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Le reti metropolitane

Tubes: abitare il sottosuolo
Tra le trasformazioni attuate dallo sviluppo della rete ferroviaria sulla forma urbana è da annoverare la creazione di un livello ulteriore di abitabilità definito dalle reti sotterranee urbane. La metropolitana aumenta dunque considerevolmente il grado di artificializzazione dello spazio urbano del sottosuolo, che fino ad allora aveva ospitato solamente reti fognarie e di adduzione di fluidi come acqua e gas di città. Nell’antichità il sottosuolo urbano era però, in alcuni casi. più complesso di quello pre-moderno. Dai sotterranei del Colosseo, vero e proprio backstage dello spettacolo circense, munito di apparati per la spettacolarizzazione dell’evento, alla Cloaca Maxima ed il sistema sofisticato di smaltimento delle acque di Roma antica, fino alle varie “città sotterranee” dell’antichità, da Petra alla Cappadocia. La metropolitana si caratterizza immediatamente, nel 1840 a Londra, come puro elemento di connessione artificializzata, tubo, tube, condotto, permeato da quella sorta di metafora idraulica che successivamente investirà I sistemi viari specializzati la cui costruzione seguirà la logica della regolazione dei flussi di traffico. Una condizione di abitabilità del moderno tube si dà invece, sin dall’inizio, nei punti di stazione, connotati da un design grafico particolare (quello londinese ha retto per oltre cent’anni) e dagli apparati di discesa e risalita oltre che di attesa. Nel parigino Metropolitain, come è noto, l’architettura dei punti di accesso al mondo sotterraneo è stato connotato da una particolare qualità dei manufatti. Oggi in Italia il sottosuolo urbano ospita oltre alle reti metropolitane ed a reti di vario genere, a cui recentemente si è aggiunta la cablatura delle reti di comunicazione a banda larga, parcheggi, impianti tecnici e poco altro. Poco è stato fatto per raggiungere il modello di una città a livelli multipli. A Barcellona però accade che il disegno delle connessioni cablate sotterranee e dei relativi terminali domestici stia ridisegnando il sopra-suolo con un progetto di accorpamento dei tradizionali isolati barcellonesi in super-isolati, in accordo con una visione complessiva del rapporto tra lo spazio abitativo e tutte le reti urbane. A Tokyo non è raro trovare grandi complessi commerciali sotterranei visti, almeno nella versione pubblicitaria, come una sorta di spazi a carattere prevalentemente ludico. A Milano da lungo tempo giace inevaso il progetto di utilizzare il sottosuolo della Galleria Vittorio Emanuele (che replica lo spazio cruciforme soprastante) connettendolo con l’adiacente mezzanino della fermata “Duomo” della metropolitana, già dotato di uno spazio commerciale proprio. Lunga è, insomma, la via che conduce, dalle nostre parti almeno, dal condotto di flussi, umani e non, ad una visione di uno spazio abitabile, se non abitato, del livello sotterraneo della città compatta; lontani gli ampi spazi underground di Chicago o di Toronto. Il passaggio da una concezione meramente utilitaristica del sottosuolo urbano (flusso e stoccaggio) ad una idea di città verticale è però radicata nella cultura urbana. Leonardo da Vinci ha composto mirabili disegni di spazi urbani complessi sia orizzontalmente che verticalmente. Ildefons Cerdà ha teorizzato una città composta da tre livelli sovrapposti, sotto-suolo, suolo e sopra-suolo realizzando poi il progetto dei Docks di Barcellona, mai realizzato, nel quale la rete ferroviaria si integra, in sotterranea, nella forma urbana a macro-isolati. Eugène Hènard ha ripreso queste concezioni nei primi anni del novecento. Oggi le reti metropolitane si integrano, nei migliori casi, con I grandi nodi infrastrutturali e funzionali urbani, come fiere ed hub aeroportuali, nei quali il progetto del sottosuolo infrastrutturato assume un nuovo ruolo ed una nuova rilevanza.
Fabrizio Zanni
professore in Composizione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Architettura

SNCF e AREP a Parigi. Stazione di interscambio Bibliothéque François Mitterand (BFM) – foto 1, 2, 3, 4
La stazione Bibliothéque François Mitterand è parte integrante di un vasto progetto denominato “Paris Seine Rive Gauche”, sviluppato per la realizzazione di un nuovo quartiere nel 13° “arrondissement” della capitale francese. La stazione rappresenta non solo un importante nodo di interscambio infrastrutturale, ma si definisce in qualità di elemento generatore di fenomeni socio-economici di rilevante importanza, che permettono di sviluppare progetti e politiche territoriali di ampia scala.
