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Raccomandazioni internazionali dell’ICOMOS

Le Disposizioni riconoscono tre diverse fasi nello studio delle costruzioni storiche: la diagnosi, la valutazione della sicurezza e la pianificazione dell’intervento.
In ognuna di tali fasi, forniscono concetti e linee guida che mirano ad aiutare l’analista a giungere a conclusioni derivate scientificamente sulle reali condizioni dell’edificio, la sua sicurezza strutturale e le riparazioni o i consolidamenti necessari.

Principi e metodologia
La complessità e le difficoltà insite nel restauro strutturale hanno recentemente portato l’International Scientific Committee for the Analysis and Restoration of Structures of Architectural Heritage (ISCARSAH) della ICOMOS a stilare una serie di direttive per l’analisi e il restauro di strutture storiche (Recommendations for the Analysis and Restoration of Historical Structures)(ISCARSAH, 2001).
Questi principi sono stati ufficialmente adottati dalla ICOMOS nel 2003.
I seguenti paragrafi comprendono una discussione sulle principali idee sviluppate dalle direttive ISCARSAH.
L’enfasi viene posta sulle principali difficoltà che possono essere affrontate dagli analisti e dai progettisti nel tentativo di mettere in pratica i principi di restauro, e sul modo in cui le direttive possono essere utilizzate per far fronte a tali difficoltà.
Ulteriori riflessioni sono aggiunte in merito a diverse questioni (in particolare, sulla valutazione della sicurezza e il piano minimo di interventi).
Lo studio di edifici antichi e il piano di qualsiasi intervento devono essere portati avanti seguendo procedure adeguatamente supportate da valutazione e metodologia scientifica.
Il ragionamento scientifico deve comprendere sia concetti teorici che prove sperimentali.
Le precedenti esperienze, derivanti da una conoscenza scientificamente acquisita, devono essere prese in considerazione e integrate nel procedimento che porta alla diagnosi e alla pianificazione degli interventi.
Tuttavia, la conoscenza dell’edificio e la pianificazione di possibili interventi non possono essere semplicemente determinati dalle pure conoscenze scientifiche: le costruzioni storiche non sono esseri astratti e possono essere comprese unicamente all’interno dei rispettivi contesti storici culturali.
La comprensione dei valori architettonici e la legittimità delle possibili strategie di riparazione o di consolidamento dipendono, in una certa misura, dal background culturale dell’edificio.
In Europa, ad esempio, la conservazione è principalmente collegata alla preservazione del materiale originale che compone la struttura storica.
In Asia, in particolar modo in Cina e in Giappone, la manutenzione di costruzioni in legno antico è stata storicamente portata avanti sostituendo il materiale deteriorato e componenti strutturali danneggiati con elementi nuovi; l’arte antica tradizionale e le tecniche di costruzione sono state conservate e sono tutt’ora utilizzate per mantenere e sostituire il materiale
secondo le tradizioni.
Quindi, lo studio del patrimonio architettonico deve derivare da una combinazione di conoscenze ed esperienze sia scientifiche che culturali.
L’ingegneria strutturale fornisce il supporto tecnico e scientifico necessario a salvaguardare il valore culturale e storico dell’edificio.
Tuttavia, l’ingegneria strutturale non può essere implementata in maniera convenzionale o essere meramente applicata come avviene nelle strutture moderne.
Le strutture storiche sono entità complesse, spesso create con svariati materiali, e creano geometrie sofisticate.
Queste strutture possono sperimentare una serie di meccanismi che si verificano in lunghi periodi di tempo o associati a processi a lungo termine.
Possono subire effetti deteriorativi a lungo termine (quali il degrado dei materiali) e perfino subire gravi danni o collassi dovuti ad un accumulo di danni.
Sono soggette a trasformazioni e riparazioni (benefiche o dannose) lungo la loro intera esistenza.
Per via di questa complessità, lo studio delle strutture storiche richiede un’applicazione più generale e flessibile delle tecniche di ingegneria strutturale, che prenda in considerazione l’impatto della storia.
Le ricerche storiche costituiscono una fonte indispensabile di conoscenza e devono essere integrate, anche se solo in via qualitativa, nell’analisi.
L’analisi quantitativa può non essere sufficiente per comprendere realmente le condizioni di un edificio storico e per giungere a conclusioni.
