, sono portate avanti dall’Istituto di Storia della Cultura Materiale di Genova (ISCUM) nell’ambito sia dell’archeologia sia della storia della cultura materiale. A tale proposito, tra l’ISCUM (di cui Tiziano Mannoni è stato uno dei fondatori) e il Dipartimento di Scienze per l’Architettura, a cui il Laboratorio fa capo, è tuttora vigente una convenzione – quadro che sottolinea la volontà di collaborazione tra le due strutture e ne regola le modalità.
Molti degli strumenti di datazione utilizzati a Genova e in Liguria nell’ambito delle ricerche storico-archeologiche sul costruito esistente sono in effetti stati “inventati” o messi a punto dai ricercatori dell’ISCUM, ma sono stati in seguito perfezionati e portati avanti grazie all’attività congiunta dei due enti.
In un primo tempo il Laboratorio ha operato essenzialmente nel settore della conoscenza storica pura, ma ben presto, anche in relazione ai cambiamenti connessi alla riforma dell’ordinamento didattico, le sue attività si sono intrecciate sempre più strettamente con quelle proprie dell’area disciplinare del restauro.
Le ricadute, sul progetto di restauro o di recupero, di una conoscenza diretta ed approfondita degli edifici storici, come è quella fornita dall’archeologia dell’architettura, sono infatti molteplici e ricche di implicazioni.
La conoscenza puntuale dei materiali antichi e del loro comportamento nel tempo; la comprensione del modo in cui, nel tempo, le strutture portanti di un antico edificio sono state modificate; il confronto puntuale di una analisi delle forme di degrado con le datazioni archeologiche grazie a cui, nella diagnosi del degrado, si può tenere conto del fattore “tempo”; la ricostruzione delle regole costruttive seguite dai maestri costruttori nelle diverse epoche storiche e nelle diverse realtà territoriali per edificare maufatti che hanno sfidato la prova del tempo: queste, ed altre, sono le possibilità di lettura e di comprensione offerte dall’analisi archeologica. Il tempo, come in tutte le ricerche a carattere storico, è elemento ricorrente che scandisce il nostro passato, ma anche proiettato nel futuro, a cui il progetto ci conduce.
Nella pagine che seguono sono presentate alcune ricerche e attività condotte dal Laboratorio di Archeologia dell’Architettura o a cui lo stesso ha partecipato. Nella scelta dei temi si è cercato di evidenziare proprio quali connessioni e interferenze abbia l’archeologia dell’architettura con i temi della tutela del patrimonio storico e della conservazione.
E’ importante però sottolineare come le possibili ricadute non siano di tipo meramente operativo, ma anche e soprattutto di ordine culturale: il motto “conoscere per conservare, conservare per conoscere” ci ricorda, infatti, come non solo la conoscenza archeologica possa porsi al servizio del progetto, affinché lo stesso risulti più efficace e più attento, ma come anche il progetto possa avere come proprio fine la conservazione del passato, per far sì che esso continui anche nel futuro a essere documento di storia e di cultura.

Anna Boato

Staff del Laboratorio
Coordinatore:
arch. Anna Boato
Collaboratori stabili:
arch. Anna Decri
arch. Daniela Pittaluga
dott. geol. Roberto Ricci
arch. Rita Vecchiattini

Banche dati e archivi dei materiali per la didattica e per la ricerca
(Foto dalla 2 alla 11)
Il recente sviluppo dell’archeologia dell’architettura e la vastità del suo campo di applicazione hanno richiesto la messa a punto di specifici strumenti di analisi e di datazione, non distruttivi e di facile applicazione. Ciò è necessario sia per arrivare a interpretazioni storiche fondate, sia per affrontare in modo più completo i problemi di analisi dei materiali e di diagnostica del degrado, che sorgono nel corso delle operazioni di conservazione e di manutenzione del costruito.
A tale scopo presso il Laboratorio sono oggi raccolte e conservate alcune banche-dati cartacee ed informatiche ed alcuni archivi di materiali di grande importanza per la ricerca e per la didattica, la cui gestione e implementazione è curata congiuntamente dal Laboratorio e dall’ISCUM. Altri archivi a carattere archeologico, tra cui di specifico interesse per l’architettura è quello relativo alla “dendrocronologia” degli elementi lignei, sono conservati presso la sede centrale dell’ISCUM.
Di seguito sono brevemente illustrati i contenuti e la consistenza di alcune di tali raccolte.

