Progetto di un sistema di involucro per la rinfunzionalizzazione dell’edilizia economico-popolare.

Riteniamo che il risultato raggiunto, pur non proponendosi come traguardo ultimo di un tema di ricerca vastissimo, costituisca una possibile risposta al problema del disagio abitativo dell’edilizia economico-popolare.
Partire dall’analisi delle carenze tecnologico-tipologiche e procedere attraverso la continua verifica applicativa delle strategie d’intervento formulate, ci ha aiutato a non perdere di vista gli obiettivi iniziali: ogni scelta formale, materiale e tecnica, infatti, è nata in risposta a concrete esigenze abitative ed allo scopo di soddisfare precisi requisiti. Così operando, speriamo di esserci avvicinate a quella verità architettonica che Angelo Mangiarotti (1996) ritrova nella corrispondenza fine/mezzi e nella riconoscibilità di questi all’interno delle scelte operate dal progettista. Il vincolo, posto in partenza, di intervenire solo tramite l’addizione di volumi esterni, ha certamente creato dei problemi: difficile conciliare la modularità dell’esistente con quella delle unità funzionali addizionate, difficile non compromettere i rapporti aeroilluminanti esistenti, difficile integrare il vecchio ed il nuovo, difficile variare la relazione tra gli spazi. Difficile, in sostanza, migliorare la qualità abitativa attraverso piccole integrazioni di superficie sul perimetro.
Per questo è stato indispensabile poter graduare l’intervento: poter decidere se intervenire “pesantemente” o con addizioni minime e puntuali; poter variare la profondità degli aggetti ed il passo della struttura; poter disporre di una serie eterogenea di unità funzionali, indipendenti o aggregabili tra loro.
Il sistema progettato contiene, a nostro parere, la flessibilità necessaria per superare i limiti di specificità che ciascun contesto presenta: se si valuta attentamente l’intervento, è possibile trarne benefici anche senza stravolgere l’impianto originario.
Seppure, infatti, si realizzino evidenti modifiche sui prospetti, le applicazioni non comportano grossi cambiamenti sulla tipologia, quali si verificherebbero se si operassero demolizioni e ricostruzioni nello spazio interno.
Inoltre si è visto come, in alcuni casi, si senta l’esigenza di dare al quartiere una ”immagine nuova” che non si limiti al ripristino degli intonaci o del colore originario : laddove la disaffezione degli abitanti per il proprio quartiere e per la propria casa raggiunge livelli di totale rifiuto, un intervento che si pone a cavallo tra la nuova edificazione ed il recupero dell’esistente può costituire l’occasione per mettere in moto una reazione a catena di consensi e coinvolgimenti.
Rifunzionalizzare gli alloggi può, in ultima analisi, costituire il primo passo verso la rifunzionalizzazione del quartiere.
In questo quadro, la nostra tesi si colloca come contributo aperto ad ulteriori approfondimenti ed inseribile all’interno di un più ampio dibattito interdisciplinare.
Possiamo dire di essere soddisfatte del lavoro svolto per due ragioni in particolare : la prima è che gli obiettivi iniziali sono stati raggiunti; la seconda è che il nostro iter universitario si chiude con un progetto che ci ha avvicinato maggiormente a quello che dovrebbe essere il fine di ogni architetto, ossia quello di progettare “per” e “nel rispetto” dell’uomo.

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