Assemblaggio a secco e componentistica

Tecniche di assemblaggio a seccoSommario:
1. Componentistica, assemblaggio a secco e tecniche esecutive evolute: le motivazioni di un cambiamento
2. Dal progetto all’organizzazione del processo: il nuovo paradigma di riferimento
3. Norman Foster and Partners: la scomposizione dell’edificio
4. Nicholas Grimshaw and Partners: innovazione tecnica e ortodossia high-tech
5. Renzo Piano Building Workshop: la poetica della sperimentazione
6. Bibliografia di riferimento

1. Componentistica, assemblaggio a secco e tecniche esecutive evolute: le motivazioni di un cambiamento

Le tecniche di assemblaggio a secco costituiscono un orizzonte di riferimento operativo per il costruire molto antico. Ma lo scenario entro cui esse si collocano successivamente alla rivoluzione industriale fino ai giorni nostri, presenta presupposti e implicazioni assai articolate e complesse se confrontate con le ragioni che inducevano a un loro utilizzo prima dell’avvento dell’industria.

Nella cultura preindustriale infatti le tecniche di assemblaggio a secco, laddove utilizzate, costituivano parte integrante di una prassi diffusa del costruire che aveva interiorizzato i procedimenti costruttivi a secco per poi esprimerli come risposta inevitabile per la soluzione di molti problemi. Basti il riferimento ai templi della Magna Grecia, realizzati con conci di pietra assemblati a secco o alle costruzioni in legno, esempio emblematico di come le caratteristiche di un materiale possano imporre l’impiego di tecniche di assemblaggio a secco in modo quasi deterministico.

Ben lungi dall’essere una filosofia progettuale e costruttiva, il riferimento all’assemblaggio costituiva un modo di costruire implicito nei materiali utilizzati. In epoca industriale, fino ad arrivare alle più mature esperienze di industrializzazione edilizia, le tecniche di assemblaggio a secco si delineano in modo sempre più chiaro quale nuovo paradigma del costruire. Da patrimonio condiviso di una cultura materiale, esse divengono strumento per imporre una concezione del costruire radicalmente differente da quella di impronta artigianale dell’epoca preindustriale.

Si tratta di una prospettiva nella quale le tecniche di assemblaggio a secco non si collocano più come uno tra i tanti modi di costruire, ma come punto di riferimento imprescindibile per dare risposte praticabili e concrete a un costruire chiamato a confrontarsi prioritariamente con due ordini di problemi:

  • la sempre più diffusa necessità di contenimento dei tempi di costruzione e di sovrapposizione della fase di progettazione con quella di costruzione;
  • il raggiungimento di un elevato livello di flessibilità d’uso dell’edificio una volta consegnato al committente

Il primo ordine di problemi è indotto dalla trasformazione dell’organizzazione del processo di progettazione e costruzione. Attività che solo qualche decennio fa venivano svolte rigorosamente in sequenza oggi si sovrappongono in modo sempre più stringente, delineando uno scenario nel quale la progettazione di diverse parti di un edificio viene sviluppata in parallelo alle diverse scale di approfondimento e dove sempre più spesso si inizia a costruire quando ancora il progetto non è giunto alla definizione esecutiva di tutte le sue parti. Questa sovrapposizione delle attività impone l’individuazione all’interno di un edificio di parti d’opera che possano essere sviluppate autonomamente, tanto dal punto di vista progettuale che da quello realizzativo. Ed è proprio questa necessità che porta a considerare le tecniche di assemblaggio a secco un riferimento privilegiato: le parti dell’edificio possono essere progettate e realizzate in luoghi differenti e poi essere assemblate in cantiere in tempi molto brevi. Si tratta di una prospettiva che rende sempre più critica l’organizzazione del processo di progettazione e costruzione, soprattutto in un settore come quello edilizio caratterizzato da un elevato livello di imprevedibilità dei fenomeni, soprattutto nella fase del cantiere; tuttavia oggi esistono gli strumenti operativi per gestire in modo sempre più efficiente le criticità del processo.

Il secondo ordine di problemi è invece indotto dalla sempre più attenta considerazione da parte dei committenti degli aspetti di carattere gestionale già in fase di programmazione e…..

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* Andrea Campioli, Prof. associato architetto membro, del gruppo di ricerca LSA2, presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.

LSA2 Laboratorio di sperimentazione dell’architettura

Anna Mangiarotti, Prof ordinario architetto coordinatore
Andrea Campioli, Prof associato architetto membro
Marisa Bertoldini, Ricercatore dottoressa membro
Alessandra Zanelli, Ricercatore architetto membro
Ingrid Paoletti, Assegnista di Ricerca architetto membro
Monica Lavagna, Assegnista di Ricerca architetto membro
Carol Monticelli, Dottoranda architetto collaboratore
Eugenio Morello, Dottorando architetto collaboratore

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