Banca dati dei portali
Il principale obiettivo di tale banca dati è quello di consentire la datazione “cronotipologica” di portali non altrimenti datati, in particolare in ambiente extra-urbano. La “cronotipologia”, infatti, è uno strumento di datazione che, a partire dal censimento di elementi costruttivi sicuramente datati e dalla classificazione delle loro caratteristiche, arriva alla definizione di “tipi”, riconoscibili in modo oggettivo, a ognuno dei quali viene associato il relativo periodo storico di produzione e di utilizzo. Inoltre questo tipo di conoscenze può essere di ausilio nella scelte progettuali e nella pianificazione territoriale.
La banca-dati dei portali comprende un archivio di fotografie e di dati descrittivi e un database informatico, di cui si sta attualmente predisponendo una nuova versione di più agevole consultazione. In totale sono stati fino ad ora documentati circa 1500 portali datati, situati nell’arco alpino e nella fascia costiera della Liguria e dell’Alto Tirreno, oltre a un certo numero di casi isolati in altre parti di Italia e all’estero e ad almeno altrettanti esemplari non datati, utili per i confronti.

Banche dati per la mensiocronologia dei laterizi
La mensiocronologia dei laterizi è uno strumento di datazione a carattere locale che si basa sull’analisi dimensionale, grazie al quale è possibile individuare l’epoca di produzione di gruppi omogenei di mattoni o mattonelle, con un errore che, nei casi più favorevoli, è di ± 5 anni.
Nella banca dati relativa ai mattoni del territorio dell’antica Repubblica di Genova, in gran parte informatizzata, sono archiviate 78000 misurazioni, appartenenti a circa 7000 unità murarie risalenti all’arco cronologico XII-fine XVIII secolo, oltre ad un centinaio di unità stratigrafiche murarie datate, relative al periodo XIX-XX secolo. Sempre in Liguria anomalie rilevate nel corso delle ricerche hanno reso inoltre necessaria la definizione di curve subregionali (Albenga, Savona, zona di influenza dei Del Carretto), basate su altrettante banche-dati.
Il Laboratorio, infine, ha fornito consulenza e assistenza per la messa a punto di curve mensiocronologiche in diverse zone d’Italia e d’Europa (fra le altre: Alessandria, Asti, Torino, Milano, Bologna, Venezia, Pisa, Siena, Roma e, all’estero, Germania, Olanda, Belgio).
L’analisi mensiocronologica, oltre alla sua indubbia utilità nell’ambito delle ricerche archeologiche su singoli manufatti in mattoni, può contribuire ad affrontare problemi storici di più vasta portata (inerenti ad es. la produzione e il commercio dei laterizi).

Atlante delle tecniche murarie
L’esame della tecnica muraria costituisce un indicatore cronologico di buona attendibilità per la Liguria costiera e montana, che sovente risulta utilizzabile anche in altri territori. Inoltre la conoscenza tecnica approfondita dei tipi di murature impiegati nelle costruzioni del passato è fondamentale per la comprensione del loro comportamento statico e per qualsiasi decisione in merito alla loro conservazione.
La raccolta dei dati, inizialmente sviluppata in area ligure, ha subito un ampliamento territoriale a seguito della ricerca “Atlante dei tipi costruttivi murari: area settentrionale” commissionata dal Ministero dei BB.CC. all’Università di Genova (responsabile prof. Tiziano Mannoni), nell’ambito della quale sono state rilevate e archiviate su data-base informatico 408 murature di 22 aree geografiche, corrispondenti a 37 tipi di tecniche murarie.

Banca dati “strutture voltate”
Attualmente la banca dati relativa alle strutture voltate conta 243 strutture voltate distribuite tra Liguria, Valle d’Aosta e Piemonte e databili tra il Medioevo e l’Ottocento.
Tali strutture, appartenenti a edifici religiosi, ville, palazzi, edilizia cosiddetta “minore”, fortificazioni ed infrastrutture viarie, sono rappresentative delle diverse tipologie costruttive e dell’uso dei diversi materiali.
La banca dati permette di studiare, da un punto di vista interdisciplinare, le strutture voltate in muratura, per meglio comprendere il livello della conoscenza raggiunto in questo specifico settore del costruire. Uno degli scopi per cui questa banca dati è stata creata è, infatti, quello di stabilire fin dove le scelte dei materiali e le tecniche di lavorazione e di messa in opera degli elementi litici, laterizi e leganti, influiscano sulla resistenza di molte strutture antiche e quando siano, invece, responsabili di degradi e dissesti.

