Le grandi piattaforme aeroportuali europee

Hubs. Il cielo sopra l’Europa
Tra le diverse modalità di trasporto che contraddistinguono la nostra contemporaneità, il trasporto aereo è quello che, negli ultimi trent’anni, oltre ad ottenere la maggiore percentuale di crescita in termini quantitativi, più di ogni altro, ha partecipato a modificare le nostre abitudini di vita, assegnando a termini stabilizzati quali, “prossimità”, “località” e “distanza” nuovi significati densi di conseguenze per l’organizzazione dello spazio insediativo contemporaneo ed il suo uso.
Nel solo comparto passeggeri il volume di traffico (espresso in termini di passeggero/km) a partire dagli anni ’80, è aumentato annualmente di circa il 7,4%, mentre, per il periodo compreso tra il 1990 ed il 2010, le previsioni indicano che la quota del trasporto passeggeri aumenterà, ulteriormente, dall’attuale 4% all’8%. Circa 25.000 aerei incrociano, ogni giorno nei cieli europei, muovendosi secondo un modello organizzativo assimilabile ad una “rete a stella” (noto anche con il nome di “hubs and spoke”) secondo il quale, un certo numero di voli vengono fatti atterrare in un determinato aeroporto in uno stesso lasso di tempo, in modo da ridurre al minimo i tempi di corrispondenza.
Se questo modello organizzativo (che contempla la sostituzione dei voli diretti con i voli indiretti) ha permesso alle compagnie aeree di ridurre la taglia media degli aerei e aumentare la propria operatività, dall’altro, ha richiesto la concentrazione in grandi aeroporti sviluppati come nodi centrali per le attività internazionali di ogni compagnia. Sono di conseguenza nati i grandi Hubs internazionali, immensi centri di smistamento che raccolgono un bacino di traffico, entro la media distanza, per ridistribuirlo verso le destinazioni a lunga percorrenza (si consideri a tal riguardo che un’aerostazione può definirsi hub quando i suoi passeggeri in transito coprono almeno il 45% del traffico complessivo).
Molte delle maggiori città europee (tra queste Amsterdam, Madrid, Parigi, Londra, Francoforte, ma anche Milano) hanno così dato vita ad una feroce competizione internazionale (ancora in corso) per affermare i propri aeroporti quali hubs internazionali entro un ambito continentale estremamente selettivo, dotandosi per questo scopo di imponenti infrastrutture a supporto e operando massicci investimenti finanziari. In alcuni casi (si veda, a tal proposito, Schipol e il futuro aeroporto Barajas di Madrid) questa grande infrastruttura ha ridefinito, o diventerà l’occasione per ridefinire un più esteso sistema di relazioni territoriali, stabilendo un preciso ed attento rapporto con la struttura insediativa, della quale l’Hub diverrà un nodo generatore fondamentale ed un elemento qualitativo. In altri (è rivelatore il caso di Malpensa) l’esclusiva ottica prestazionale ed una visione settoriale delle infrastrutture (purtroppo ancora prevalente nel nostro paese) non hanno consentito di cogliere appieno le potenzialità trasformative per la struttura insediativa estesa (e, a tutt’oggi, l’aeroporto rimane una dotazione del tutto estranea al territorio nel quale è inserito e contrastata dalle municipalità e dagli abitanti della zona). In entrambi i casi, pur nelle notevolissime differenze qualitative, si tratta, comunque, di nuovi tipi architettonici complessi e multiscalari, capaci di aggregare intorno a sé funzioni articolate e avanzate.
All’interno di queste infrastrutture, punti d’incontro di reti ferroviarie ad alta velocità, di strade a scorrimento veloce e terminali di linee del trasporto urbano, i passeggeri in transito, si muovono velocemente, spostandosi dalla zona arrivi all’imbarco successivo, sostando in spazi commerciali, gallerie pubbliche, ristoranti e sale per il riposo, in parchi tematici e operando salti di scala, resi possibili dal contemporaneo utilizzo delle diverse modalità del trasporto che qui si integrano.