Tuttavia, l’analisi quantitativa è senz’altro necessaria per definire i difetti strutturali e per pianificare un intervento adeguato.
Qualsiasi piano per la conservazione strutturale richiede sia informazioni qualitative che quantitative.
I dati qualitativi emergono dalla ricerca storica e dall’ispezione (osservazione diretta del degrado del materiale e del danno strutturale).
I dati quantitativi possono derivare da test specifici, monitoraggio e analisi strutturale servendosi dei modelli matematici adatti. Questa combinazione di approcci rende molto difficile stabilire regole generali. Codici e regole orientati alla progettazione di strutture moderne potrebbero non essere adeguati quando applicati a strutture antiche, e possono portare a operazioni di consolidamento inadeguate.
I codici potrebbero non riuscire a descrivere il reale comportamento e la resistenza e a valutare realmente la sicurezza di una struttura antica.
Le procedure di valutazione convenzionali sono esclusivamente, o in gran parte, basate su approcci quantitativi; i codici di progettazione potrebbero non tenere in considerazione le prove qualitative derivate da altre fonti (in particolare ispezione o storia).
Con la sola applicazione di analisi quantitative, l’applicazione dei codici potrebbe non portare a conclusioni sicure e affidabili sulle reali condizioni dell’edificio e sulla necessità di un intervento.
Questo, a sua volta, può portare a sottovalutare o a sopravvalutare la sicurezza della struttura e quindi ad implementare azioni inadeguate.
In molti casi, considerando unicamente i risultati quantitativi derivanti dai calcoli, ignorando possibili ricchi dati raccolti da un’indagine e dalla storia dell’edificio, si potrebbe giungere a sottovalutare il vero livello di sicurezza e a consolidare inutilmente la struttura.
Questi limiti dei codici sono naturalmente aggirabili accettando l’approccio più generale indicato in precedenza.
L’applicazione di codici predisposti per costruzioni moderne può portare a misure drastiche, che risultano in una notevole alterazione della struttura antica, con la conseguente perdita di significativo valore culturale. Questo vale in particolar modo nel caso dei codici sismici.
Presupponendo che i metodi di calcolo e le relative conclusioni siano sufficientemente affidabili, si potrebbe essere costretti a scegliere tra l’accettare pesanti (e costose) alterazioni di consolidamento e l’accettare un livello di sicurezza ridotto con un più ampio rischio per l’uomo.
Quest’ultima opzione può sembrare non accettabile a prima vista, in quanto la necessità di fornire condizioni adeguatamente sicure ai possibili utenti o visitatori non è negoziabile.
Tuttavia, l’implementazione del consolidamento richiesto potrebbe, in pratica e in molti luoghi, portare alla reale perdita di una enorme quantità di patrimonio architettonico di valore (quali molte chiese in Portogallo o in Italia).
Il “miglioramento” sismico degli edifici esistenti rappresenta un possibile modo di affrontare questo difficile dilemma.
Gli strumenti convenzionali per la valutazione strutturale spesso portano alla divisione della struttura in una serie di sottostrutture o di componenti strutturali, che vengono valutati separatamente.
I metodi convenzionali sono solitamente orientati alla valutazione della prestazione dei singoli elementi, piuttosto che del comportamento della struttura come un tutto.
Tuttavia, le strutture storiche richiedono frequentemente un approccio olistico che prenda in considerazione l’edificio nel suo insieme.
Questo per via del carattere organico di molte strutture storiche, in cui l’intera geometria e tutti i componenti strutturali sono disposti in modo tale da soddisfare l’equilibrio generale. Murature composte da archi e volte sorretti su pilastri e contrafforti (sistemi ad archi o a volte) trovano l’equilibrio grazie all’organizzazione geometrica del tutto, organizzazione in cui ogni membro strutturale, con la sua corretta forma geometrica, è indispensabile per la giusta stabilità generale. L’approccio scientifico richiede la partecipazione di numerosi esperti in un’ampia gamma di specializzazioni (ingegneri, architetti, storici, archeologi, mineralogi, geofisici…).
Il bisogno di sapere e di esperienza coinvolto nella comprensione degli edifici storici è fondamentale, e non si tratta di un ruolo che può essere ricoperto da un singolo professionista, poiché è necessaria tutta una serie di contributi diversi.
A sua volta, questo aspetto richiede la capacità di lavorare all’interno di un gruppo multidisciplinare e di comunicare con diversi specialisti.
