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Il terremoto di Ischia ci riporta alla realtà. Il nostro è un territorio fragile, e troppe strutture, abitazioni, edifici scolastici, edifici pubblici sono a rischio sismico. Lasciamo la parola a Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. Guardare in tv i danni e gli effetti del terremoto che ha colpito l’isola di Ischia, con le case sbriciolate ed i cumuli di macerie, lascia davvero sconcertati in considerazione della magnitudo del sisma, anche se rivista al rialzo dall’INGV e pari a 4.0. Alla bassa magnitudo ci saranno state sicuramente associate accelerazioni elevate, che hanno sprigionato grandi quantità di energia, ciò nonostante l’entità dei danni si può spiegare solo con la presenza di manufatti fatiscenti dal punto di vista strutturale e della qualità costruttiva, dove avranno contribuito negativamente anche le amplificazioni locali del sisma, i cosiddetti “effetti di sito” per la natura dei terreni e la conformazione morfotopografica dei luoghi. In ogni caso non si può continuare a morire per terremoti di questa natura, che in un altro paese civile avrebbero fatto solo “il solletico” ai fabbricati. E’ vero che nel nostro Paese, che si conferma ad alto rischio, ove mai fosse ancora necessario ribadirlo, è presente un costruito storico immenso e, spesso, anche di pregio, ma non possiamo ancora una volta utilizzarlo come scusante per i ritardi accumulati nelle azioni e nelle misure di prevenzione civile che, ad oggi, sono ferme ad una misura adottata con l’ultima legge di bilancio, il cosiddetto Sismabonus che, in ogni caso, andrebbe a nostro avviso rivisto nelle procedure e poi successivamente potenziato ed esteso. Quello che manca è la conoscenza del territorio, ci sono state anche iniziative politiche per rifinanziare la Carta Geologica (c’è un progetto, il CARG, che è iniziato nel 1988 e mai completato perché sono stati tagliati i fondi) e per rifinanziare gli studi di microzonazione sismica, essenziali per capire il reale stato di pericolosità sismica di un luogo, ma queste iniziative si sono perse nelle paludi parlamentari. Quello che manca e che andrebbe promosso ed incentivato, oltre Casa Italia, i cantieri pilota o sperimentali di Renzo Piano e gli altri grandi progetti, è la conoscenza e la consapevolezza dei rischi a livello microterritoriale, con azioni mirate nelle scuole, con i cittadini ecc. Ricordo sempre, a tal proposito, che secondo statistiche ancora attuali in Italia si contano tra il 20 e il 50 % di vittime da terremoto per comportamenti sbagliati dei cittadini durante l’evento. Possibile che non possiamo fare proprio nulla? E poi bisogna avere il coraggio di rivoluzionare il mercato immobiliare, mettendo al primo posto nelle valutazioni del valore di un immobile la sua sicurezza e non la sua bellezza o la sua localizzazione urbanistica. Basta con la mistificazione dei tecnici che si arricchiscono con il fascicolo del fabbricato o con la certificazione sismica di un immobile: far conoscere ai cittadini lo stato di sicurezza degli immobili dove vivono o lavorano, oltre che una misura di salvaguardia e di prevenzione civile perché aumenta il loro grado di consapevolezza, è un atto morale. Di tutte queste cose e di altro ancora abbiamo parlato spesso con la politica e con le istituzioni in questo lasso di tempo, un anno, che è trascorso dal terremoto che ha colpito l’Italia centrale a quello di Ischia ieri, anzi ne avevamo parlato già in precedenza, durante il Congresso Nazionale dei Geologi ad aprile 2016, con un dossier consegnato ai politici che sono intervenuti ed alle forze politiche, ne avevano parlato negli anni precedenti i Presidenti che mi hanno preceduto al Consiglio Nazionale, ma gli sforzi fatti in tal senso ed i risultati lasciano davvero molto a desiderare. Nei giorni passati si era tornato a parlare di abusivismo, con le parole del Ministro Graziano Delrio in favore dell’abbattimento delle case abusive e, guarda caso, il terremoto ha colpito proprio un territorio dove tale fenomeno è un problema serio. Oggi si leggono numeri impressionanti sull’abusivismo che riguarda proprio l’isola d’Ischia, non è dato sapere, ma di questo nel caso se ne occuperà la magistratura, se i fabbricati crollati o danneggiati sono regolari o meno, se erano stati condonati o se era stata presentata domanda di condono, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che proprio questo tipo di case, costruite in fretta, magari tirate su nello spazio di 24/48 ore senza nessuna verifica tecnica e geologica, costruite con cemento impoverito, senza verifiche sismiche, siano quelle più vulnerabili in caso di terremoto. Insomma siamo sempre lì, ancora a parlare “dell’abc” del rischio sismico, delle cose più banali, comuni ed ordinarie che si potrebbero iniziare a fare sin da subito. Siamo in scadenza di legislatura, ma le misure per la prevenzione non sono più derogabili, ecco perché dalle forze parlamentari alle prossime elezioni bisognerà pretendere impegni precisi e concreti su questo tema e poi vedremo chi si impegnerà davvero a portarli avanti Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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