L’Hub, infatti, oltre a rideterminare, le scale ed i tempi della percorrenza, riconfigurando il sistema delle infrastrutture per la mobilità, ha introdotto un elemento architettonico innovativo all’interno del catalogo delle tipologie architettoniche tradizionali. Esso rappresenta, da un lato, il più grande interno pubblico mai definito dall’uomo (spesso maggiore nelle dimensioni di una qualsiasi città media) e dall’altro, costituisce il massimo sforzo tecnologico, mai profuso nella costruzione di uno spazio regolamentato. E’ interessante notare che, mentre l’Hubs può essere considerato una sorta di archetipo della città dispersa globalizzata, contemporaneamente, esso tende a sostituire la città stessa producendo una nuova forma di aggregazione e concentrazione. Hotel, ristoranti, centri congressi e commerciali, spostandosi dal centro urbano, vi ritrovano un nuovo livello di concentrazione. Così nei paesaggi insediativi della contemporaneità, il rapporto di dominanza tra i due centri (quello urbano e quello aeroportuale) sembra rovesciarsi a favore del secondo. Molto difficilmente l’Europa vedrà aggiungersi, nel prossimo futuro, nuovi Hubs a quelli già esistenti (i programmi comunitari ne prevedono un assoluto contenimento), ma per molti di questi grandi condensatori di funzioni e di attività (metafora della città contemporanea) il difficile rapporto con un territorio molto spesso troppo stretto, appare ancora tutto da indagare.
Massimo Tadi
professore in Composizione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Un Hub per il nord Italia. Malpensa
L’aeroporto di Malpensa si trova sull’importante direttrice del Sempione, stretto tra i confini del Parco del Ticino e una corona urbana composta dagli undici comuni limitrofi, propaggini remote dello sprawl urbano milanese. Il complesso occupa un area di circa 1200 ettari con due piste parallele di circa 4 km, due terminal, due aree cargo più la nuova Cargocity, in fase di sviluppo. Il nuovo terminal 1, in fase di completamento con la prossima realizzazione dell’ultimo terzo, è il vero cuore della piattaforma aeroportuale. L’edificio si sviluppa su ben 5 livelli, le partenze avvengono al piano superiore accessibile direttamente da un viadotto.
La stazione ferroviaria e il parcheggio multipiano, disposti su livelli differenti, sono messi in comunicazione con la zona chek-in attraverso collegamenti preferenziali. Dalla sala di registrazione si accede ad un piano ammezzato, destinato al commercio oltrepassato il quale si entra nei satelliti, collegati direttamente agli aerei mediante loading-bridge.
Gli arrivi sono a quota 0, mentre il quarto e quinto livello sono sotterranei e dedicati allo smistamento bagagli e all’impiantistica. Progettato per coprire un traffico massimo stimato in 12 milioni di passeggeri annui, con la struttura odierna ancora da terminare, si sono raggiunti 18 milioni di passeggeri ai quali vanno aggiunti i 3 milioni assorbiti dal vecchio terminal, per un volume totale di 21 milioni annui. Numeri già notevoli che nascondono potenzialità ancora più elevate. Il bacino di utenza dello scalo è la terza area europea per produzione di ricchezza e quindi per generazione di traffico. Si stimano per l’area milanese 16 milioni di passeggeri in partenza, ovvero 32 milioni complessivi, senza contare quelli in transito. Previsioni che permetterebbero allo scalo lombardo di superare molti dei concorrenti europei, che oggi primeggiano in virtù di una migliore efficienza complessiva. Il raggiungimento del massimo grado di competitività si sviluppa secondo la SEA (ente di gestione dello scalo), attraverso differenti livelli. Un primo livello tecnico-infrastrutturale che investe il miglioramento delle infrastrutture stradali e ferroviarie oltre alla possibilità di realizzare una terza pista. Un secondo livello di tipo politico, che affronta in maniera dialettica il rapporto conflittuale con il sistema territoriale e stabilizza le scelte strategiche Alitalia. Un ultimo livello che investe direttamente la sfera della progettazione architettonica perseguendo l’accrescimento della complessità funzionale con la realizzazione di hotel, centri congressi, centro commerciale integrato al terminal stesso. Un obiettivo ambizioso teso alla definizione di un nuovo complesso che introietti in un unico grande impianto, molte delle funzioni urbane.