Lavorare con successo in un gruppo multidisciplinare richiede obiettivi comuni, pratiche metodologiche convergenti ed un vocabolario comune.

Lo studio delle strutture antiche: attività e fasi
La necessità di una metodologia scientifica valida e di conoscenza, richiede l’attivazione di un approccio dalle molte sfaccettature, che comprende diverse attività.
Le principali attività da integrare nello studio di una struttura storica (o gli elementi della sua analisi) sono: investigazione storica, ispezione, monitoraggio e analisi strutturale.
Alcune di queste (investigazione storica e ispezione) sono di tipo qualitativo; le altre sono quantitative (monitoraggio e analisi strutturale).
Il concorso di tali attività favorisce un’applicazione uniforme del metodo scientifico.
Da una parte, l’elaborazione di un modello strutturale che consenta di effettuare analisi quantitative (sia esso numerico, analitico, analogico…) significa l’accettazione di una serie di ipotesi.
In un certo qual modo, il modello strutturale è il ricettacolo delle ipotesi sui principi meccanici che governano la risposta della struttura (la nostra idea o concetto della struttura).
Questo modello include inoltre determinate ipotesi sulle proprietà dei materiali, la morfologia interna e la disposizione strutturale.
Questo secondo gruppo di ipotesi è necessario perché, indipendentemente dallo sforzo condotto durante l’ispezione e la descrizione sperimentale, non sarà mai possibile avere una descrizione della costruzione pienamente realistica e completa.
D’altro canto, le attività empiriche (ispezione, compresi gli esperimenti condotti sulla struttura, il monitoraggio della storia, intesi come un esperimento condotto in geometrica pura e su scala temporale) forniscono evidenza empirica sulla risposta dell’edificio. L’applicazione del metodo scientifico risulta dall’uso di
questa prova empirica per la convalida o la calibrazione del modello.
Calibrando il modello, le ipotesi adottate per costruirlo vengono via via convalidate o corrette. Una volta calibrato, il modello può essere utilizzato per fare previsioni circa la risposta dell’edificio durante differenti sollecitazioni.
Lo studio di una costruzione storica consiste in tre fasi successive: diagnosi, valutazione della sicurezza e pianificazione dell’intervento.
La diagnosi mira a identificare le cause di danno e declino.
La valutazione della sicurezza intende determinare il grado di accettabilità dei livelli di sicurezza analizzando le condizioni attuali della struttura e dei materiali.
La pianificazione dell’intervento deve essere basata su di una rigida considerazione delle conclusioni tratte dalla diagnosi e dalla valutazione della sicurezza.
Se queste fasi vengono condotte in maniera scorretta, le decisioni risultanti possono essere inadeguate per l’edificio.
Una cattiva valutazione può dare luogo sia a misure conservative eccessivamente pesanti, che a misure insufficienti, causa di livelli di sicurezza inadeguati.
Le tre fasi devono essere collegate in maniera logica e metodologica.
In altre parole, devono essere costantemente rivolte alle cause identificate nella diagnosi (le soluzioni devono essere rivolte alla vera causa dei problemi); devono inoltre essere condotte servendosi di tecniche e di approcci metodologici simili (ad esempio, il monitoraggio o l’analisi strutturale possono essere utilizzati durante la diagnosi e anche per valutare la risposta della struttura consolidata).
Nonostante tutti gli sforzi profusi nell’applicare questo approccio generale in una maniera coerente, ci sarà sempre spazio per la soggettività e l’incertezza.
Vi è un’opportunità di soggettività nello studio e nella valutazione della sicurezza dell’edificio storico secondo il processo descritto in precedenza.
Vi saranno sempre incertezze in merito ai dati assunti. Le difficoltà di una valutazione precisa dei fenomeni possono portare a conclusioni di affidabilità incerta.
Lo spazio per la soggettività e l’incertezza deve essere riconosciuto e perfino indicato obiettivamente, e deve essere indicata la possibile incidenza di tali fattori sull’affidabilità delle conclusioni presentate.
Secondo quanto stilato nelle Disposizioni, la cura profusa nello sviluppo dello studio e l’affidabilità dei risultati devono essere presentati e discussi in un Resoconto esplicativo.
