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Corridors

I corridoi Plurimodali Paneuropei
di Massimo Tadi
L’ideazione di un sistema integrato di trasporto combinato, plurimodale e trans-nazionale (noto, in seguito con il nome di “Corridoi paneuropei”) risale agli inizi degli anni ‘90, allorquando in seguito alla caduta del muro di Berlino, si avvertì che le vaste opportunità di sviluppo sociale ed economico che si presentavano all’orizzonte per l’intero continente europeo, si sarebbero realizzate appieno solo attraverso un forte processo d’integrazione fisica oltre che politica, che si fondasse su un sistema di connessioni in grado di agevolare il rapido spostamento di merci e persone tra diverse aree e paesi.
La Commissione Europea e la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (ECE/ONU) definirono congiuntamente strategie e ipotesi per un sistema di reti di trasporto integrate, interoperabili per una vasta area che, coincidendo con l’intero continente, andasse dall’Atlantico agli Urali, dal Baltico al Mediterraneo.
Si pensò, infatti, di dotare il continente di una tipologia infrastrutturale innovativa per l’Europa: una rete plurimodale di Corridoi internazionali che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto generare un sistema più articolato e complesso della somma delle singole infrastrutture a scorrimento veloce che l’avrebbero costituita.
Sarebbero nati, così, dapprima, gli “assi di interesse comunitario” che avrebbero consentito, in occasione della 2^ Conferenza Pan-europea sui Trasporti (Creta 1994) l’identificazione dei Corridoi di transito plurimodali (interessanti per tutti i Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale ricompresi nell’area tra la Polonia e la Turchia). Quindi, in occasione della 3^ Conferenza pan-europea sui Trasporti (Helsinki 1997) e con gli accordi di Essen (1997) i Corridoi plurimodali avrebbero assunto l’attuale configurazione. Questo processo che prevede una nuova infrastrutturazione del vecchio continente è già cominciato e mentre importanti realizzazioni sono già state compiute , altre sono oggi in Italia e nel resto d’Europa, in fase di realizzazione .
Nelle intenzioni, il compito dei “Corridoi” sarà quello di massimizzare i benefici della connessione tra diverse aree continentali e di minimizzare (grazie all’efficienza, all’alta capacità, all’integrazione intermodale e ad un rapporto di sostenibilità con l’ambiente) i costi di connessione, offrendo maggiore facilità di circolazione a persone e merci e un’accresciuta competitività a prodotti e servizi di un’area geografica rispetto ad un’altra.
E’ questa una sfida straordinaria, con una forti influenze sulla struttura fisica del vecchio continente.
Un processo che, ridefinendo il sistema delle centralità, ha già scatenato accese rivalità tra centralità consolidate (che intendono rafforzare il proprio ruolo) e nuove centralità emergenti che intendono, diversamente, utilizzare questa occasione per affermare il proprio ruolo entro un mutato quadro di polarità continentali.
L’Italia, all’interno delle strategie Comunitarie risulta interessata principalmente, dal Corridoio V, un sistema di connessione internazionale in grado di legare attraverso le Alpi e la Pianura padana, la direttrice Trieste – Lubiana – Budapest – Kiev con la direttrice Torino, Lione, Lisbona attivando, contemporaneamente, importanti connessioni Nord-Sud (grazie al programma TEN-T per l’alta velocità ferroviaria Milano-Napoli e ai progetti per le autostrade del mare).
Se il “Corridoio” V, da un lato, rappresenta l’occasione di una più ampia ridefinizione della struttura delle relazioni di gran parte del paese e un’opportunità di sviluppo economico futuro, dall’altro, occorre ricordare che ci troviamo di fronte a nuove ipotesi di infrastrutturazione che incideranno su assetti territoriali con profonde stratificazioni storiche e importanti valori ambientali, non rinnovabili.
La natura sistemica integrata dei Corridoi (ben diversa da quanto caratterizza una rete infrastruttura lineare unimodale), le condizioni di rapporto con gli assetti locali (non assimilabili al più noto rapporto tra assetto insediativo e linea veloce di scorrimento) e infine, le capacità di ridefinire il sistema delle centralità locali intermedie e minori pongono un interrogativi sostanziali sul rapporto tra nuove infrastrutture ed assetti territoriali.
La complessità della sfida cui il paese si trova di fronte (un processo trasformativo in grado di riconfigurarlo per i prossimi decenni) consiste, dunque, nella capacità progettuale di far corrispondere ad obiettivi tanto importanti, una strategia d’azione innovativa e una progettazione che integri le diverse discipline (che, fino ad ora, si sono occupate separatamente delle infrastrutture di trasporto) per non avvilire il processo di riorganizzazione complessiva della sua struttura di relazione (ormai in atto) in un mediocre processo auto-referenziale di dotazione infrastrutturale.
Qui di seguito sono riportati alcuni stralci di un recente lavoro di ricerca scientifica che. agendo su questa linea problematica, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano ha recentemente elaborato.
Si tratta di un lavoro di ricerca applicato al segmento pedemontano del Corridoio V (in particolare al segmento Milano e Brescia) che ha inteso indagare il rapporto tra ambiti locali del territorio lombardo e sistemi infrastrutturali globali, al fine di comprendere gli esiti e governarne le trasformazioni verso assetti qualitativamente migliori e ambientalmente sostenibili.