Il sistema di trasporto su rotaia di Parigi è composto da tre reti distinte: la rete ferroviaria, compresa quella ad alta velocità del TGV, che utilizza le grandi stazioni urbane, di inizio novecento, come recapiti privilegiati; la rete RER dei treni di collegamento tra la capitale e la periferia e la rete metropolitana (RATP).
L’obiettivo dell’Amministrazione di Parigi e del progetto sviluppato dalla Società nazionale delle ferrovie francesi (SNCF) e da AREP, consiste nella definizione di un polo di interscambio tra le linee della RER e quelle della metropolitana, che sia in grado di contribuire allo sviluppo territoriale e urbanistico dei quartieri orientali di Parigi.
Il collegamento del nuovo quartiere Tolbiac Masséna con la rete dei trasporti è stato sviluppato nel sottosuolo, lungo l’asse del tracciato dell’ Avenue de France, un nodo d’interscambio sotterraneo tra la linea C della RER e la nuova linea 14 (METEOR), completamente automatizzata, della metropolitana (RATP). Al di sopra della nuova stazione, in un area divenuta ora di notevole interesse economico e strategico, sono in fase di realizzazione una serie di interventi immobiliari che costituiranno “la copertura” della stazione stessa e il nuovo quartiere urbano.
La stazione di interscambio “BFM” si sviluppa su 4 livelli principali: il primo, in superficie, lungo l’Avenue de France, in cui sono localizzate le aree di accesso alla struttura, il secondo livello accoglie i treni della linea RER C, il terzo livello contiene la hall dove avviene l’interscambio passeggeri tra metropolitana e RER C, ma anche l’interscambio tra queste e la rete urbana degli autobus; l’ultimo livello, posizionato 15 metri sotto i binari della RER, è il punto di arrivo della linea 14 (METEOR) della metropolitana.
Questo nodo di interscambio di circa 11.000 mq, consente ai viaggiatori di utilizzare con efficacia i diversi mezzi di trasporto urbani, una relazione immediata con la linea 14 della metropolitana permette la connessione con le aree oltre la Senna, mentre i viaggiatori provenienti da sud con la linea C e diretti ai quartieri d’affari di Parigi, beneficiano di una riduzione di 15 minuti del tempo di percorrenza.
Franck Nolesini
professore a contratto, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Recupero urbano. La Metropolitana di Genova – foto 5
I primi progetti per dotare Genova di una metropolitana risalgono al primo decennio del 1900, ma è solo negli anni ‘80 che il lungo dibattito si conclude con l’affidamento dell’incarico per la stesura del progetto preliminare all’Ansaldo Trasporti.
Dopo approfonditi studi sul trasporto e la mobilità dell’area urbana genovese e la verifica delle diverse opzioni attraverso modelli e simulazioni è stato definito il percorso che collegherà Valpolcevera con la Valbisagno passando per il centro città tangenzialmente al nucleo storico del Porto antico.
La scelta di realizzare un’infrastruttura non baricentrica al corpo urbano, ma litoranea, tra le molteplici alternative, nasce da due motivazioni principali: restituire centralità e dignità al centro storico ed in particolare all’area che dal Molo Vecchio raggiunge il Ponte dei Mille, resa marginale ed in grave stato di degrado dal declino delle funzioni commerciali portuali. Riutilizzare, dall’altra, quattro manufatti preesistenti (galleria della Certosa, Magazzini Generali, linea ferroviaria Circumportuale e galleria delle Grazie), spazialmente consequenziali (venendo a definire quasi l’intero tracciato della linea) ed immediatamente disponibili ad una riconversione, permettendo quindi un marcato risparmio in termini di tempo e di costi.
Lo studio dei flussi di spostamento attraverso le 153 zone che compongono la città di Genova ha infine orientato le scelte progettuali verso un manufatto con un a capacità di 20/25.000 passeggeri/ora (metropolitana leggera), la cui progettazione architettonica (le stazioni e tutti i manufatti ad essa correlati) sono stati affidati allo studio “Renzo Piano Building Workshop”affiancato, in un secondo momento, da “Studio Archimede” e dall’“Officina Architetti” (stazioni di S. Agostino e De Ferrari).