Questo resoconto richiede un’analisi attenta e critica della sicurezza della struttura che giustifichi qualsiasi misura d’intervento; deve illustrare le incertezze, l’affidabilità dei dati e le ipotesi considerate. In conclusione, le difficoltà incontrate nello studio delle strutture antiche (in particolare, il limite dei codici e dei metodi convenzionali per strutture moderne) vengono superate adottando l’approccio più generale nominato in precedenza, inglobando e conciliando prove quantitative e qualitative.
Almeno quattro possibili fonti di conoscenza (storia, ispezione, monitoraggio e analisi strutturale) possono essere considerate e combinate come parte di un approccio scientifico, per trarre conclusioni circa la condizione di preservazione, le cause di danno o di deterioramento e la necessità d’intervento.
In ogni caso, vi è sempre spazio per l’incertezza e la soggettività, e questo fatto deve essere chiaramente riconosciuto.
Il modo in cui tutti questi aspetti influenzano il processo che porta la diagnosi, alla valutazione della sicurezza e alla progettazione, viene discusso nei paragrafi successivi.

Diagnosi
Lo scopo finale della diagnosi è, naturalmente, la caratterizzazione delle reali condizioni della struttura e delle reali cause dei problemi che la affliggono (deformazioni, danno strutturale, deterioramento del materiale…).
La diagnosi richiede, ogni qualvolta sia possibile, la combinazione di un insieme di diverse attività che comprendono la ricerca storica, un’ispezione superficiale e profonda, il monitoraggio e l’analisi strutturale.
La ricerca storica fornisce informazioni fondamentali per una diagnosi accurata.
Questa ricerca deve fornire informazioni su tutti i fatti o gli eventi che abbiano avuto un impatto ragguardevole sull’edificio, comprese le tecniche e le conoscenze applicate durante la sua costruzione, i cambiamenti successivi sia a livello della struttura che del suo ambiente, avvenimenti storici (terremoti) o qualsiasi altro evento che possa aver provocato danni, collassi, ricostruzioni, aggiunte, modifiche, lavori di restauro, modifiche strutturali e cambiamenti nella destinazione d’uso.
Queste informazioni sono chiaramente necessarie a trarre conclusioni affidabili circa la vera origine di danni o alterazioni osservate a livello dell’edificio.
L’ispezione è necessaria a identificare danni e declino attuali, determinando se i fenomeni si sono stabilizzati oppure no, stabilendo se vi siano o meno rischi immediati e se sia necessario prendere misure tempestive o identificando eventuali effetti ambientali in corso. L’ispezione comprende una ricerca sul campo ed esperimenti di laboratorio, questi ultimi miranti a identificare le caratteristiche meccaniche, fisiche e chimiche dei materiali, gli stress e le deformazioni, e la presenza di eventuali discontinuità a livello della struttura.
La morfologia interna richiede dei test che siano non distruttivi o minimamente distruttivi. Naturalmente vanno preferiti i test non distruttivi, ma se sono necessari ulteriori test, va valutato il rapporto costi benefici (paragonando i benefici in termini di informazioni e la possibilità di un minore intervento strutturale, alla perdita di materiale significativo dal punto di vista culturale).
È sempre giusto utilizzare diversi metodi per ottenere informazioni in più; test meno distruttivi forniscono informazioni dirette che possono essere utilizzate per calibrare i metodi non distruttivi, ma indiretti.
Il monitoraggio permette l’acquisizione di informazioni di tipo quantitativo in diverse fasi dello studio o dell’intervento a livello dell’edificio: comprende una precedente caratterizzazione a lungo termine della risposta dell’edificio, un’analisi delle azioni di rimedio ausiliarie, un’indagine sulle azioni finali di consolidamento durante la loro implementazione e un’indagine a lungo termine di una costruzione consolidata.
Il monitoraggio dinamico può essere utilizzato non solo per caratterizzare la risposta dinamica di un edificio, ma anche per identificare caratteristiche morfologiche o strutturali più generali.
L’analisi della struttura è necessaria a modellare la risposta della struttura stessa qualora sottoposta a differenti sollecitazioni e a quantificarne la resistenza. Tale analisi strutturale implica l’adozione di un determinato modello (sia esso analogico, analitico, numerico…).
I modelli servono a ridurre la realtà a un numero limitato di concetti e variabili.
La costruzione di un modello richiede l’accettazione di una serie di ipotesi.
