Illuminazione e conservazione dei beni culturali

Dalla città nel suo complesso alle aree storiche e monumentali il passo è breve: la conservazione dei centri storici e delle emergenze archeologiche e monumentali in genere trova nella luce un veicolo fondamentale per la comunicazione e la lettura delle caratteristiche costitutive delle tipologie artistiche.
La luce entra nella metodologia della conservazione dei beni culturali, ancora non in modo evoluto, ma semplicemente come fattore di esaltazione ambientale, da un lato, e come proposizione diretta della qualità di un luogo.
Al di là degli sprechi energetici, siamo nella cultura dell’eccesso.

Luce e percezione dei monumenti
Dagli anni novanta ad oggi la maturazione delle esperienze, così come una emancipazione culturale anche legata alla inarrestabile evoluzione tecnologica, ha permesso di modificare gli atteggiamenti progettuali soprattutto riferiti alla percezione dei monumenti.
La luce da elemento sovrapposto al bene è divenuta una componente primaria della operazione di restauro.
Un veicolo percettivo che trasmette i valori compositivi del bene (architettonici e materiali, decorativi, pittorici, scultorei) legandosi a fattori fruitivi e didattici, oltre che di valore ambientale e urbano.

Illuminazione dei monumenti e delle aree esterne e illuminazione degli interni
Fondamentale, nella realizzazione di un intervento di restauro monumentale è il rapporto tra interno ed esterno: l’involucro, come contenitore, e gli ambienti interni, come contenuto, si devono fondere all’interno di un unico criterio illuminotecnico.
Gli stessi parametri che guidano la progettazione della illuminazione di una facciata sono alla base della impostazione della lettura della sequenza di ambienti che caratterizza l’assetto compositivo di una architettura storica e monumentale.
Esempio aulico e recente è quello dei musei Capitolini: scelte austere di lettura della partitura architettonica in facciata coincidono con scelte che ripropongono all’interno tipologie settecentesche senza eccedere in violenze moderne soprattutto attraverso giustapposizione spurie di corpi illuminanti tecnologicamente avanzati.

Fonte: www.infobuild.it

Criterio apprezzabile all’interno di tale condizione di contesto ed in riferimento agli obiettivi di lettura ambientale prefissata.
Ovviamente, simulazioni diverse e impostate su scelte contrapposte sono possibili: ed ecco il Campidoglio in versione multicolor con effetti scenografici che si sovrappongono ad una lettura storica dei caratteri del complesso monumentale per proporre ideologie di lettura autonome.

Il ruolo della Sovraintendenza nella progettazione della luce
Il problema della luce nella città e nelle aree di pregio storico, monumentale ed ambientale rappresenta uno dei temi principali del progetto di valorizzazione avviato, da tempo, a Roma.
Al pari delle sistemazioni pavimentali, dell’intervento per la componentistica, delle iniziative di restauro che hanno riguardato e stanno riguardando l’area centrale della città ma, anche, le aree limitrofe e più periferiche, la luce gioca un ruolo primario all’interno di qualsiasi programma di recupero.
Purtroppo, nonostante il problema sia ormai dibattuto dai lontani anni ottanta, Roma é rimasta indietro rispetto ad altre importanti iniziative europee che hanno visto il varo di veri e propri piani della luce, come strumenti di programmazione sulla base dei quali pianificare e realizzare interventi di vero e proprio restyling e valorizzazione urbana.
Gli studi realizzati per la nostra città e le altre esperienze italiane, pur formulate da architetti e designers prestigiosi, non hanno portato a quella fase operativa che avrebbe contribuito, certamente, a modificare la percezione dello spazio urbano durante le ore notturne.
A Roma iniziative pur pregevoli, sponsorizzate e guidate dalle aziende presenti sul mercato, hanno prodotto, certamente, alcuni risultati di valore che hanno permesso di porre l’accento, in primo luogo, su un nuovo modo di concepire la visione delle emergenze monumentali e, in secondo luogo, sulla possibilità di estendere tale approccio visivo anche ai tessuti minuti e consolidati della città.
Ovviamente all’interno di queste esperienze, che rappresentano primi tentativi del possibile approccio diverso ai temi della luce, molte realizzazioni non si possono ritenere all’altezza dell’obiettivo prefissato: quello di cogliere un nuovo modo nella percezione della struttura della città e dei monumenti.
Il tessuto urbano e la viabilità connessa sono ancora troppo spesso esclusi da interventi mirati e programmati nell’ottica della esaltazione della qualità architettonica generale, mentre, ancora, i monumenti sembrano congelati in una immobilità statica che li rende immateriali dal primo calar del sole fino alle prime luci dell’alba.
Emerge, quindi, la necessità, da un lato, di recuperare lo strumento del piano di assetto luminoso per tutta la città come strumento-guida per la gestione di un intervento unitario nei suoi criteri di base, ma differenziato nelle sue fasi di attuazione; dall’altro, di impostare principi basilari ai quali attenersi nella filosofia della luce, soprattutto per gli ambiti monumentali, avendo la conoscenza e la capacità professionale per la soluzione degli aspetti tecnologici e illuminotecnici.
Occorre, insomma, recuperare in questo settore (ma troppi altri ce ne sarebbero) quella prassi di unitarietà che deve rappresentare la regia per esaltare le giuste differenze.
Lo strumento di piano é necessario per cogliere e catalogare le situazioni morfologiche e tipologiche che compongono la stratificazione della città.
Avviare strategie realizzative e, nel contempo, avere la conoscenza approfondita delle componenti costitutive della città, garantisce la definizione dei più opportuni indici di risultato.
Conoscere il tessuto storico, saper valutare le emergenze monumentali ed archeologiche che ne sono parte, comprendere il ruolo del verde, sia come ambito areale, sia come struttura lineare, saper capire il ruolo dell’acqua che è forma e guida nello sviluppo urbano ma, anche, nella vita stessa della città, deve, all’interno di una pianificazione corretta, far individuare gli atteggiamenti programmatici da osservare quando si affronta la progettazione illuminotecnica.
E ancor di più all’interno del piano della luce devono essere presenti tutte le componenti che caratterizzano, dal punto di vista ambientale, la città.
I suoi colori, i suoi fattori di soleggiamento naturale, i suoi aspetti climatici devono apparire come strumenti di una progettazione che nella variazione della luce solare ha la sua forza.
Variazione, quest’ultima, possibilmente stagionale per fornire suggestioni illuminotecniche diverse, ad esempio, nel tramonto estivo rispetto al buio pomeridiano dell’inverno; variazioni che possono sottolineare le necessità di differente cromatismo nell’illuminazione di chiome arboree possenti o di freddi rami spogliati; variazioni, infine, che potrebbero addirittura accompagnare, in alcuni casi specifici, la mutazione climatica, modificando le soglie di illuminamento secondo la oscillazione della luce naturale nei giorni di pioggia o di sole.
L’illuminazione puntiforme di singoli elementi monumentali o di aree archeologiche più vaste, rappresenta, invece, il campione privilegiato su cui, nel caso di Roma, può misurarsi capacità e sensibilità nel progetto di salvaguardia e valorizzazione che costituisce la base del restauro e del più generale recupero urbano.