Campionario delle malte
In alcuni territori (di cui Genova è un esempio emblematico) è possibile datare le malte da allettamento e da intonaco a partire dalla loro composizione. Anche laddove non sembrino esistere, o siano scarse, le possibilità di datazione assoluta, si è appurata l’utilità dell’analisi archeometrica delle malte come supporto agli altri strumenti di datazione, per la storia della cultura materiale e per molte decisioni tecniche sottese all’intervento di recupero o di restauro.
I campioni raccolti, analizzati e schedati per Genova ammontano a 1346. Anche a seguito delle numerose richieste di analisi che giungono al Laboratorio, la schedatura dei dati analitici e l’archiviazione dei campioni si è nel tempo estesa ad altri territori.

Campionario dei materiali da costruzione tradizionali
Il campionario comprende una raccolta a fini essenzialmente didattici, in parte esposta entro bacheche, e un certo numero di campioni e reperti inerenti invece specifiche indagini o settori di ricerca (vedi sopra quanto illustrato a proposito del campionario delle malte). La conservazione dei campioni ha, nel secondo caso, lo scopo di consentire nel futuro il prosieguo delle ricerche, anche secondo linee per ora non prospettabili.
Il campionario didattico comprende: laterizi e altri prodotti ceramici (mattoni, piastrelle nude e rivestite da muro, da pavimentazione e da rivestimento parietale, elementi da tubazione, coppi); campioni dei principali tipi di materiali lapidei ed esempi delle diverse modalità di lavorazione; malte, stucchi e intonaci; pigmenti e additivi per malte e tinte; elementi metallici distinti in base alla loro lavorazione; campioni dei principali tipi di legno.

Archeologia dell’architettura e analisi strutturale
Santa Maria delle Grazie la Nuova (Genova)
(Foto dalla 12 alla 16)
L’edificio oggetto di questa indagine è situato nel cuore del centro storico di Genova, sul crinale della Collina di Castello, luogo del più antico insediamento cittadino, sede del potere vescovile nel Medioevo, sito di monasteri a partire dal XV secolo.
Ora di proprietà dell’Università di Genova, l’edificio faceva parte fino agli inizi del XIX secolo del Monastero di Santa Maria delle Grazie la Nuova e comprende al suo interno la chiesa del monastero e altri ampi vani comuni ad uso delle monache.
Nel 1994 tra l’attuale Dipartimento di Scienze per l’Architettura e l’Istituto Autonomo Case Popolari, a cui l’Università aveva affidato un incarico di progettazione per il recupero dell’immobile, venne stipulata una convenzione per l’esecuzione di indagini preliminari al progetto (responsabile scientifico della convenzione prof. Andrea Buti). Per la parte relativa alle indagini sui materiali, sugli elementi costruttivi e sul degrado vennero coinvolti il prof. Tiziano Mannoni e il Laboratorio di Archeologia dell’Architettura.
Con l’avvio del cantiere, dato il notevole interesse della struttura e grazie alla disponibilità dei soggetti coinvolti nell’intervento, il Laboratorio decise di proseguire autonomamente le ricerche. Le indagini sono tuttora in corso e hanno avuto esiti di un certo interesse, sia per la storia dell’edificio, sia per quanto riguarda lo studio delle trasformazioni strutturali, piuttosto ardite, cui è stato sottoposto agli inizi del XVII secolo.
Intorno al 1624 venne infatti avviata una estesa opera di sottomurazione di alcune pareti portanti, riconducibili in parte al Medioevo,per ricavare al piano terra una nuova “chiesa interna”. Sulla grande volta del nuovo vano venne quindi fatto gravare l’enorme peso dei muri antichi, la cui base era stata demolita con una straordinaria opera di puntellamento e di cuci-scuci. L’analisi archeologica in fase di cantiere ha permesso di precisare la sequenza operativa di tale intervento e di comprendere in quale modo lavorino oggi le strutture, fornendo dati utili alla stesura di un modello di calcolo della volta, messo a punto dal prof. Sergio Lagomarsino (Dip. DISEG). Tale verifica ha dimostrato che la resistenza della volta è affidata all’intera struttura voltata e non solo agli arconi presenti all’estradosso, che essa è stata correttamente dimensionata (ciò che peraltro è dimostrato dal sua buon comportamento nel tempo) e che i bracci diagonali del fitto sistema di incatenamento predisposto in origine sono in realtà scarichi.

