Architettura bioecologica: prodotti migliorativi e certificazione

Un’architettura bioecologica può essere considerata un approccio progettuale che persegue – nell’attività del costruire – l’obiettivo di conseguire elevati standard di qualità abitativa nel pieno rispetto degli equilibri ambientali esistenti.Architettura bioecologica, il Bosco VerticaleUna definizione, si badi bene, che non deve essere assolutamente letta alla stregua di una formula generica o riduttiva; al contrario, essa vuole volutamente ricomprendere tutte quelle ricerche e sperimentazioni nel campo dell’utilizzo di tecnologie e materiali a forte carica d’innovazione, che una parte più ideologizzata del movimento ecologista desidererebbe bandire in nome di un improbabile ritorno al passato, questo sì realmente riduttivo.

Non è vero, in altre parole, che solo la tradizione “ci salverà” dal pericolo costituito dalle nostre stesse case; molto più probabilmente la soluzione sarà da cercare in un mix di buon senso ed alta tecnologia, lontano dal mito Corbusiano della casa costruita in serie (negli anni ’30, tuttavia, il problema cruciale era un altro, si trattava di dare un luogo dove vivere dignitoso e funzionale a tutti), ma anche simmetricamente equidistante da nostalgie e passatismi fuori stagione.

E’ comunque, in ogni caso evidente, per chiunque intenda mettersi sulla strada del “costruire sano”, che il nodo fondamentale da sciogliere – a meno di non voler parlare, ovviamente, di scelte di politica urbana e territoriale a vasta scala – è quello tecnologico legato alla costituzione materiale dei manufatti dalla fase di produzione, all’utilizzo, sino alla dismissione di materiali e componenti impiegati negli interventi. E’ principalmente in questo campo, infatti, che si possono generare rilevanti problemi d’impatto sull’ambiente e sulle persone, con livelli di diffusione dei fenomeni di degrado e delle patologie decisamente preoccupanti.

Un terreno, tuttavia, difficile da affrontare, proprio perché, dovendo tenere contemporaneamente conto di plurimi effetti interventi in momenti diversificati del processo edilizio, tra loro temporalmente e spazialmente distanti, al progettista è richiesta una supplementare dose di preparazione nel soppesare aspetti positivi e aspetti negativi che il singolo prodotto presenta in questa o quella fase.

La Certificazione Europea

Marchi e attestati di garanzia sulla biecologicità

Dato che, comunque, ogni atto produttivo implica un seppur minimo impatto sull’ambiente, molto utile è la creazione di marchi e attestati di garanzia sulla bioecologicità dei prodotti rilasciati da enti di certificazione riconosciuti a livello internazionale. Un settore di ricerca, peraltro, in cui si contano già numerose iniziative (fra cui alcune italiane), con interventi legislativi della stessa Unione Europea, e su cui vale la pena qui di soffermarsi per meglio approfondire la questione.

In realtà il primo marchio di bioecologicità di un prodotto da costruzione dovrebbe essere il marchio CE, di conformità ai dettati della Direttiva 89/106/Cee (Direttiva prodotti, relativa al Ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli stati membri concernenti i prodotti da costruzione, recepita nell’ordinamento italiano con il Deer.Pres. 21 aprile 1993, n.246, regolamento di attuazione della direttiva 89/106/Cee relativa ai prodotti da costruzione), che disciplina la libera circolazione di materiali e componenti per l’edilizia nel Mercato Unico europeo.

In tale provvedimento, infatti, viene esplicitamente affermato il principio in base al quale, nelle opere edili, “dovrebbero” (il condizionale, purtroppo, è ancora d’obbligo) essere impiegati solo quei prodotti che risultino idonei all’impiego previsto, di caratteristiche tali, cioè, che i manufatti in cui devono essere inglobati, montati, applicati o installati possano, se adeguatamente progettati e costruiti, soddisfare alcuni requisiti essenziali relativi ai seguenti aspetti:

  • “resistenza meccanica e stabilità” o “sicurezza in caso d’incendio”;
  • “igiene, salute e ambiente”, per noi particolarmente interessante, secondo il quale l’opera deve essere concepita e costruita in modo da non compromettere l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini e in particolare in modo da non provocare sviluppo di gas tossici, presenza nell’aria di particelle o gas pericolosi, emissione di radiazioni pericolose, inquinamento o tossicità dell’acqua o del suolo, difetti nell’eliminazione delle acque di scarico, dei fumi e dei aiuti solidi o liquidi, formazione di umidità su parti o pareti dell’opera;
  • “sicurezza nell’impiego”;
  • “protezione contro il rumore”;
  • di risparmio energetico e ritenzione di calore”, anch’esso rilevante nell’ambito di questa trattazione, che prescrive che l’opera ed i relativi impianti di riscaldamento, raffreddamento ed aerazione siano concepiti e costruiti in modo tale da contenere i consumi energetici di gestione, quindi tenendo conto delle condizioni climatiche di partenza proprie dei luoghi d’intervento.