L’intervento puntuale
La bocciatura della illuminazione indifferenziata e statica é un tema su cui si inizia a dibattere senza, purtroppo, vedere proposte alternative che tendano anche solo alla attestazione di una via sperimentale da intraprendere.
E’ ancora fantascienza l’introduzione di sistemi computerizzati in grado di accompagnare la variazione dell’illuminamento artificiale alla variazione della luce notturna, creando così la capacità di una lettura “stratificata” altrimenti impossibile.
E’ altresì fantascienza, all’interno di complessi più vasti, l’articolazione di una gestione illuminotecnica che, in una sequenza alternata di variazioni di luce, riesca a rendere evidenti parti monumentali diverse consentendo così di leggere, secondo sequenze temporali differenti, i contesti storici presenti e sovrapposti.
Ancora più difficile é il ruolo del colore, anche se esperienze estere hanno dimostrato come sia possibile sottolineare, ad esempio nelle aree archeologiche, la stratigrafia storica attraverso un uso sapiente della variazione colorimetrica.
L’introduzione del cromatismo, ben lontano dalle fantasmagorie di sapore cinematografico, ha la sua importanza nella lettura dell’essenza costitutiva dei materiali, sia naturali, sia artificiali ed acquisterà ancora maggior valore nell’ambito delle aree verdi urbane quando, unitamente alla gestione dell’intensità luminosa, riuscirà a ridare il ritmo biologico perduto ad essenze spesso illuminate a giorno.
La Direzione Tecnica della Sovraintendenza, nella consapevolezza del ruolo della luce nell’ambito dei progetti di recupero e restauro e in considerazione di alcune dissennate scelte che, in mancanza di una unitarietà di pianificazione, si sono casualmente distribuite sulla città, ha avviato un programma sperimentale di intervento nel settore della illuminazione.
Attraverso un nutrito gruppo di studiosi e tecnici ed attraverso l’attivazione di stages formativi settoriali, sta cercando di sperimentare l’avvio di interventi di risanamento ambientale in cui emerga il valore storico, ed innovativo nello stesso tempo, della luce.
Il campione di applicazione scelto riguarda l’area dei Fori Imperiali che é sicuramente rappresentativo del massimo grado di complessità, per la qualità espressa, per la composizione stratigrafica e per il sistema di rapporto istituito con la città circostante.
Le tematiche espresse sono tutte contenute nel campione che può assurgere, quindi, a significativo modello di comportamento illuminotecnico, e non solo, nella politica del recupero dei beni culturali e, ancor di più, nella politica di riassetto urbano delle aree centrali.
L’intenzione é quella di sperimentare, offrendo alla cittadinanza ed al confronto con gli studiosi, non risultati raggiunti ma proposte da valutare, vere e proprie mostre di luce.
Poi occorrerà fare tesoro dei risultati e, finalmente, avviare una seria politica programmatica che nel piano della luce veda un reale strumento settoriale di attuazione.

