Le pietre dell’architettura

Le pietre naturali rappresentano una presenza costante nell’architettura. L’uso dei materiali lapidei nelle costruzioni è, per lungo tempo, stato prerogativa esclusiva di opere di particolare rilievo e importanza, realizzate per durare nel tempo come, ad esempio, chiese o edifici pubblici.
Le pietre naturali comunemente impiegate in edilizia sono ricavate per estrazione dai diversi tipi di roccia esistenti a viarie profondità nella crosta terrestre. Esiste, al proposito, un legame indissolubile e preciso tra zona di appartenenza dell’edificio e materiale lapideo impiegato. Il materiale lapideo prevalentemente disponibile in loco, infatti, ha influenzato in maniera determinante tipologie costruttive e linguaggi formali in più di una fase storica. Ciò deriva dal fatto che la distribuzione dei materiali litoidi superficiali non è omogenea e le zone della superficie sono caratterizzate da composizioni differenziate del suolo con presenza di specie lapidee specifiche.
Lo sviluppo dell’impiego dei materiali lapidei come paramenti non strutturali è stato accompagnato dall’evoluzione delle tecniche di lavorazione in strato settile, anche in abbinamento a materiali di supporto di natura diversa.

Classificazione merceologica
Già in epoca romana veniva proposta una prima, grande classificazioni delle pietre, suddivise in due principali gruppi:
lapides, pietre di scarso pregio e non lucidabili;
marmora, materiali lucidabili ornamentali.
La trattatistica propone un’ampia serie di classificazioni delle pietre naturali, realizzate in funzione delle priorità assegnate ai diversi parametri identificativi. Tratto comune rimane, comunque, l’assunzione, come elemento contraddistintivo, dell’aspetto estetico della pietra identificandola in base alle sue caratteristiche cromatiche, alla lucidabilità, alla morfologia. Le classificazioni recepite nei trattati di architettura, dunque, si fondano sulla messa a sistema di parametri visivi del materiale e, in particolare, dell’omogeneità delle superfici, della presenza di venature, diaclasi, imperfezioni, colore, ecc.
Al contrario la classificazione scientifica fa riferimento alle origini geologiche della pietra, distinguendo le rocce in endogene, esogene e metamorfiche in relazione alle modalità costruttive, all’ambiente in cui la fase formativa si è verificata e agli eventuali processi subiti dalle rocce orginarie.

La classificazione commerciale in campo edile, invece, si rapporta alla codificazione della norma UNI 8458 relativa alla terminologia e classificazione dei materiali lapidei che individua quattro classi di materiali lapidei.
marmi: rocce lucidabili di agevole lavorabilità e durezza media, intorno al 3-4 della scala di Mohs. Si tratta di materiali impiegati prevalentemente a fini decorativi e proprio per questo le caratteristiche morfologiche assumono particolare rilevanza. Vengono, al proposito, valutate attentamente le differenze cromatiche, di tessitura, sbrecciatura e venatura, oltre alle eventuali imperfezioni presenti nel materiale d’origine. Le caratteristiche di compattezza, basso assorbimento rendono i marmi metamorfici adatti anche ad applicazioni in esterno. Vanno però valutate le caratteristiche prestazionali, in genere inferiori a quelle dei graniti, e la non elevata resistenza all’usura;
graniti: rocce lucidabili più resistenti meccanicamente e dal caratteristico aspetto granulare, a struttura compatta, caratterizzate da durezza elevata dell’ordine del 6-7 della scala di Mohs. Per le ottime prestazioni sono adatti ad applicazioni in esterni per pavimentazioni e rivestimenti; grazie alla loro struttura compatta e resistente sono in grado di resistere efficacemente all’azione degli agenti atmosferici, all’inquinamento e a sollecitazioni anche intense;
pietre non lucidabili: lapidei di origine geologica a caratteristiche variegate, duri o teneri, di differenti cromatismi e caratteristiche prestazionali. In base alla consistenza vengono comunemente suddivise in tenere e dure. Tra le rocce tenere di più comune uso troviamo quelle a legante calcareo, i tufi e le arenarie, tutte caratterizzate da buona lavorabilità e curabilità non elevata. Le rocce dure, invece, comprendono trachiti, porfidi, basalti, quarziti, ardesie, gneiss;
travertini: pietre di origine sedimentaria, tenere e porose facilmente lavorabili, ricomposte per deposito chimico con legante calcareo, di colore chiaro tendente alla tonalità ocra. L’elevata presenza di vacuità è dovuta alla decomposizione dei componenti organici fossilizzati interclusi, animali o vegetali, che ne testimoniano l’origine lacustre. Le caratteristiche che gli sono proprie rendono il travertino un materiale di agevole impiego. Pur avendo proprietà meccaniche limitate e struttura porosa, è sufficientemente resistente e durevole per l’utilizzazione edile, purchè in spessori adatti. Appena estratto, a causa del forte contenuto di acqua di cava, ha struttura tenera e quasi spugnosa, che acquista successivamente maggiore compattezza. Alcune tipologie sono lucidabili.
L’appartenenza a questi raggruppamenti, classificati in relazione alla durezza del materiale, viene estesa a tutte le famiglie morfologiche anche se ricadenti in tipologie litoidi differenziate dal punto di vista geologico e delle caratteristiche prestazionali.