Come si può constatare, si tratta di prescrizioni che fanno giustamente riferimento alle opere costruite, dovendosi valutare, nel caso dei materiali da costruzione, non solo le loro caratteristiche intrinseche, ma anche gli eventuali problemi che si possono originare dal loro funzionamento a sistema: in altre parole occorre verificare la loro effettive caratteristiche di prestazione in uso e la loro qualità di relazione.

Non si devono poi ritenere vaghi e generici questi richiami alla sicurezza, all’igiene, alla protezione, … ecc. Il linguaggio delle direttive europee, infatti, è sempre un linguaggio di tipo esigenziale-prestazionale, in cui volutamente ci si astiene da puntuali e rigorose elencazioni di caratteristiche dimensionali e materiche, per fissare, invece, le categorie di obiettivi che devono essere conseguiti e le corrispondenti prestazioni che devono essere fornite per soddisfare tali requisiti (l’attenzione, dunque, non è rivolta al “come” si ottengono certi risultati, ma al “che cosa”, in concreto, si vuole ottenere).

Lo scopo sotteso a questo metodo è, oltre a quello evidente di facilitare l’adozione dei provvedimenti in “sistemi Paese” affatto diversi per storia e cultura quali quelli dei singoli Stati dell’Unione, anche quello di non “ingabbiare” l’innovazione, lasciando libere le forze produttive – in linea con quanto abbiamo sostenuto in precedenza – di proporre e promuovere strade e percorsi alternativi a quelli usualmente praticati.

La “direttiva prodotti” non esaurisce, comunque, l’impegno normativo dell’Unione Europea a fornire linee guida “verdi” di indirizzo per i produttori di materiali, semilavorati e componenti per l’edilizia.

Con riferimento più vasto, ma inevitabilmente ricomprendendo anche quest’ultimo settore di attività, il regolamento Cee 880/92 ha, infatti, istituito un sistema europeo per l’attribuzione di un marchio di qualità ecologica dei materiali in senso lato.

Si tratta del cosiddetto Ecolabel volto a promuovere la concezione, la produzione, la commercializzazione e l’uso dei prodotti aventi un basso impatto ambientale durante il loro più complessivo ciclo di vita, senza tuttavia, e ovviamente, che questo significhi incidere sulla sicurezza e sulla qualità dei materiali stessi, con riferimento (nel caso peculiare dell’edilizia) sia al momento della loro posa in opera, sia della fruizione da parte dell’utenza degli ambienti con essi realizzati.

La Certificazione Tedesca

Iniziative mirate alla salvaguardia dell’ambiente

Ai marchi di qualità e alle normative dell’Unione Europea si affiancano iniziative di certificazione nei singoli Stati membri: la Germania, ad esempio è il Paese dove forse per primo si è formata una coscienza ecologica.

Queste iniziative sono specificamente rivolte al mondo delle costruzioni e mirate a valutare il maggior o minor grado di sostenibilità e compatibilità ambientale dei materiali e dei componenti per l’edilizia; con queste finalità è stato istituito, per esempio, il marchio “Angelo Azzurro”.

Fra i più noti tra gli istituti è sicuramente da annoverare l’Istituto di Bioedilizia di Neubbeuern (Institutfúr Baubiologie), sempre tedesco , all’origine, mediante la messianica opera del suo direttore – il Professor Anton Schneider – dell’intero movimento della Bioarchitettura europea.

Il giudizio sui prodotti esaminati viene formulato, in questo caso, sulla base di una media fra i valori (da 0 minimo a 3 massimo) conseguiti in ben 16 voci di analisi, alcune delle quali, a loro volta, riassuntive di una più ampia sfera di parametri:

  • grado di naturalità (o di artificializzazione, al contrario) del prodotto; e conoscenza sperimentale (cioè tempo di presenza sul mercato);
  • ecologicità (in cui vengono ricomprese le più generiche valutazioni sul cielo di vita complessivo dei materiali);
  • fabbisogno energetico (necessario per la trasformazione da materia prima a prodotto finito);
  • radioattività;
  • comportamento elettrico;
  • proprietà termiche;
  • proprietà acustiche;
  • permeabilità alle microonde;
  • diffusione – traspirazione;
  • igroscopicità;
  • contenuto di umidità/tempo di essicazione;
  • assorbimento/rigenerazione;
  • vapori e gas tossici;
  • odore;
  • resistenza superficiale del corpo umano (la resistenza elettrica superficiale del corpo umano è ampiamente variabile in dipendenza di vari fattori, tra cui i materiali con cui il corpo stesso viene in contatto).