Massimo Boffino
dottorando in Progettazione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione

Polo d’eccellenza. Roissy Charles De Gaulle
L’aeroporto di Roissy Charles de Gaulle, piattaforma aeroportuale parigina nata alla fine degli ’70, rappresenta la terza struttura mondiale in termini di superficie e ha assunto un ruolo centrale all’interno della mappa strategica della rete aeroportuale europea.
Il successo di tale piattaforma va ricercato in primo luogo nella lungimirante politica gestionale che ha saputo trasformare una grande struttura situata all’interno della regione parigina senza particolare consenso ne integrazione in una struttura capace di crescere e di modificarsi.
Si possono individuare due scelte strategiche principali nella politica gestionale degli ultimi anni: la prima e più scontata è l’integrazione con il territorio circostante; la seconda, più complessa da realizzare, è la conversione della struttura in un HUB. Tale concetto, che spesso assume una connotazione di slogan, ha diversamente avuto un impatto reale nello sviluppo della piattaforma aeroportuale parigina attraverso la ricerca di un ottimizzazione del suo funzionamento (sviluppo delle infrastrutture, delle piste e della concezione stessa del terminale) oltre all’introduzione del concetto di intermodalità (intesa come massima offerta possibile di mobilità).
Fin dagli anni ’80 la politica di sviluppo aeroportuale si è spinta verso l’integrazione con la rete ferroviaria realizzando all’interno dell’aeroporto stesso una stazione della rete ad alta velocità che è andata assumendo negli anni un ruolo via via più rilevante fino alla situazione attuale che vede oramai normale per un passeggero in partenza da Roissy per Londra la possibilità di scelta tra aereo e treno.
Parallelamente lo sviluppo dell’aeroporto ha rafforzato i legami con il territorio regionale parigino. I documenti di inquadramento delle politiche urbanistiche regionali inseriscono l’aeroporto di Roissy tra i cinque “Poli di eccellenza” strutturanti la Regione di Parigi al fianco di Parigi stessa, della Defense, di Massy e di Marne la Valee. Poli interconnessi dalla rete RER, TGV, dalle reti autostradali e dalle altre reti di comunicazione. Lo sviluppo delle infrastrutture, delle piste e dei terminali è oggetto di pianificazione continua.
Tre Masterplan sono stati prodotti a partire dalla prima ideazione negli anni ’60. Allo stato attuale del suo sviluppo la piattaforma aeroportuale è costituita da due terminal più un terzo già progettato ma la cui realizzazione è vincolata all’incremento dell’attuale soglia massima di 55 milioni di passeggeri/anno.
Quattro piste, due a nord e due a sud, sono connesse ai Terminal da un innovativo sistema di circolazione che ha permesso di aumentare la capacità e la velocità del movimento al suolo degli aeromobili, principale causa di ritardo e disfunzioni.
Marco Camplani
professore a contratto, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Concetto urbano. Schiphol
L’aeroporto internazionale di Amsterdam-Schiphol rappresenta oggi uno dei quattro maggiori aeroporti europei. Situato all’interno di una regione centrale del contesto continentale e quindi strategica da un punto di vista logistico, limitrofo alle maggiori infrastrutture del nord Europa (Eurotunnel, porto di Rotterdam, trasversali ferroviarie Est-Ovest ecc.), ha conosciuto negli ultimi anni un’espansione senza precedenti, triplicando la propria capacità operativa nell’ultimo quindicennio. Tale incremento è stato assorbito ampliando il terminal già esistente, costruito tra il 1961 e il 1967 da M.F. Duintjer con F.C. De Weger e NACO.