La progettazione di tutte le stazioni è stata improntata su criteri di modularità e standardizzazione al fine di rispondere ai requisiti fondamentali posti dalla realizzazione di un’opera infrastrutturale di tale portata: riduzione dei tempi di realizzazione, necessità d’identificazione, orientamento e sicurezza.
Stazioni tra loro differenti per tipologia come la prima realizzata Brin (sopraelevata) e le successive Di Negro (a raso) o San Giorgio (sotterranea) si organizzano con una struttura tipologica simile: piano banchina e mezzanino di distribuzione.
Particolare attenzione è stata posta al rapporto con l’esterno e all’utilizzo della luce naturale. Ogni stazione declina in maniera differente il tema dell’uscita in relazione alle singole condizioni di contesto: la stazione di Brin è stata concepita come un volume di vetro sospeso nel tessuto urbano preesistente; il terreno modellato “a cratere”, con la formazione di un piano inclinato verde, penetra al livello della banchina nella stazione Di Negro accentuando la diffusione della luce naturale e rafforzando il rapporto con l’esterno; l’ascesa, infine, dal piano banchina alla quota della città diviene occasione, nella stazione di San Giorgio, per la riscoperta e la rilettura delle tracce dimenticate della storia urbana: il fronte policromo dell’omonimo palazzo è proposto dal progettista come quinta scenica del sistema di risalita meccanizzato che, prima di raggiungere la quota della città contemporanea, definisce una piccola piazza ribassata posta alla quota dei moli medioevali riscoperti nelle fasi di scavo.
Marco Camplani
professore a contratto, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Nuova rete di Buenos Aires. Opportunità di sviluppo sostenibile
Nel corso della sua storia, la città di Buenos Aires ha avuto tre tipi di processi di crescita: uno di espansione, che implica la realizzazione di strade urbane e la trasformazione del paesaggio rurale in urbano attraverso la lottizzazione; un secondo processo di consolidamento, che si concretizza quando tutti i lotti di un settore sono dotati di infrastrutture fondamentali; e finalmente un processo di densificazione del tessuto urbano. Quest’ultimo è strettamente collegato alla presenza del trasporto pubblico di massa e, particolarmente, alla rete della metropolitana. Nella città di Buenos Aires le cinque linee della metropolitana, inaugurate fra 1911 e 1944, definiscono i principali “corredores urbanos”, che sono aree di centralità dove si concentrano linearmente le maggiori densità residenziale e commerciale. Negli ultimi anni è sorta, nell’ambito della pianificazione urbana, la concezione che sostiene come la città compatta e complessa sia il modello migliore di sviluppo a fronte del problema della sostenibilità urbana. Tra i vantaggi citati in articoli recenti, possiamo menzionare una minore dipendenza dall’auto, basse emissioni, ridotto consumo di energia, miglioramento del trasporto pubblico, incremento dell’accessibilità, l’utilizzo d’infrastrutture preesistenti e di aree precedentemente urbanizzate, il recupero e il rinnovamento delle aree verdi esistenti, la vitalità urbana ed un’alta qualità di vita. L’idea del recupero e lo sviluppo di spazi urbani già consolidati e densamente abitati hanno dato luogo alla nascita di un quarto processo denominato intensificazione urbana.
Questo nuovo processo provoca la generazione di nuove e maggiori attività basandosi sul mescolanza d’usi residenziali, commerciali, produttivi e servizi. Tende anche a ricuperare i lotti vacanti ed al ri-design dello spazio pubblico (strade, marciapiedi, piazze). E’a partire dalla diversità di usi che un’area con queste caratteristiche ha la capacita di generare una nuova centralità. E´ a partire dalla cura nel design della forma urbana che un’area acquisisce carattere ed identità, riuscendo a riempire di significato lo spazio urbano.
Le stazioni della metropolitana sono fondamentali per lo sviluppo di politiche d’intensificazione urbana. In tanti casi danno il nome a tutto un quartiere ed è intorno a loro che si trovano generalmente le aree commerciali. Anche loro garantiscono l’accessibilità a tutta la città attraverso la rete.
Nella città di Buenos Aires attualmente si sta sviluppando il progetto più ambizioso di estensione della rete della metropolitana a partire dal tracciato della prima linea A nel 1912. Consiste nella realizzazione di 45,7 Km di binario, raddoppiando la rete attuale, e aggiungendo quattro nuove linee. Lo sviluppo dell’opera richiederà un’enorme inversione che, se fosse indirizzata a generare processi d’intensificazione urbana in alcuni punti del tessuto urbano, potrebbe rinnovare le dinamiche della città. Per questo sarà fondamentale che sia proposto un nuovo design dello spazio pubblico anche attraverso la costruzione di strumenti di gestione che possano governare questi fenomeni. In caso contrario, sarà una opportunità persa per lo sviluppo sostenibile della città.
