Più luce nel recupero

Un maggiore uso di illuminazione naturale comporta un più disciplinato utilizzo di quella artificiale con conseguente vantaggio in termini di risparmio energetico. Lo studio del percorso solare può essere un utile strumento nel caso di interventi sull’esistente poiché suggerisce soluzioni, che, accrescendo l’ottimizzazione di una sorgente pulita e gratuita, migliorano sia l’economia di gestione dell’edificio sia il comfort interno.
E’ ormai dimostrato che l’illuminazione con luce naturale aumenta notevolmente il benessere degli utenti e il grado di accettazione e di piacevolezza di un ambiente, fattore di primaria importanza negli edifici abitati per molte ore e con un uso prevalentemente diurno come le scuole, i musei, gli uffici e gli ambienti di lavoro in genere.
Prodotti e tecnologie innovative migliorano la diffusione della luce naturale; la luce incidente sulla superficie di un edificio può in vari modi essere gestita e organizzata, in qualche modo perfino veicolata.

Pozzi di luce e superfici riflettenti
Un sistema adottato in diversi progetti di riuso architettonico di edifici storici é quello di fare un restauro rispettoso delle caratteristiche architettoniche per le facciate esterne e di trasformare nel contempo angusti cavedi, corti o atrii, in veri e propri pozzi di luce, grazie a coperture trasparenti e superfici capaci di aumentare notevolmente la diffusione dell’illuminazione naturale interna.
Le tipiche case a corte organizzate attorno ad un atrio centrale permettono il ripristino della struttura tipologica originale integrandola con un tetto trasparente per aumentarne la funzione di spazio filtro tra esterno e interno, con funzione di moderatore climatico per tutto quanto l’edificio.
Nell’intervento di ristrutturazione la copertura trasparente con il suo effetto barriera sullo spazio sottostante, che nei palazzi a più piani è chiaramente di grande altezza, permette di aumentare la dimensione delle aperture degli ambienti su di esso affacciati, dando loro maggiore luce e maggiore senso di comunicazione verso l’esterno e verso l’intero fabbricato, fattore quest’ultimo ritenuto molto importante nel caso di intervento su edifici per il terziario in quanto aumenta il senso di partecipazione e di identità dei dipendenti.
L’indubbio vantaggio è di rendere più gradevole e vivibili queste aree di transizione dove per altro è sempre possibile creare dei giardini di inverno, preziosissimi spazi verdi che abbelliscono e, se opportunamente ventilati, rendono più salubre l’aria, assumendo una funzione importante per la qualità ambientale.
Tuttavia, soprattutto nel caso che queste strutture coinvolgano intere facciate di edifici multipiano, non bisogna sottovalutare il fatto che la quantità di luce diurna che raggiunge gli interni è minore rispetto a quella presente prima dell’aggiunta della copertura.
Questi spazi infatti riceveranno ora luce non direttamente dalla volta celeste ma, filtrata e modificata, dalla superficie vetrata, che comunque oltre alla parte trasparente o traslucida, presenta anche parti opache: giunti e struttura metallica (per quanto esistano oggi sistemi di copertura dove la parte opaca è assai ridotta).
Il flusso luminoso entrante decresce andando verso i piani bassi.
Per risolvere almeno in parte la poco equilibrata distribuzione della luce, concentrata soprattutto nelle zone prossime alla vetratura, è necessario utilizzare superfici e finiture ad elevato indice di riflessione, in grado di condurre e veicolare, la luce in lontananza. Studiando la curvatura della copertura e utilizzando particolari superfici anche per piani, passerelle, ascensori e tutti gli elementi presenti nell’invaso, è possibile ottenere una riflessione della luce molto maggiore e restituire diffusa luminosità agli spazi, rendendo anche angusti cavedi veri e propri pozzi di luce.
Tramite il perfezionamento delle membrane trasparenti, la luce incidente può in vari modi essere gestita e filtrata, consentendo un miglioramento delle condizioni di luminosità e di temperatura all’interno degli ambienti. Fondamentale risulta pertanto il tipo di vetro (o materiale plastico) utilizzato, il suo coefficiente di riflessione termica e luminosa, la sua configurazione geometrica.
Per migliorare il campo di diffusione può risultare utile che la copertura vetrata abbia la faccia interna ad elevata riflessione diffondente (non speculare per evitare fastidiosi effetti di abbagliamento).
Veri dispositivi per sfruttare al massimo l’illuminazione naturale, evitandone i fenomeni collaterali (abbagliamento, eccessiva trasmissione termica), sono anche i vetri selettivi capaci di filtrare i raggi solari grazie alla loro particolare struttura molecolare.