Il terminal si propone come un condesatore di polarità, assumendo in tal modo un ruolo di scambiatore tra la grande scala a cui opera un Hub internazionale e la scala locale di aeroporto della città di Amsterdam.
Il progetto, redatto dal gruppo di lavoro Benthem Crouwel-NACO, si è sviluppato tra il 1991 e il 1995, e ha visto il mantenimento della struttura esistente “stratificata” con una serie di giustapposizioni che vanno dalla costruzione dell’ingresso principale (Schiphol Plaza) al Gate G (1993) sino al completamento dei Gates D (1998), B e E (1999). Tra questi interventi si è collocata l’edificazione della stazione ferroviaria (1995). Quest’ultimo non rappresenta solo il vero nodo di scambio tra le scale qui operanti, ma rientra all’interno di un programma strategicico che coinvolge l’intera città di Amsterdam: la realizzazione della ferrovia metropolitana Nord-Sud. Tale linea collega Purmerend a Nord con Schiphol a Sud, divenendo in tal modo l’asse portante di tale direttrice e affiancandosi alle autostrade (A4 e A9) che già cingevano l’aeroporto. L’ampliamento in atto prevede quindi la costruzione di hotels, bar, ristoranti, centri commerciali, parcheggi multipiano e un vero e proprio “centro direzionale”, tanto che a regime vi saranno occupati 75.000 lavoratori. L’obiettivo di Schiphol è quello di comporre un concetto urbano senza una città storica, attraverso una straticazione contemporanea, fatta di continue interazioni a scale differenti.
Daniele Vanotti
cultore della materia, Dipartimento di Architettura e Pianificazione

Sistema multipolare. Heatrhow
È difficile scrutare il cielo sopra Londra senza che lo sguardo incontri la scia di almeno un aeroplano. Nulla di straordinario se si riconosce la megalopoli inglese come una delle capitali mondiali in senso assoluto e quindi necessariamente dotata di un sistema aeroportuale estremamente articolato; derivato dalla riconversione dei numerosi basi dell’aviazione militare retaggio del sistema difensivo sviluppatosi durante la seconda guerra mondiale. La scelta programmatica deriva anche da una volontà di sviluppo del business legato allo sviluppo del traffico aereo oltre che da una condizione geografica particolare che solo con l’apertura dell’Eurotunnel ha permesso di connettere in maniera fattiva il Regno Unito al sistema dell’alta velocità ferroviaria, che nell’Europa continentale è ormai concorrenziale all’aero sulla media distanza. Sono ben cinque gli aeroporti che gravitano, nel raggio di circa 40 Km, intorno alla corono urbana londinese, tutti ben collegati al cuore della città. Stansted e Luton, situati a Nord, sono specializzati in voli charter, il primo ospita compagnie low-cost mentre il secondo i voli dei tour operator legati al turismo che gravita intorno alla città. Il London City Airport è invece nella zona dei Docklands, i prossimità della City e quindi dedicato all’aviazione civile, con propensione ai voli privati degli uomini d’affari.
Gatwick, nella zona sud a 40 km dal centro, è il secondo sito per volume di traffico e gestisce alcune compagnie di bandiera che non volano sull’aeroporto principale. La punta di diamante del sistema è Heatrhow che con i suoi quattro terminale gestisce un traffico annuo di oltre 60 milioni di passeggeri generando 68.000 posti di lavoro diretti e 250.000 indotti, producendo un volume economico di oltre 5 bilioni di sterline. La piattaforma è connessa alla città da un treno veloce e dalla metropolitana che servono tutti e quattro i terminal.