Prestazioni
Conoscere le caratteristiche di un materiale lapideo è di fondamentale importanza per verificarne l’effettiva attitudine ad un suo positivo impiego in campo edile. Generalmente esistono delle relazioni biunivoche tra i fattori caratterizzanti la natura geologica della pietra e le relative caratteristiche prestazionali. I processi di lavorazione, del resto, non ne modificano in modo sostanziale le prestazioni.

Specifiche categorie di rocce hanno caratteristiche tendenzialmente uniformi:
rocce di origine endogena: a struttura amorfa o cristallina. Si tratta di materiali particolarmente adatti ad un impiego a fini costruttivi anche in ambienti aggressivi. Si caratterizzano per le elevate proprietà meccaniche, resistenza all’usura, durezza, stabilità chimica e durabilità. Porfidi e graniti, in particolare, eccellono sul piano della resistenza;
rocce di origine sedimentaria: materiali dalla struttura porosa a dalle prestazioni inferiori rispetto alla categoria precedentemente descritta. Meno durevoli e resistenti, sono, però, facilmente lavorabili ed hanno un campo di applicazione particolarmente ampio. Appartengono e questo gruppo le arenarie e i travertini;
rocce di origine metamorfica: hanno struttura compatto e poco porosa, con caratteristiche intermedie rispetto ai due gruppi precedenti. Appartengono a questo gruppo i marmi.
Considerazioni di carattere prestazionale e morfologico debbono essere alla base della scelta di un materiale lapideo a fini costruttivi.
Tra i parametri di riferimento ricordiamo le caratteristiche meccaniche, la resistenza agli agenti atmosferici, ai cicli di gelo e disgelo, l’impermeabilità. Altri fattore di primaria importanza sono la lavorabilità, la resistenza all’usura, la compattezza, la durevolezza, la scarsa propensione allo sfaldamento.

Lavorazioni secondarie
Una volta estratto, il materiale, ridotto in lastre, viene sottoposto ad ulteriori lavorazioni per mezzo di macchine operatrici. Al costante perfezionamento delle macchine per la lavorazione della pietra si è affiancato un progressivo incremento di richieste di lavorazioni di tipo “rustico”, un tempo effettuate esclusivamente con metodiche artigianali ed oggi quasi del tutto automatizzate.
La meccanizzazione del settore ha interessato i trattamenti superficiali maggiormente richiesti dal mercato e ottenuti per mezzo di macchine operatrici come sabbiatrici, fiammatrici, bocciardatrici e layeuses per gradinatura parallela a bocciardatura.
L’intervento del progettista si focalizza proprio sulla scelta del tipo di lavorazione superficiale più idonea per ottenere le caratteristiche estetiche ricercate. Si tratta di trattamenti, sempre applicati a superficie grezza, che vanno dalla levigatura e lucidatura a tutte le lavorazioni ottenute per mezzo delle gradazioni di punte, martelline, scalpelli, bocciarde, ecc.
Quasi ad ognuna delle fasi di lavorazione corrisponde un diverso risultato estetico, in funzione della luce e dei colori che assumono toni diversi a seconda del colore di base del materiale e del tipo di trattamento superficiale subito. Non va dimenticato che alcune lavorazioni influenzano le prestazionali del prodotto, come la resistenza meccanica, agli agenti atmosferici, l’isolamento acustico.