Rischi di applicazione delle coperture vetrate
Gli spazi vetrati creano un alto comfort ambientale per gli utenti che godono dell’illuminazione solare e della vegetazione, facilmente proliferante in questi luoghi. La presenza di luce naturale, con i suoi mutamenti cromatici e quantitativi, valorizza queste aree di fruizione protette, rendendole “vive” e dinamicamente connesse con il paesaggio circostante.
Le superfici vetrate, tuttavia, se pure affascinanti per la loro trasparenza smaterializzante e apprezzati per il modello di vita sociale che implicano, comportano spesso alle nostre latitudini il problema del surriscaldamento estivo.
Per evitare fenomeni di condensa, o eccessiva umidità, è fondamentale garantire una costante ventilazione mentre per evitare eccessivi carichi termici o luminosi è di primaria importanza valutare attentamente le caratteristiche del materiale di copertura.
Gli involucri trasparenti presentano, infatti, dei rischi di applicazione che possono rendere inefficaci le soluzioni adottate e critico il benessere degli utilizzatori. Come tutte le superfici vetrate possono presentare guadagni (illuminazione naturale e guadagno termico in inverno) e perdite (surriscaldamento estivo o dispersione invernale) nel bilancio energetico.
Attivando la ventilazione naturale e riducendo nel contempo l’eccessivo irraggiamento diretto, con sistemi di schermatura, possono diventare filtro termico, con funzione strategica ai fini del raffrescamento estivo e del riscaldamento invernale.

La luce in profondità: soffitti prismatici e mensole solari
Diverse tecnologie permettono di portare la luce naturale all’interno di corpi di fabbrica profondi o senza aperture dirette sull’esterno, migliorando i livelli di illuminamento nelle zone dell’edificio lontane dalle zone finestrate.
Per rendere più uniforme la distribuzione della luce: diminuire il livello di illuminamento a ridosso della finestra (evitando il pericolo di abbagliamento e surriscaldamento dovuti alla radiazione diretta ) e aumentare la luce lungo tutta la profondità dell’ambiente, si possono disporre, sul soffitto, lamelle o elementi con superfici riflettenti che consentono di distribuire a varie profondità la radiazione proveniente dalla finestra.
Una delle soluzioni più utilizzate è l’uso di pannelli orizzontali aggettanti, “light shelf”, sporgenti verso l’interno e spesso anche verso l’esterno del locale.
La superficie superiore deve avere finiture riflettenti affinchè la luce incidente su di essa venga in massima parte riflessa verso il soffitto prima che questa possa raggiungere direttamente l’osservatore.

Condotti solari
Tramite i condotti solari la luce naturale, captata alla sommità dell’ edificio, viene convogliata e trasportata nei vari piani.
Elementi fondamentali sono i captatori rappresentati da superfici speculari (lenti Fresnel, pannelli riflettenti, sistemi a specchi ) posizionate in posizioni strategiche (generalmente sul tetto) che concentrano e rimandano a loro volta i raggi solari al diffusore.
I sistemi più sofisticati sono dotate anche di “eliostato “, un elemento mobile, capace di seguire il cammino del sole e di posizionarsi secondo la migliore angolazione rispetto ai raggi incidenti.
La luce viene trasportata attraverso condotti solari, veri e propri tubi cavi in policarbonato, rivestiti internamente di materiale altamente riflettente (coeff. di riflessione R>0.90) come argento, alluminio o pellicole microprismatiche (PMMA). Una estremità del condotto viene montata sulla copertura dell’edificio, agganciata all’elemento captatore, l’altra, seguendo percorsi obliqui, orizzontali o tortuosi a seconda delle strutture che deve attraversare, è posta sul soffitto dell’ambiente da illuminare, come una normale plafoniera.
La sezione dei condotti è preferibilmente circolare, per ottimizzarne il funzionamento ottico, e il diametro, a seconda dell’area che si vuole illuminare, indicativamente varia dai 20 cm utilizzati in genere per piccoli ambienti domestici (di circa 5-6 metri quadrati), come bagni e corridoi, ai 60 cm utilizzati in genere per l’illuminazione di uffici, aule, spazi commerciali.
La luce proveniente dalla calotta posta sul tetto (il captatore solare), entra nel condotto e, grazie alla pellicola microprismatica, per riflessione interna totale, viene continuamente rinviata all’interno del tubo. In questo modo la luce si propaga per tutta la lunghezza della cavità e viene emessa all’ estremità del condotto posta sul soffitto dell’ambiente da illuminare.
Queste tecnologie permettono di portare la luce naturale negli ambienti interni e underground, senza aperture dirette sull’esterno e migliorando i livelli di illuminamento nelle zone dell’edificio lontane dalle zone finestrate. Possono essere una soluzione vantaggiosa per il risanamento di stanze o zone cieche degli edifici (il classico problema del bagno o dello studiolo ricavato in zone cieche), per l’illuminazione di corpi di fabbrica profondi, di ambienti open space, dove il contatto con le aperture perimetrali e quindi con l’esterno non sempre è possibile.
Con indubbi vantaggi di risparmio e di comfort visivo e ambientale, arricchiscono della mutevolezza della luce naturale spazi altrimenti estremamente statici e artificiosi.
Numerosi sono ormai i “solar tube” in commercio pronti per una facile installazione, ma possono essere progettati ad hoc.
Possono essere integrati negli involucri edilizi, senza comportare stravolgimenti sostanziali o irreversibili.
Le piccole dimensioni rendono l’intervento non-invasivo: normalmente il captatore è facilmente posizionabile tra i travetti della struttura di copertura e la cupola collocata sul tetto occupa da uno a due coppi circa.
Nel caso di centri storici l’invisibilità di questa tecnologia diventa una caratteristica vantaggiosa: la calotta può essere aggiunta al tetto dell’edificio in modo da risultare non visibile dal livello stradale.

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