Da rue corridor a corridoio multimodale: il caso di Brescia
di Fabrizio Zanni

Ne è passata di acqua sotto I ponti dal giorno in cui Le Corbusier formulava il suo celebre anatema “il faut tuer la rue corridor”. Per la strada urbana, più che di una morte è possibile parlare di una sorta di metempsicosi, che ha portato la vecchia via strada a rigenerarsi, da via urbana a boulevard, a sistema viario complesso (dalle “7V” in poi), a via di ferro, a superstrada, a parkway, a speedway, a tutti gli intrecci possibili tra le diverse infrastrutture viarie ed I loro nodi di interscambio. Oggi I corridoi multimodali sono costituiti da un complesso agglomerato di reti di trasporto e comunicazione che investono sistemi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale, aereo. In essi sono comprese infrastrutture di trasporto di persone, cose, energia, comunicazioni. Essi non coincidono con un ambito territoriale definito da confini precisi, ma, al contrario, l’intreccio delle reti e dei loro nodi si svolge sul territorio determinando propri, mutevoli, ambiti di interesse e di interazione. Anche questo caso dimostra come l’infrastruttura abbia preso il sopravvento, nella gerarchia dei fattori insediativi, su città e territorio, e da puro fattore tecnico a carattere protesico, subalterno all’insediamento, essa si sia modificata e riorganizzata in “sistema di sistemi,” dotandosi di una peculiare “urbanità”. I suoi terminali ed i nuclei di interconnessione delle differenziate reti e delle strutture insediative determinano luoghi di accumulazione di tensioni, forze, attività, flussi, che costituiscono temi progettuali significativi ma che, nella realtà fattuale, sono abbandonati alle più varie pratiche tecniche, incapaci quindi di costituirsi in “fatti urbani” significativi. Il progetto architettonico e urbano è, al contrario, capace di definirne una forma architettonica ed urbana significativa. I corridoi multimodali pan-europei ed I terminali delle reti che li innervano possono allora riordinare e dare preciso orientamento e forma al dis-ordinato insediamento diffusivo, ed in particolare a quella “città diffusa” cisalpina che, da Torino a Trieste, attorno alle principali infrastrutture, si articola in paesaggi mutevoli e frattali. Purtroppo uno spettro si aggira per l’Europa dei corridoi multimodali: il bottleneck, il collo di bottiglia. Afferma nel merito un documento dell’ Unione Europea :“In border areas,the present infrastructure networks still reflect the narrow national views (sometimes going back to the 19th century),which influenced their construction. to give high priority to the trans-European network, as highlighted in the White Paper on growth, competitiveness and employment”. Legati alla arretratezza delle infrastrutture ferroviarie e dei loro nodi d’interscambio modale, ad esempio gomma-ferro e ferro-nave, i colli di bottiglia devono essere eliminati e sostituiti da terminali complessi in cui intermodalità e multimodalità non solo coesistano, ma rendano efficiente il sistema e, last but not least, la loro forma architettonica ed urbana non sia affidata al caso ma all’azione delle discipline progettuali.