Tali ipotesi devono essere calibrate paragonando le previsioni del modello con le prove empiriche derivanti dal resto delle attività (storia, ed esperimenti, monitoraggio). Una concordanza tra le previsioni e la realtà osservata può richiedere ipotesi modificate o migliorate.
L’analisi strutturale, in tale modo, fornisce tre diverse opportunità complementari:
(1) Tramite la convalida delle ipotesi a supporto del modello, si ottiene una conoscenza più approfondita della struttura (materiali, morfologia, principi strutturali…); in tale modo, servendosi del modello e calibrandolo, si ottengono ulteriori informazioni o certezze.
(2) Tramite la simulazione di possibili fenomeni che abbiano agito sulla struttura (pesi, adattamenti, modifiche strutturali…) è possibile farsi un’idea delle possibili cause del danno esistente.
(3) Una volta convalidato, il modello può essere utilizzato per trarre ulteriori previsioni circa la risposta della struttura sottoposta a diverse azioni (nuovi carichi vivi, terremoti, ecc.) e per valutare la capacità di resistenza ad essi.
In ogni caso, bisogna ammettere che nessun modello rappresenta al 100% la realtà e che le possibilità dei modelli sono sempre limitate.
I modelli utilizzati in pratica sono un compromesso tra realismo e semplicità.
Tuttavia, i modelli devono includere tutti gli aspetti giudicati rilevanti per la descrizione del comportamento reale della struttura, comprese le principali alterazioni ed eventuali danni. (Una discussione approfondita circa le attività coinvolte nella diagnosi si trova in Kelley e Look (2005) e Roca (2004).

Valutazione della sicurezza
Come indicato nelle Direttive, la valutazione della sicurezza, derivante dalla diagnosi, è il momento in cui viene determinata una decisione in merito ad un possibile intervento, che deve riconciliare l’analisi qualitativa e quantitativa.
La valutazione della sicurezza è seriamente influenzata da due tipi di problemi. Innanzitutto, come già detto, vi può essere una notevole incertezza collegata ai dati ottenuti dall’ispezione e dall’analisi.
Questa incertezza può influire sulla descrizione della geometria, della morfologia interna, delle proprietà dei materiali e della distribuzione e della portata dei danni e delle deformazioni.
Vi è anche una notevole incertezza relativa ad azioni permanenti o straordinarie.
I terremoti, in particolare, ed altre azioni straordinarie associate a periodi a lungo termine, sono incerti e non possono essere descritti in una maniera assoluta (in termini di ampiezza, frequenza o direzione di incidenza). In secondo luogo, la valutazione della sicurezza richiede un modello realistico (qualsiasi sia la sua natura: analitica, numerica, analogica…) in grado di rappresentare la resistenza della struttura e di fornire una misurazione della risposta strutturale a diverse azioni o combinazioni di azioni.
Negli ultimi anni, i metodi numerici per l’analisi di strutture in muratura e in legno hanno sperimentato un notevole sviluppo.
In particolare, esiste oggi una varietà di approcci affidabili per modellare con precisione la risposta finale di strutture in muratura.
Come parte dell’intero studio di una costruzione storica, la valutazione della sicurezza richiede inoltre un ampio approccio che non implichi solo l’applicazione di codici o calcoli strutturali: l’approccio può anche sfruttare prove qualitative abbinate a quelle quantitative; la conoscenza storica e sperimentale può essere affiancata alla valutazione quantitativa.
Come indicato dalle Disposizioni, l’architetto o l’ingegnere incaricato della valutazione della sicurezza di un edificio storico non deve essere obbligato per legge a basare le sue decisioni unicamente sui risultati di calcoli.
Per quanto riguarda la diagnosi, l’approccio più ampio consiste nell’applicazione di diverse indagini, ognuna delle quali fornisce il proprio contributo.
La combinazione di tali indagini produrrà il miglior risultato possibile (le migliori conclusioni possibili) basato sui dati disponibili.
Gli approcci da prendere in considerazione sono, fondamentalmente, quelli già menzionati in precedenza.
I loro equivalenti, al momento di effettuare la valutazione di sicurezza sono la conoscenza storica, l’approccio qualitativo, l’approccio sperimentale e l’approccio analitico.
L’approccio storico
Ancora una volta, la storia può essere considerata come un esperimento condotto su scala geometrica e temporale vera.
Le indagini dei registri storici possono rivelare dati importanti relativi alla resistenza e alle prestazioni dell’edificio.