Le lavorazioni più diffuse
levigatura: smorza e alleggerisce il colore del materiale conferendogli un aspetto opaco e una superficie liscia e piana detta a “pelle d’uovo”. La lastra, che rimane opaca, viene utilizzata per rivestimenti interni soprattutto se sottoposti a traffico intenso dove il materiale lucido perderebbe brillantezza in breve tempo.
lucidatura: consente di ottenere superfici con un alto grado di planarità. La lavorazione esalta il colore del materiale portandolo al massimo dell’intensità e della lucentezza, inoltre lo rende più resistente nei confronti degli agenti atmosferici poiché l’azione lucidante chiude molti dei pori del materiale. Acquistano maggiore lucentezza i materiali lapidei duri e semiduri come i marmi, i calcari compatti, gli alabastri calcarei e i travertini poco vacuolari. Non sono lucidabili le arenarie, i tufi e tutti i calcari teneri;
bocciardatura: conferisce superficie ruvida e colorazione molto simile al materiale naturale grezzo. Su alcune pietre la bocciardatura consente di esaltare la brillantezza dei cristalli. La lavorazione può essere eseguita in diverse varietà di incisioni, a grana grossa e fine, passando per tutti i gradi di finitura intermedi. La superficie finale è antisdrucciolo, caratteristica che rende i materiali sottoposti a bocciardatura idonei per la realizzazioni di pavimentazioni esterne;
sabbiatura: tramite incisione superficiale consente di realizzare scritte e incisioni per mezzo di getti di sabbia silicea sotto pressione. Calibrando l’intensità del getto la sabbiatura può essere impiegata anche per operazioni di pulizia su materiali lapidei di tipo storico o da tempo in opera;
fiammatura: trattamento che rende la superficie del materiale scabrosa ma con aspetto “morbido” e uniforme, più stabile dal punto di vista chimico e meccanico. Il colore è, in questo caso, uniforme e vellutato. Non tutte le rocce, però, sono in grado di sopportare le alte temperature che la lavorazione richiede. Proprio il forte calore produce una vera e propria fusione e vetrificazione superficiale dei silicati contenuti nella maggior parte delle rocce eruttive. L’effetto ricoprente del film vetroso di superficie protegge il manufatto dagli attacchi degli agenti atmosferici e inquinanti.

Lavorazione dei bordi
Tutte le lavorazioni effettuate lungo il perimetro delle lastre sono effettuate al fine della realizzazione delle connessioni verticali – sia sul piano che d’angolo – e orizzontali d’angolo.

Connessioni verticali sul piano: limbellatura (realizzazione di un battente da 10 a 20 mm a metà spessore della lastra), bisellatura (smussatura da 8 a 12 mm sul perimetro della lastra), arrotondamento dei cigli (semplice lavorazione degli spigoli vivi).
Connessioni verticali d’angolo: a spigolo dritto (accostamento di costa con bordi tagliati a 90°), a spigolo smussato (simile al precedente ma con smussatura dello spigolo da 8 a 12 mm), a battuta con limbello, a finto limbello, a mitria, a mitria con limbello.
Connessioni orizzontali d’angolo: interessano, in particolare, i diversi tipi di lavorazione di bordo delle scale e di tutti gli elementi che richiedono connessioni d’angolo orizzontale. Tra le lavorazioni più usate ricordiamo quelle ad angolo smussato, a becco di civetta, a toro, a costa inclinata a sottoquadro.

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