Anni:
1994-in corso
Gruppo di lavoro:
Prima fase (indagini preliminari):
Tiziano Mannoni, Anna Boato, Ferdinando Bonora, Silvia Confalonieri, Daniela Pittaluga, Roberto Ricci
Seconda fase (indagini in fase di cantiere):
Anna Boato, Daniela Pittaluga, Roberto Ricci
Per saperne di più:
Anna Boato, Sergio Lagomarsino, Daniela Pittaluga, Masonry vaults in Genoa: from historical and archaeological analyses to scientific interpretation of the rules for their construction, in S. Huerta (ed.), Proc. First International Congress on Construction History (Madrid, 20th-24th January 2003), Instituto Juan de Herrera, Madrid 2003, vol. I, pp. 391-403.
Anna Boato, Daniela Pittaluga Un impegnativo intervento secentesco di sottomurazione nel monastero di Santa Maria delle Grazie a Genova, in “Archeologia dell’architettura”, VII, 2002 (2003), pp. 99-134.

Archeologia dell’architettura e progetto di restauro
Il quartiere Galata nel porto antico di Genova
(Foto 17-18 e 19)
Nel 2000 fu bandito un concorso internazionale per il recupero del “quartiere Galata” come sede del Museo del Mare e della Navigazione. L’edificio, chiamato anche quartiere per le sue notevoli dimensioni, è costituito da quattro grandi gallerie (lunghe più di 50 m e larghe più di 9 m) disposte su quattro piani. Arsenale seicentesco della Repubblica, esso fu più volte trasformato nei secoli successivi (XVIII, XIX, inizi XX secolo) con modifiche anche della destinazione d’uso.
La diagnosi archeologica sull’elevato, ha avuto due fasi: una preliminare al progetto esecutivo ed una seconda durante il cantiere di restauro.
E’ così stato possibile individuare e presentare al pubblico l’Arsenale seicentesco che, fortemente occultato dalle strutture più tarde (fine ‘700-inizi ‘800), si riteneva fosse ormai completamente perduto.
Gli elementi emersi durante l’analisi archeologica hanno portato alcune varianti al progetto iniziale raggiungendo i seguenti risultati:
·Recupero dell’assetto originario dell’antico arsenale nella prima galleria a nord. Questo è stato possibile grazie alla scelta di rimuovere solamente la volta tra il piano terreno e il primo piano e mantenere il solaio superiore optando per una maggiore conservazione rispetto alle previsioni del progetto iniziale. Nel progetto, peraltro, era previsto l’inserimento di un modello, in scala reale, di un’imbarcazione genovese del XVII secolo; il ritrovamento delle antiche strutture dell’Arsenale, ne ha permesso così anche la collocazione nell’ambiente in cui queste imbarcazioni venivano costruite e riparate.
·Recupero degli arconi trasversali sul fronte ovest. Su tale fronte il progetto di restauro prevedeva grandi aperture ad arco, come proiezione in facciata delle volte che ricoprono gli ambienti interni ai vari piani. Il ritrovamento di parte dei grandi arconi trasversali della struttura dell’arsenale ha portato ad un significativo ridimensionamento di queste aperture.
·Visualizzazione nella prima galleria a nord di tutte le stratificazioni sulla parete sud. Su questa parete è così possibile osservare la struttura seicentesca, il tamponamento tardo-settecentesco e tutte le altre successive trasformazioni. Anche questa soluzione è stata messa a punto dopo che, in cantiere, sono stati individuati i segni indicatori delle varie fasi.
In sostanza, se si guarda agli obiettivi del restauro, qui si è raggiunta, grazie a questa serrata analisi, una maggiore conservazione delle strutture, dei materiali e dei segni stratigrafici significativi per questa struttura. Si è inoltre dato a questi ultimi una maggiore leggibilità/accessibilità ed evidenza.

Committente:
Porto Antico SpA, Genova; Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria
Anni:
2001, 2002
Gruppo di lavoro:
Daniela Pittaluga, Andrea Canziani, Lorenza Comino; consulenze specialistiche di Roberto Ricci, Severino Fossati
Per saperne di più:
A.Canziani, L. Comino, D.Pittaluga, L’arsenale seicentesco della Repubblica genovese. Uno studio di archeologia dell’architettura, in “Archeologia dell’Architettura”, IX, in corso di stampa.

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 40, luglio 2004

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