La consapevolezza delle prestazioni passate può dare una traccia circa la capacità della struttura a resistere a carichi gravitazionali o ad eventi straordinari quali terremoti.
L’approccio qualitativo.
Un altro tipo di approccio (quello qualitativo) deriva dall’analisi della risposta di resistenza di un certo numero di edifici simili a quello sotto studio.
Il comportamento degli altri edifici viene valutato in maniera empirica (ad esempio, viene preso nota della loro risposta in caso di eventi probabili, quali un terremoto) e le conclusioni corrispondenti vengono estrapolate nel caso di altri edifici.
La possibilità di estrapolazione (e il grado di essa) deve essere valutata dall’analista. In ogni caso, deve esistere una sufficiente somiglianza in termini di dimensioni, organizzazione strutturale, morfologia e materiali.
L’approccio sperimentale
Una valutazione diretta della capacità di resistenza delle strutture può essere ottenuta tramite esperimenti in sito che implichino l’applicazione di carichi reali.
Bisogna notare che lo scopo di questi esperimenti non è l’identificazione di proprietà meccaniche (come nel caso della diagnosi), ma l’apprezzamento diretto della capacità della struttura di resistere ad un’azione reale.
Esperimenti diretti che implichino carichi significativi non possono essere condotti sull’intera struttura: più probabilmente, l’approccio sperimentale verrà utilizzato per valutare la capacità dei singoli elementi quali solette, volte o scale, di resistere ad un determinato carico verticale.
Per via della loro messa in atto rischiosa e difficile, i test di carico diretto hanno un’applicazione molto limitata.
L’approccio analitico.
Paragonato all’approccio qualitativo, che è una procedura induttiva, l’approccio analitico costituisce un procedimento deduttivo.
Le informazioni sulla struttura, la morfologia e le azioni vengono investite nella costruzione di un modello strutturale.
Il modello viene quindi utilizzato per dedurre (predire) la risposta di un edificio.
Il modello può fornire una misura quantitativa della sicurezza, ossia un fattore di sicurezza, ottenuto come quoziente tra l’ampiezza della risposta (la forza) e quella dell’azione applicata.
Naturalmente, la capacità predittiva attuale di un modello dipende dall’affidabilità e dalla completezza dei dati forniti; una mancanza di affidabilità, incertezze e incompletezza comprometteranno gravemente la validità del livello di sicurezza stimato.
Poiché i dati sono sempre limitati e soggetti a incertezza, non è possibile giungere ad una misura assoluta e totalmente obiettiva della sicurezza.
Il solo approccio analitico non è sufficiente e deve essere intrapreso in abbinamento ad altri approcci; anche le stime numeriche devono essere confrontate e conciliate con le prove rese da altre indagini.

Piano di intervento
Secondo la Carta di Venezia (1964), le Disposizioni stabiliscono che l’intervento deve rispettare il più possibile il concetto originale, i materiali, le tecniche di costruzione e il valore storico della struttura.
La rimozione o l’alterazione di qualsiasi materiale storico o di caratteristiche architettoniche distinte, deve essere evitato al massimo.
Le Disposizioni riconoscono inoltre che la conservazione e il consolidamentom devono considerare non solo i risultati di una valutazione di sicurezza obiettiva, ma anche la rilevanza storica e culturale della struttura.
L’edificio deve essere inteso come un amalgama complesso che risulta da un processo storico durante il quale non solo gli elementi originali, ma anche le modifiche successive, vengono riconosciuti come un’importante parte di esso e devono a loro volta essere rispettati.
Come indicato dalle Disposizioni, quando imperfezioni e alterazioni sono diventate parte della storia della struttura, devono essere mantenute, purché non compromettano i requisiti di sicurezza.
Le qualità distintive della struttura derivanti dalla sua forma originale o da qualsiasi significativo cambiamento storico non devono essere distrutte in seguito a qualsiasi azione necessaria.
Viene presa in considerazione una serie di criteri per pianificare operazioni che abbiano un impatto limitato e accettabile sulla struttura originale.
Tali requisiti hanno già ricevuto un’ampia trattazione nelle varie carte e disposizioni aventi a che fare con il restauro strutturale: sono attualmente noti a ingegneri e architetti che li prendono in considerazione nella progettazione di possibili interventi.
