Criteri per una nuova qualità dell’abitare: un esempio di recupero

La valorizzazione delle Ville della Pianura Emiliana, un esempio di recupero nel rispetto della normativa, dell’opera e delle esigenze dell’utenza per una nuova qualità dell’abitare.Criteri per una nuova qualità dell’abitareLe problematiche connesse al recupero del patrimonio edilizio rurale della pianura Emiliano-Romagnola sono da tempo oggetto delle attenzioni della normativa locale e degli operatori edili. Ciò è dovuto alla rilevante diffusione nei territorio degli edifici rurali e al fatto che anni di abbandono e di incuria, se da un lato ne hanno determinato in molti casi un rilevante degrado, dall’altro hanno impedito o ridotto la diffusione di interventi manutentivi incongruenti rispetto alla tipologia edilizia e ai caratteri costruttivi e tecnologici originari.

In particolare, nell’ambito di queste tipologie funzionali, in territorio emiliano è da segnalare la presenza, oltre a edifici di servizio all’attività agricola, nelle loro molteplici varianti, ormai note e ampiamente descritte dalla pubblicistica a partire dal diciannovesimo secolo, anche di fabbricati di notevoli dimensioni, a corpo compatto, adibiti un tempo a residenza per i signori locali.

Tali edifici risultano essere diffusi sul territorio, in particolare lungo l’asse della via Emilia e nella fascia pedecollinare tra Bologna e Parma, là ove le piccole municipalità e le signorie locali hanno avuto grande diffusione.

Ostacoli normativi e difficoltà operative

Legge 457/78 e Norme Tecniche di attuazione

Attualmente l’approccio ai recupero degli edifici da recuperare è prevalentemente regolato nella legislazione regionale e nelle pianificazione comunale. Questi interventi sono infatti normati dalla disciplina della legge 457/78, recepita poi a livello regionale, e dalle Norme Tecniche di Attuazione dei Piani Regolatori Comunali.

La fattibilità degli interventi, tuttavia, si scontra sovente, oltre che con un eccesso vincolistico punitivo per la proprietà, con un avanzato stato di degrado e con la necessità di ricorrere a tecnologie e modalità operative molto onerose, inducendo numerosi proprietari a rimandare gli interventi di recupero o a procedere in maniera abusiva per autocostruzione: in entrambi i casi il risultato ottenuto è quello di incrementare la velocità di decadimento del patrimonio (a volte sino al crollo) o di perdere ogni coerenza di riferimento storico-tipologico.

Un esempio di intervento

Un recente intervento di recupero rappresenta un caso di sinergia tra esigenze della vita attuale e della proprietà, trasformazioni ammesse dalla normativa e giusto rispetto dovuto alla fabbrica. In tale contesto è stato possibile per l’arch.

Elisabetta Ansaioni Zivieri dello Studio Associato Progetto Ambiente di Modena, progettista dell’intervento, raggiungere un risultato rilevante in termini di qualità totale, perseguito tramite una approfondita analisi dello stato di fatto, una progettazione attenta a coordinare le scelte architettoniche con le soluzioni tecnologiche ottimali e con la scelta degli arredi ed infine una forte presenza della direzione lavori in sede di esecuzione dell’opera.

L’edificio oggetto dei lavori, pur essendo di modesto valore architettonico ed in stato di forte degrado, anche strutturale, presenta alcune caratteristiche storico-tipologiche e distributive paradigmatiche della cultura insediativa in precedenza tratteggiata, oltre a essere in grado di soddisfare pienamente le esigenze di un’abitazione allo stesso tempo prestigiosa e funzionale.

Esso si presenta infatti come un corpo compatto e raccolto, la copertura a capanna con ordito e capriate in legno, i solai anch’essi con orditi e tavolato in legno, ampie aperture sui quattro lati, strutture verticali in mattoni pieni, i piani di rilevante altezza, vani piccoli alternati a vani di medie dimensioni, spesso passanti.

La ristrutturazione ha voluto conservare l’atmosfera rurale e antica della casa senza per questo limitare la fantasia ed una certa eleganza richiesta dalla proprietà. All’esterno si è cercato, mediante la realizzazione di un piccolo edificio di servizio realizzato anch’esso con finiture e materiali tradizionali di riproporre la configurazione spaziale tipica dell’insediamento rurale emiliano, organizzato intorno ad una corte aperta un tempo atta ad ospitare le lavorazioni e lo stoccaggio dei prodotti agricoli.

I rapporti dimensionali tra vuoti e pieni che caratterizzano la corte agricola divengono pertanto elementi di riconoscibilità e familiarità con il contesto ambientale e vengono per questo assunti come linee guida per il progetto.

I materiali e le tecniche utilizzati

Il legame con la tradizione costruttiva locale si manifesta anche nella scelta dei colori e dei materiali sposando scelte raffinate a soluzioni “povere” caratteristiche dei tipo edilizio. Sotto il portico esterno su cui si affaccia il salone, per esempio, è stato utilizzato il battuto alla Veneziana come elemento di continuità tra interno ed esterno.

Il disegno di posa, semplicissimo, ha proiettato sul pavimento lo schema pilastrato dei portico sottolineandolo con fasce della stessa larghezza dei pilastri e della stessa tonalità di colore della rimanente pavimentazione esterna in mattoni di cotto tradizionale, posati senza fuga, come avveniva nell’edilizia storica.

Maggiore libertà, invece, ci si è concessi all’interno, pur mantenendosi fedeli a un’organizzazione gerarchica degli ambienti e dei percorsi anch’essa propria dei tipo.