La luce come strumento di conservazione
Il parametro della luce come elemento di innovazione recente nell’approccio metodologico alla tutela delle parti monumentali della città.
La luce non è più un elemento aggiunto e successivo alla fase dei restauro, ma entra come componente primaria nel processo di realizzazione dell’intervento di recupero.
Il suo ruolo non rientra, quindi, all’interno dei fattori legati alla visibilità del bene, ma ben prima diviene elemento che definisce i valori cromatici delle tinteggiature e delle malte, oppure interviene nel sottolineare aggetti e piani ribassati, ad esempio nella lettura della scansione di una sequenza di paraste in un prospetto monumentale.
Al fattore luce è demandata la trasmissione dei valori formali ed estetici che un bene culturale deve emanare come prodotto collettivo nel patrimonio urbano.
Restauro del degrado e illuminazione rappresentano la unitarietà di un processo di conservazione che tutela e valorizza i prodotti della sedimentazione storica nelle aree urbane.

Lo sviluppo delle tecnologie nella impostazione di metodo
L’approfondirsi di una nuova coscienza della luce, la ricerca di diversificati approcci metodologici si sviluppa e si accresce sulla base di un avanzamento teorico nella prassi del restauro e della fruizione delle aree monumentali e centrali delle città.
Tale rinnovata coscienza, però, non marcia disgiunta da un costante sviluppo tecnologico che offre inimmaginabili possibilità applicative.
Ricerca applicata e caratteri costitutivi del fare restauro marciano di pari passo stimolando una costante sperimentazione volta a modificare profondamente il volto delle città e le sue modalità percettive.
E’ possibile, a costi ormai contenutissimi, parlare di controllo automatizzato dei flussi luminosi, di regolazione temporalmente scandita delle intensità della luce e di monitoraggio dei valori colorimetrici applicati alle fonti luminose per un approccio didattico alla lettura dei valori del monumento o per esaltare specificità dei materiali costitutivi di un oggetto architettonico.
Una rinnovata coscienza nell’approccio ai criteri base della conservazione permette anche un progressivo affinamento del quadro normativo vigente in materia di fonti luminose ed in materia di tutto ciò che la luce sovrintende.
Il riferimento va al parametro di riferimento della sicurezza delle aree urbane e delle sedi stradali che richiedono sempre più elevati standards di livello luminoso a fronte, invece, di quanto stabilisce il regolamento sulle fonti di inquinamento luminoso delle aree urbane.
Norme, leggi e regolamenti solo apparentemente in contrasto tra loro, che una capacità applicativa sapiente può mettere d’accordo introducendo quei correttivi che solo un approccio culturale può dare.
Gli strumenti di controllo ci sono. Il pensiero è, ad esempio, rivolto alle sperimentazioni svolte dall’Istituto Galileo Ferraris di Torino da tempo impegnato in sofisticate misurazioni dei livelli di confort ambientale nelle aree urbane attraverso la costruzione di macchine originali in grado di operare in qualsiasi condizione e luogo.

Analisi dei criteri di illuminamento delle aree monumentali e dell’architettura
Sintesi delle esperienze e delle sperimentazioni svolte ed in corso sono propedeutiche a definire metodi e obiettivi da seguire e perseguire negli interventi di luce.
Monumenti, architettura e città rappresentano il tessuto di una nuova modalità operativa incentrata sulla eliminazione dell’eccesso, sulla conoscenza intima delle componenti dei beni su cui si interviene e, non ultimo, sulla lettura dinamica dei contesti ambientali.
Una via univoca non c’è: c’è, al contrario, una maturazione della teoria e della tecnica del restauro, un rinnovato rispetto dei luoghi urbani e del paesaggio, una diversa coscienza della valorizzazione e della conservazione, una considerazione oggettiva della qualità ambientale.
La luce così risulta un fattore tra i tanti nei materiali costitutivi della città e dell’ambiente in genere, sul quale porre l’accento o no a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere,
fondendo con sapienza gli aspetti funzionali e le esperienze della video arte o delle luci d’artista.
La cultura per operare è da tempo pronta, la tecnologia sperimenta e si impegna nella soluzione delle proposte. Enti pubblici ed aziende di settore iniziano a dialogare.

Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, organizzato dall’AIDI

Maurizio Anastasi, architetto, svolge la propria attività professionale a Roma nel settore del restauro e della valorizzazione ambientale.
Dall’anno 2001 dirige l’Unità Tecnica della Sovraintendenza BBCC del Comune di Roma.

Fonte: www.infobuild.it

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