Secondo questo criterio di valutazione, risultano ottimi (voto 3.0) il legno massiccio, il sughero, i prodotti a base di cera d’api e l’argilla, mentre fra i materiali meno ecologici figurano colle e smalti sintetici e il cartone catramato.

La Certificazione Italiana

Sistema di certificazione di materiali e componenti per l’edilizia

Di fronte al fervore di iniziative relative alla salvaguardia dell’ambiente ed alla tutela della salute pubblica non corrisponde, nel nostro Paese, un pari dinamismo nella creazione di un sistema di certificazione di materiali e componenti per l’edilizia.

Ha da troppo poco, infatti, iniziato la sua attività, per la stesura di un bilancio, il Laboratorio di Controllo della qualità ambientale del Dipartimento di Tecnologia e Disegno Industriale del Politecnico di Milano che rilascia ai prodotti analizzati positivamente un attestato di conformità alla compatibilità ambientale, oltre a prestare la propria struttura scientifica per l’attribuzione del marchio Ecocerto (il quale, tuttavia, si limita a considerare l’eventuale nocività del prodotto in opera, trascurandone ogni valutazione sul ciclo di vita, a monte e a valle).

Un obiettivo che si prefigge il nuovo marchio Anab-lbo-lbn, di recente presentato, dopo un lavoro preparatorio di numeroso mesi, al SANA di Bologna Salone dell’Alimentazione Naturale, della Salute e dell’Ambiente – (nel corso del convegno “Architettura bioecologica e qualità controllata – La certificazione della qualità ecologica dei materiali per l’edilizia”) e che contrassegnerà in futuro prodotti e materiali ritenuti bioecocompatibili secondo i criteri di valutazione elaborati dall’Anab in collaborazione con l’Ibn e con l’Ibo (Osterreichisches Institut fur Baubiologie und Oekologie di Vienna).

La meta che si vuole conseguire, una volta messo a regime H sistema di certificazione, è la redazione di un “Catalogo ragionato dei materiali ecocompatibili per l’edilizia”, che riporterà le aziende produttrici, gli importatori e i distributori di materiali per l’edilizia.

I Punti Vendita

La situazione italiana ed i “Centri di Bioedilizia”

Colmano, in parte, le lacune della situazione italiana i “centri di Bioedilizia”, punti vendita, aperti sia al pubblico sia agli operatori del settore che propongono materiali da costruzione, prodotti di finitura, complementi di arredo ecc., selezionati in funzione della loro qualità ambientale, sulla base di una consolidata esperienza e di una sperimentazione diretta.

Essi, inoltre, svolgono anche una parallela attività di consulenza e formazione, proponendosi quali gangli vitali di un sistema non istituzionalizzato, ma non per questo meno efficace, di promozione della cultura dell’abitare sano nel nostro Paese. Fra i prodotti in vendita, le calci naturali cotte a legna, gli isolanti in fibre vegetali o animali, le guaine di cellulosa, i disgiuntori dei circuiti elettrici, ecc.

La Pubblicazione

“Opere Bioedili” di D.Magni e E.Micelli – Edicom Edizioni

Molto utile e preziosa risulta la recente pubblicazione, a cura dell’Anab (l’Associazione Nazionale di Architettura Bioecologica) e per la collana di scienza e tecnica, del volume “Opere bioedili”.

Si tratta di un’opera a cura di Donatella Magni ed Enrico Micelli per Edicom Edizioni, Monfalcone, 1997. Essa costituisce una sorta di capitolato tipo per edilizia bioecologica con un ricco elenco di voci e tecniche di lavorazione rispettose dell’ambiente e della salute degli abitanti.

Nel complesso, dunque, un proliferare d’iniziative dal basso, cui sarebbe estremamente utile trovare dei momenti di coordinamento a livello nazionale, si da indirizzare meglio la ricerca, evitando inutili sovrapposizioni e “zone d’ombra” di non sufficiente messa a fuoco.

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