Una cura particolare è stata così riposta nella definizione dei materiali delle finiture, in base alla differenziazione tra spazi di rappresentanza, richiesti da una committenza con una vita sociale molto attiva, spazi di carattere privato e spazi di servizio, secondo una logica distributiva tipica dell’edilizia storica di qualità.

La mimetizzazione degli interventi tecnologici realizzati, tra i quali ricordiamo le cuciture armate, le iniezioni di malta e cemento, il cuci-scuci nelle murature portanti in laterizio, sottofondazioni armate e altro, è finalizzata a valorizzare maggiormente le scelte architettoniche e di arredo.

Lo studio dei serramenti

L’esemplificazione più evidente della mediazione critica e attenta tra memoria e quotidianità, è riscontrabile soprattutto nella soluzione adottata per gli infissi.

Il desiderio della proprietà era in particolare di ottenere una successione di spazi raffinati nei quali la luce rivestisse un ruolo da protagonista. Tale obiettivo è stato raggiunto sfruttando la consistente dimensione delle aperture presenti ed il loro orientamento, già naturalmente favorevole alla diffusione della luce senza produrre fenomeni di abbaglio.

Nello specifico è stato approntato un accurato studio dei serramenti interni ed esterni con l’obiettivo specifico di mantenere spessori ridotti delle parti strutturali conservando le caratteristiche di leggerezza e di luminosità tipiche dei serramenti antichi. Sono pertanto stati progettati serramenti tradizionali a due o tre listelli in abete stagionato di prima qualità, verniciato con colori ad olio dati a pennello, tali da sostenere un vetro camera atto a garantire ottimali condizioni di isolamento rispetto all’esterno.

Il controtelaio è stato murato direttamente alla muratura tramite zanche metalliche senza ricorrere all’uso di cassamatte e all’interno sono stati realizzati sguinci tali da incrementare ulteriormente la diffusione naturale della luce.

Ogni apertura diviene quindi elemento di forte connotazione spaziale. All’esterno gli scuroni sono dei tipo a tagliere, realizzato in compensato marino multistrato, verniciati anch’essi ad olio a pennello in modo da mantenere un aspetto irregolare tipico degli scuri antichi.

Il montaggio è avvenuto a filo dell’intonaco esterno realizzando un sordino nella muratura per alloggiare il battente. La collocazione ed il numero elevato di aperture già esistenti nell’edificio rendeva però disagevole la chiusura delle stesse in modo manuale: è stato pertanto realizzato un sistema di chiusura elettrica comandato da un meccanismo posto nella spalla della finestra e mascherato da un listello decorato di colore avorio che circonda tutte le aperture.

All’esterno i cardini sono stati sostituiti con un meccanismo pneumatico che garantisce e governa la chiusura le cui dimensioni però non sono troppo diverse da quelle dei cardini tradizionali. In particolare è stato infatti possibile comunque prevedere l’incasso di tutta la ferramenta nello scurone, rispettando quindi la tipologia tradizionale.

Le finiture

I materiali utilizzati per le finiture sono stati scelti tra le tecnologie tradizionali, nel rispetto della filosofia di progetto e della volontà di valorizzazione della cultura materiale locale. Nel dettaglio, gli intonaci sono rigorosamente di calce naturale rifiniti con marmorino nei locali di rappresentanza, successivamente tinteggiati a calce con leggere decorazioni geometriche e floreali studiate nelle composizioni e nei colori in rapporto ai pavimenti e agli arredi.

L’esigenza, prima ricordata, di creare particolari condizioni di illuminamento soprattutto negli ambienti di rappresentanza è stata soddisfatta anche mediante una accurata scelta delle pavimentazioni, che ha portato, in alcuni vani, a realizzare campioni in cartone in scala per verificare la disposizione dei decori.

La conformazione degli spazi al piano terreno ha suggerito l’utilizzo dei battuto alla veneziana (i marmi utilizzati per la mescola, bianco di Carrara, rosa perlino, giallo di Verona e verde alpi per le decorazioni) che consente di avere risultati pregevoli dal punto di vista estetico e allo stesso tempo garantisce facilità di manutenzione e durata.

Al piano primo la presenza della zona notte ha consigliato la realizzazione di un pavimento più caldo in doghe di legno, disposte secondo un semplice disegno che si snoda nei vari ambienti sino al vano scala e che viene ripreso anche nel piano di sottotetto nell’ambito dei quale è stata ricavata una mansarda.

Nuova qualità dell’abitare: conclusioni

In sintesi, l’intervento realizzato presenta un duplice obiettivo di conservazione e di progettazione aggiornata. Il primo obiettivo è riconducibile alla riqualificazione e valorizzazione di un edificio rurale che sembrava destinato alla demolizione o perlomeno ad essere soffocato dall’espansione urbana ormai molto vicina, e il secondo si riscontra nella dimostrazione che è possibile riconfigurare ambiti spaziali ‘poveri’ con materiali e tecnologie raffinate senza per questo snaturare la concezione propria dell’edificio.

La riflessione che nasce dall’esperienza fatta spinge a considerare il giusto ruolo della committenza e l’importanza dei livelli di flessibilità della norma che accolgono e governano le esigenze della vita moderna in rapporto al valore architettonico e tipologico della fabbrica senza penalizzarle con un atteggiamento meramente vincolistico.

Tale situazione costituisce un valido stimolo anche per i produttori di elementi tecnici orientandoli al superamento della produzione standard o da catalogo per collaborare in maniera fattiva alla soluzione dei problemi attraverso la progettazione di soluzioni tecniche originali e la loro sperimentazione, recuperando una cultura dei fare di tipo artigianale ancora non completamente persa

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