Gabriel Lanfranchi
ricercatore presso l’Istituto Superior de Urbanismo, Universitad de Buenos Aires

Underground. Reti, stazioni e suoli urbani – foto 6, 7, 8
Nel 1863 una nuova infrastruttura sta per debuttare sull’affollata scena della città moderna, divenendone da quel momento, formidabile protagonista: la metropolitana.
L’inaugurazione della stazione londinese di Baker Street (in seguito nota come la stazione di S.Holmes) segna il debutto della nuova infrastruttura nella modernità urbana. A documentare l’evento le illustrazioni ingiallite che raffigurando banchine fumose, gallerie di sfiato e treni a carbone, testimoniano l’iniziale derivazione ferroviaria del nuovo mezzo di trasporto che solo in seguito si affermerà con mezzi tecnici e caratteri rappresentativi propri. Siamo di fronte ad un evento storico per la struttura urbana, già da decenni in rapida trasformazione. Da quel momento la città troverà nella metropolitana un’altra forma e nel sottosuolo un altro spazio disponibile ad essere colonizzato ed abitato, secondo le anticipazioni visionarie di ingegneri e scrittori.
Nella metropolitana la città trova una nuova organizzazione formale, divenendone, in accordo con la metafora sistemica dell’epoca, diagramma funzionale.
La città reale e quella della percorrenza sotterranea, appena nata, concettualmente e spazialmente, subito, si separano, prefigurando nuove organizzazioni formali che troveranno compimento nella nostra contemporaneità.
Tra la città sotterranea della percorrenza e quella superiore, unici punti di contatto rimangono gli episodi essenziali (gli elementi principali della città: monumenti, stazioni, porte, mercati, ecc) mentre, dalla nuova forma della percorrenza sotterranea sparisce il tessuto connettivo tra le parti, la geografia, l’orografia, ossia, ciò che da sempre rappresenta la struttura costitutiva della città. Così, già nella prima mappa della metropolitana di Londra, la città (così come fino ad ora è stata intesa: un corpo unico, una struttura compatta) non c’è più, al suo posto un diagramma (metafora anticipatrice della città contemporanea) composto da condotti per lo scorrimento rapido contrassegnati da numeri, colori e sigle che collegano episodi puntuali selezionati.
Una forma che, contemporaneamente, diventerà esperienza spaziale inedita per i suoi viaggiatori, proiettati da un punto all’altro della città senza più doverne attraversare la struttura connettiva.
Un nuovo paesaggio urbano “intermittente” si compone, in tal modo, nella mente del “moderno” viaggiatore che dalla profondità del sottosuolo ad intervalli differenziati emerge attraverso varchi profondi nel terreno, delegati a mettere in contatto non solo le due città ma luoghi, tempi e spazi differenti.
Anche la distanza tra i piani della città e della metropolitana si relativizza, diventando una variabile rispetto alla tecnica di costruzione. Al sistema a galleria circolare scavato in profondità (Parigi, Londra) che allontana e separa definitivamente i due suoli, specializzandoli, si contrappone il sistema di costruzione a cielo aperto (New York, Milano, Monaco, ecc) che riavvicinando i piani ambisce alla costruzione di una città per strati.
La stazione, luogo di contatto privilegiato tra i suoli delle due città, assume caratteri alquanto differenziati, vero e proprio edificio tra gli edifici, nel caso di Londra, essa si attribuisce caratteri tipologici propri e diviene architettura civile, nodo urbano riconoscibile, elemento tecnologicamente espresso attraverso i valori simbolici propri della macchina. Altrove, come a Parigi, è, invece la riconoscibilità grafica unitaria a contrassegnare quel particolare varco nel suolo, dal quale emergono inaspettate forme naturali appartenenti ad un misterioso modo ipogeo.
Questi due archetipi, ripropongono l’alternanza nella storia tra la matrice organica e la matrice meccanica, con loro si dipana una lunga serie di interpretazioni del tema, a cui si possono ricondurre anche i casi, qui presentati.
Massimo Tadi
professore in Composizione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 39, maggio 2004

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