Un sistema anulare di strade definisce i confini del sito e si relazione al sistema viabilistico che comprende principalmente due autostrade, la M4 a nord e la M25 a Ovest, oltre a due strade a grande scorrimento, la A4 ancora a nord e la A30 a sud-est a completare una maglia complessa e diversificata.
Questo efficiente sistema infrastrutturale, ancora capace di sostenere aumenti del volume di traffico, ha permesso al governo inglese di approvare nel 2001 la costruzione del quinto terminal che permetterà a Heatrhow di ribadire la sua leadership come principale Hubs europeo.
Massimo Boffino
dottorando in Progettazione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione

La porta per il Sudamerica. Barajas
Negli ultimi dieci anni i trasporti aerei hanno subito, in tutto il mondo, un incremento di notevole entità. Uno degli aeroporti maggiormente coinvolti dall’incredibile aumento dei flussi è stato l’aeroporto internazionale di Madrid-Barajas, che ha visto crescere il numero di passeggeri annui, da 24 milioni nel 1997 ad oltre 34 milioni nel 2001; con previsioni per il futuro che si avvicinano ai 70 milioni di passeggeri annui.
Da questa formidabili possibilità di espansione trasse origine e ispirazione il Piano Barajas, una pianificazione globale delle strutture aeroportuali che comprendesse, oltre alla Nuova Area Terminal (NAT), tre nuove piste ed una complessa e funzionale connessione alla rete dei trasporti pubblici, locali, regionali nazionali ed internazionali.
Nel 1997 il concorso internazionale promosso da “AENA” per la progettazione del nuovo terminal, condusse alla scelta della proposta presentata dal raggruppamento di due studi di architettura: lo spagnolo Estudio Lamela ed il britannico Richard Rogers Partnership, e due studi di ingegneria: lo spagnolo Initec ed il britannico TPS. Il nuovo Terminal, la cui costruzione è iniziata nel 2000, si sviluppa in tre ampi volumi paralleli, separati da lunghi spazi aperti di forma rettangolare che permettono l’utilizzo dell´illuminazione naturale, una corretta ventilazione ed il passaggio della vegetazione fino all’interno del Terminal. Si configurano come grandi atri attraverso i quali l´edificio si relaziona con l’ambiente esterno, nel quadro di una strategia ecologica globale; illuminazione naturale, trasparenza, utilizzo delle energie alternative e riduzione del consumo energetico, si pongono come elementi rilevanti dell’intero progetto.
Elemento imprescindibile per la configurazione di un “Hub” è la struttura connettiva che consente al terminal aeroportuale di interfacciarsi con le diverse reti infrastrutturali presenti nel territorio.
Nel caso del progetto Madrid-Barajas, è stata definita una efficiente rete di relazioni a scala territoriale che consente l’interscambio dei flussi passeggeri, da una rete all’altra, in maniera efficace e veloce:
– la connessione alla rete su gomma avviene attraverso le arterie stradali M-40, N-II, A-10 e M-11, quest’ultima, che collega Barajas con Paracuellos del Jerama, è caratterizzata da un attraversamento interrato la cui sezione è stata ampliata durante i lavori per il nuovo terminal;
– la connessione alla rete ferroviaria regionale avviene tramite la metropolitana, infatti il completamento della linea 8, inaugurato nel 2002, che collega direttamente, in soli 12 minuti, l’aeroporto di Madrid-Barajas con la centrale stazione della metropolitana di Nuevos Ministerios, consente l’interscambio con la rete ferroviaria e con le altre linee metropolitane urbane; – la connessione alla rete ferroviaria dell’alta velocità (AVE), avviene anch’essa attraverso l’interscambio con la rete metropolitana, che permette di raggiungere, in meno di trenta minuti, la stazione ferroviaria di Atocha dove transitano i treni ad alta velocità diretti a Cordoba e Siviglia.