Comprendano i ben noti criteri di intervento minimo, compatibilità, durata, non-invadenza, reversibilità e controllabilità. Interventi che causano solo un impatto ridotto a livello della struttura originale devono essere preferiti, purché siano sufficienti a garantire il livello di sicurezza richiesto.
Tra le possibili soluzioni, tutte in grado di assicurare il livello di sicurezza necessario, deve essere preferita quella che provochi un’alterazione minima (l’intervento minimo).
I materiali e i dispositivi tecnici impiegati per riparare o consolidare una struttura devono essere compatibili con quelli esistenti, ossia non deve risultare alcun effetto collaterale indesiderato dal loro contatto fisico o meccanico.
I materiali antichi non devono sperimentare alcuna forma di deterioramento chimico una volta in contatto con i nuovi materiali o tramite sostanze da essi trasportate (compatibilità chimica).
I nuovi materiali non devono sperimentare fenomeni reologici che causino possibili danni (quali incrinature) ai materiali esistenti (compatibilità reologica).
I nuovi materiali o dispositivi tecnici non devono comportarsi in maniera eccessivamente diversa dagli originali una volta soggetti alle variazioni termiche ambientali (compatibilità termica).
I materiali di riparazione o dispositivi di consolidamento devono presentare una rigidità simile a quella del materiale originale una volta inseriti o collegati esternamente ai precedenti, ancora una volta per evitare incrinature o altri danni meccanici dovuti a carichi esterni (compatibilità meccanica). Ad esempio, i cementi Portland possono liberare sali che, dopo essere penetrati nella calcina o nella pietra, possono subire una cristallizzazione espansiva e causare incrinature (incompatibilità chimica). Inoltre, la contrazione del cemento Portland o del calcestruzzo, o la loro deformazione termica, possono causare fissurazioni a murature in pietra o mattoni ad esso collegati (incompatibilità reologica o termica).
Una massa di materiale da riparazione molto rigida, inserita all’interno di quella esistente, può causare l’incrinatura o il collasso di quest’ultima per via dell’applicazione di ulteriori carichi gravitazionali (compatibilità meccanica).
Per ragioni simili, i materiali da riparazione o i dispositivi meccanici di consolidamento devono essere durevoli.
La sicurezza della struttura può essere compromessa dalla perdita di efficienza del consolidamento.
Una perdita di durata che porta al decadimento del nuovo materiale può, a sua volta, recare danno alle parti originali.
Un ripristino o tecniche di consolidamento non invadenti (o non invasive) vanno preferite ad alternative più invasive.
Per ovvi motivi, contribuiranno a preservare l’integrità del materiale delle strutture esistenti.
Tra le possibili alternative, la preferenza va data a quelle meno invasive.
Quando possibile, le misure adottate dovrebbero essere reversibili. In altre parole, deve essere possibile smantellarle senza lasciare alcuna alterazione durevole o alcun deterioramento dei materiali e della struttura originali.
Un requisito meno rigido è la potenziale asportabilità, con solo un deterioramento durevole o tracce limitate rimasti sulla costruzione originale.
L’asportabilità è considerata da alcuni esperti una condizione più realistica e attuabile della totale reversibilità.
La reversibilità e l’asportabilità lasciano aperta la possibilità di sostituire eventualmente il consolidamento effettuato con un altro più adeguato o efficace. Infine, deve essere possibile controllare l’intervento durante la sua esecuzione. Misure impossibili da controllare non devono essere permesse.
Qualsiasi proposta di intervento deve essere accompagnata da un programma di monitoraggio e controllo.
Queste condizioni non devono essere interpretate come requisiti assoluti, ma come caratteristiche convenienti che solitamente portano a soluzioni soddisfacenti.
Il fatto che, in alcuni casi, potrebbe essere impossibile aderire a tali criteri, non deve essere una ragione sufficiente a ignorarli.
Il tentativo di soddisfare le condizioni per quanto possibile, servendosi di queste condizioni come linee guida o come principi in grado di fornire ispirazione, contribuirà a creare e pianificare interventi adeguati in linea con i principi di restauro.
Si deve ammettere che le soluzioni perfette (ossia soluzioni che rispondono a tutti i criteri indicati) potrebbero non essere possibili.
Perciò, il ruolo dell’ingegnere o dell’architetto consiste nel selezionare una soluzione adeguata che risponda ai criteri in grado ottimale.
La scelta della migliore soluzione è di responsabilità del progettista e richiede una giusta esperienza e giudizio personale.