In questo senso, il lavoro di ricerca sviluppato nel tratto Milano – Verona del Corridoio V e finalizzato al progetto del nodo infrastrutturle di Brescia, ha dimostrato, da un punto di vista generale, che questi “nodi infrastrutturali complessi” possono, a certe condizioni, svolgere un positivo ruolo generatore per intere parti del sistema insediativo europeo, sia in generale che in precisi ambiti locali. Essi devono divenire dei centri di attività economica in grado di integrare il potenziale di offerta e di domanda regionale in strutture logistiche ed in mercati concorrenziali, assumendo un ruolo più importante di quello che conferirebbero loro le sole attività di trasporto. I fattori che concorrono a determinare l’importanza del nodo di Brescia all’interno del Corridoio V e all’interno della rete infrastrutturale nazionale ed intermedia sono molteplici. Esso, sinteticamente, è interessato da assi ferroviari quali la linea ad alta velocità ed alta capacità Torino-Trieste, da assi ferroviari intermedi quali la Brescia-Bergamo-Saronno-Novara (gronda ferroviaria), da assi minori quali la Iseo-Brescia-(Montichiari)-Cremona; è interessato inoltre da assi autostradali quali la Milano-Brescia- Venezia e la Brescia-Piacenza; da assi intermedi quali le tangenziali di Brescia e la Concesio-Ospitaletto; il nodo di Brescia è infine strettamente connesso all’aeroporto di Montichiari, che verrà prossimamente dotato anche di un centro intermodale merci connesso alla rete ferroviaria. Esso rappresenta dunque uno dei luoghi privilegiati di azione per il raggiungimento del massimo livello d’integrazione intermodale sull’asse Milano-Verona. L’interazione tra la molteplice trama delle reti infrastrutturali, il supporto antropogeografico, la forma dell’insediamento non può avvenire senza un progetto che individui all’interno del territorio bresciano le localizzazioni, gli spazi e le interazioni di scala più opportune per un significativo rapporto tra nodi e spazi urbani.. La definizione morfologica, tipologica, tecnologica della nuova stazione ferroviaria ad alta velocità e di un nodo infrastrutturale urbano più ampio e complesso, coinvolgente un intero margine urbano frammentato e degradato, ha consentito di sperimentare un master plan ed un progetto architettonico dell’infrastruttura come applicazione di un’idea di architettura connessa strettamente ai contesti insediativi per integralità, complessità, conformità delle componenti. I caratteri innovativi di questa sperimentazione progettuale possono essere riassunti nello sviluppo esemplificativo di una concezione di nodo infrastrutturale che supera le antiquate e stereotipate idee del fabbricato stazione e del “casello autostradale” come elementi monofunzionali chiusi. Questi ambiti di interconnessione, transito e sosta sono stati riarticolati in ambiti complessi che inglobano e generano una sequenza di spazi pubblici e privati, aperti, semiaperti, chiusi, riconnettendo le linee di forza dello spazio urbano in modo da arricchirne la qualità insediativa. Superando l’impossibilità di ricondurre le forme insediative contemporanee a strutturazioni geometricamente unitarie e a matrici dispositive note, l’adozione di un metodo generativo, in risposta alle odierne dissipazioni e frammentazioni insediative, intende adottare, una strategia di addensamento delle relazioni e d’intensificazione delle corrispondenze per far emergere i nuovi “nuclei generativi” della forma, deputati allo sprigionamento di potenzialità trasformative estese. La metodologia applicata si oppone al concetto di “mitigazione” delle opere infrastrutturali e presuppone non solo che è l’interazione infrastruttura – spazio urbano a dover essere considerata come oggetto complessivo dell’azione progettuale, ma come l’infrastruttura, in questo caso, lungi da esser considerata un impedimento possa divenire perno di una positiva trasformazione urbana.

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 40, luglio 2004

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