Il Piano Barajas prevede che l’aumento delle strutture e della conseguente capacità ricettiva e gestionale dell’aeroporto internazionale, consentirà in breve tempo di gestire un traffico di circa 70 milioni di passeggeri annui e di definire il ruolo dell’Hub Madrid-Barajas a quello di porta Atlantica dell’Europa.
Franck Nolesini
professore a contratto, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Ingegneria

Il sistema aeroportuale nella città diffusa lombarda
L’attuale stato del sistema aeroportuale lombardo e della sua relazione con il supporto territoriale diffusivo del quale esso rappresenta un significativo apparato tecnologico, è caratterizzato da un curioso insieme di potenzialità inespresse, possibilità di sviluppo e carenze infrastrutturali che, probabilmente, non ha pari nell’ambito dell’Unione Europea. Nell’ambito della Regione Lombardia sono presenti ben quattro aeroporti: Malpensa, Linate, Orio al Serio e Montichiari, senza contare il vicino aeroporto del Garda di Verona Villafranca. Malpensa, già aeroporto intercontinentale di supporto a Milano-Linate, è stato a suo tempo prescelto come hub italiano, o almeno hub del Nord Italia, non consentendo la conformazione geografica allungata del nostro paese una veloce connessione con l’hub di Roma-Fiumicino. Questa scelta è stata, come è noto, variamente e vanamente contrastata per motivi paesaggistici ed ambientali ed è tuttora mal sopportata dalle amministrazioni dei Comuni nei quali l’hub insiste. A quel tempo, che ormai sembra lontanissimo, Linate non aveva, come non ha tuttora, possibilità di ampliamento; Orio probabilmente non era ancora nato e Montichiari era una pista utilizzata dall’Aeronautica Militare. Si comprende perciò come sia stato prescelto un sito abbastanza vicino a Milano, ma non a tutta la metropoli lombarda, scarsamente connesso con ferrovie e autostrade (un collegamento Malpensa Express, istituito ex-post, su linea a bassa velocità, una autostrada già da decenni congestionata, con due piste troppo vicine (800 metri non consentono partenze e arrivi simultanei) e con l’unica possibilità di sviluppo di una terza pista più corta e posta in senso trasversale alle altre due. Una strana tipologia aeroportuale dunque. Ma come diceva Manzoni, del senno di poi son piene le fosse. Il Nord Italia ha il suo hub ed esso potrebbe essere, a certe condizioni, concorrenziale all’hub europeo per eccellenza (Londra e Francia escluse ovviamente, la prima perchè il più grande scalo europeo transcontinentale. La seconda per ragioni di… grandeur ): Frankfurt am Mein . Uno studio sviluppato dall’IRER per conto della Regione Lombardia nel 2001 (1) lo dimostra. Ma procediamo con ordine. Oggi Orio al Serio è un aeroporto internazionale a una sola pista, senza possibilità di ulteriore espansione perchè troppo vicino alla città di Bergamo. E’ connesso mediante ferrovia a bassa velocità a Treviglio e da qui alla ferrovia Torino – Trieste e alle stesse destinazioni mediante autostrada. Brescia-Montichiari è situato non molto distante da una linea ferroviaria secondaria, dall’autostrada Torino – Trieste e dalla città di Brescia. Ha oggi una sola pista con possibilità di aggiunta di un’altra pista indipendente. Se venisse accorpato l’attuale aeroporto militare di Ghedi, che ha una pista autonoma, si verrebbe a configurare una notevole possibilità di sviluppo, fino ad arrivare ad un aeroporto a quattro piste indipendenti. Gli studi dell’IRER (2) portano ad ipotizzarlo come possibile secondo hub nord-padano, nell’ottica di una sinergia di hub tra Malpensa e Montichiari e nella già avviata concezione di una rete di nodi aeroportuali interagenti. L’efficienza delle aerostazioni è però connessa ad un fattore imprescindibile: una connessione terrestre veloce con la città o l’area metropolitana di riferimento. Data la nota carenza di efficienza operativa di ferrovie, superstrade ed autostrade