Vengono quindi offerti consigli (magari a stregua di mere idee) che possono assistere il progettista nell’esercizio del proprio giudizio.
Il possibile impatto di un intervento su un monumento o un edificio, in termini di perdita o di alterazione del materiale e delle caratteristiche strutturali originali, deve essere sempre analizzato e quantificato.
Come indicato nelle Disposizioni, non vanno intraprese azioni senza prima accertarsi dei possibili benefici o danni al patrimonio architettonico.
Questa procedura (anche se descritta in termini qualitativi) permetterà confronti tra diverse soluzioni e fornirà criteri per la scelta di quella ottimale.
Qualsiasi sia l’approccio utilizzato per raggiungere una soluzione ottimale, deve essere radicato in una sicura comprensione dell’edificio e dei suoi problemi.
Il progetto dell’intervento deve essere basato sulla conoscenza della natura strutturale dell’edificio, della vera causa delle sue alterazioni e sulla necessità di ulteriore sicurezza.
È inoltre necessaria la conoscenza dell’importanza storica dell’edificio e del suo contesto culturale.
Il sapere ottenuto tramite le fasi precedenti dello studio (diagnosi, valutazione della sicurezza) va infine investito nel progetto del consolidamento adeguato o delle giuste azioni di restauro.
Le possibili soluzioni devono essere valutate obiettivamente ed accuratamente, ed eventualmente confermate.
Questa valutazione richiede analisi quantitative per mezzo di metodi numerici sperimentali per analisi strutturali.
Come già detto, la coerenza richiede che gli stessi metodi e strumenti utilizzati in precedenza per la diagnosi e la valutazione della sicurezza vengano utilizzati anche nella valutazione delle azioni di riparazione o di consolidamento.

Conclusioni
Le difficoltà incontrate nello studio delle strutture antiche (in particolare, i limiti dei codici di pianificazione e i metodi convenzionali per le strutture moderne) possono essere superate adottando un approccio ampio e flessibile, che comprenda sia prove quantitative che qualitative; possono essere prese in considerazione e combinate almeno quattro possibili fonti di conoscenza (storia, ispezione, monitoraggio e analisi strutturale), come parte di un approccio scientifico, per trarre conclusioni sulle condizioni attuali, le cause di danno o decadimento e la necessità di intervento.
Nonostante l’impiego di un approccio scientifico, c’è sempre spazio per l’incertezza e la soggettività.
A questo contribuiscono due diverse cause: innanzitutto, i dati disponibili sono sempre limitati sia per motivi economici che tecnici; spesso sono necessarie ulteriori assunzioni e semplificazioni sulla distribuzione e i valori delle proprietà meccaniche dei materiali.
In secondo luogo, indipendentemente dallo sforzo investito nella conferma e nella calibrazione di un modello strutturale, non simulerà mai tutte le complessità implicate nel vero fenomeno.
Negli studi di costruzioni reali, le possibili cause di incertezza e soggettività devono essere indicate chiaramente con la loro possibile influenza sull’affidabilità delle conclusioni.
Per questo motivo, esperienza e giudizio personale fanno parte dell’analisi e sono caratteristiche fondamentali di una diagnosi di successo.
Nella progettazione dell’intervento, il ruolo dell’ingegnere o dell’architetto consiste nel selezionare una soluzione adeguata, che risponda in maniera ottimale ai criteri di restauro.
Questo può essere fatto tramite un approccio ingegneristico basato sulla considerazione di una serie di alternative e quindi la scelta di quella “ottimale”, ossia quella che, conforme ai requisiti di sicurezza, causi la minima alterazione alla struttura originale.

*Pere Roca è Professore dell’Università Tecnica di Barcellona, dove svolge la sua attività di Docente, Ricercatore e Consulente sulle strutture edilizie e analisi/restauro delle costruzioni storiche.
Ha pubblicato più di 100 documenti nei journals e nei rapporti per le conferenze.
Ha collaborato nell’organizzazione delle 5 conferenze sull’Analisi Strutturale di Strutture Storiche celebrate dal 1995.
Dal 2005 è Presidente del Comitato ICOMOS / ISCARSAH sulle strutture storiche.

Tratto dal Seminario Internazionale relativo alla conservazione dei beni culturali in zona sismica, organizzata dalla HD System e da Tassullo.

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