lombarde, possiamo solo approfondire brevemente le potenzialità ed i programmi di sviluppo della rete infrastrutturale in ambito regionale. Tre sono le infrastrutture già programmate che potrebbero ampliare significativamente l’efficienza dei nostri aeroporti: La linea ad alta velocità Milano- Venezia, che ha in Milano e Verona i due principali snodi con le altre linee AV previste, la costruzione di una nuova direttissima autostradale tra Brescia Treviglio e Milano, detta Bre-Be-Mi, ed infine la gronda ferroviaria Brescia – Saronno – Novara, raddoppio di tratti già esistenti di ferrovie locali poco utilizzate. Queste infrastrutture potrebbero costituire un impulso potente sia al riordinamento della struttura aeroportuale sia al miglioramento di quel reticolo infrastrutturale che costituisce il principio di connessione della, per ora alquanto caotica, forma urbana diffusiva. Come affermato dagli studi e dai rilevamenti dell’ Unioncamere Lombardia (3) sulle infrastrutture di trasporto e relativi interventi “La realizzazione del progetto ferroviario ad Alta Velocità della tratta tra Milano e Brescia consentirà l’integrazione dei due poli, aumentando l’efficienza della direttrice Torino-Venezia, ai limiti della saturazione, nelle tratte Torino-Milano-Brescia e Padova-Mestre. Il progetto italiano viene ad inserirsi in quello europeo di più ampio respiro, che prevede il collegamento ad Alta Velocità sulla direttrice Ovest-Est tra Barcellona e l’Europa Centro-orientale, a Sud delle Alpi”. L’ammodernamento di questa tratta è infatti connesso allo sviluppo dei “corridoi plurimodali transeuropei” ed in particolare del Corridoio V, Lisbona – Kiev, che ha in Barcellona, Milano, Verona e Lubiana i principali snodi. Un’infrastruttura di importanza regionale ma dotata di ruolo strategico sarebbe la Gronda pedemontana ferroviaria, che potrebbe connettere, passando a nord del congestionato nodo ferroviario di Milano, direttamente o mediante brevi raccordi, gli aeroporti di Montichiari Orio e Malpensa, consentendo un accesso più agevole al sistema aeroportuale da tutta la città diffusa lombarda, integrando a medio raggio la rete ad alta velocità, alla quale si connetterebbe nel nodo di Brescia, interagendo inoltre con tutte le linee locali che andranno a far parte, una volta terminato (finalmente) il Passante ferroviario milanese, del Sistema ferroviario regionale. La programmazione di questi interventi purtroppo tiene solo conto di politiche e di metodologie di approccio settoriali, separate e scarsamente interagenti (trasportistica ferroviaria, logistica aeroportuale, normative, procedure di v.i.a. ecc.). In questo modo resta in ombra l’attore principale delle trasformazioni infrastrutturali ovvero il supporto territoriale, la sua forma attuale e quella possibile, il paesaggio urbano dinamico entro il quale oggi viviamo e il suo miglioramento. A Madrid un piano regionale sta definendo la morfologia della futura interazione tra reti, spazi aperti, spazi produttivi e terziari, nuovi e futuri insediamenti; in Catalunya la città di Barcellona sta approntando un piano di sviluppo sostenibile della città compatta che prevede la riorganizzazione delle reti di trasporto e contemporaneamente quella delle grandi unità insediative; ma l’architettura della nuova città lombarda direttamente connnessa alle imminenti trasformazioni infrastrutturali è ancora tutta da progettare, programmare, proporre.

Note:
(1) Studio sistema areoportuale, IRER Regione Lombardia, 2001
(2) Ibid
(3) Sistema informativo delle infrastrutture di trasporto in Lombardia, Unione delle Camere di Commercio della Regione Lombardia, 2003

Fabrizio Zanni
professore in Composizione Architettonica e Urbana, Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Facoltà di Architettura

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 38, marzo 2004

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