6% delle imprese ha titolare straniero anche nelle costruzioni

6% delle imprese ha titolare straniero anche nelle costruzioni
Lo studio sull’imprenditoria straniera in Italia sottolinea come il numero di cittadini stranieri che risiedono nel nostro Paese è aumentato ulteriormente nell’ultimo anno, superando al primo gennaio 2015 i 5 milioni di residenti. Parallelamente è cresciuto il numero di attività imprenditoriali da loro avviate e gestite.
Per meglio comprendere la dinamica in atto, CRIF ha prodotto una fotografia aggiornata dell’andamento e delle specificità delle aziende con titolare non italiano sulla base delle informazioni del CRIF Information Core.

Nello specifico, lo studio mostra come nel nostro Paese siano quasi mezzo milione le imprese riconducibili a un titolare non italiano. Suddividendo tale quota sulla base della natura giuridica dell’impresa, emerge come la maggioranza delle attività con imprenditori provenienti da altri Paesi sia rappresentata da ditte individuali (nel74,1% dei casi), mentre le società di capitali costituiscono solamente il 16,1% del totale, seguite dalle società di persone che si fermano sotto quota 10%.Relativamente alla provenienza degli imprenditori non italiani, invece, il Paese maggiormente rappresentato è risultato essere la Romania con una quota del 13,7% sul totale di questo segmento, seguita da Cina (13,3%), Marocco (12,9%) e Albania (7,8%).

Coerentemente con la maggiore presenza di cittadini provenienti da altri Paesi nelle regioni del Settentrione, l’analisi di CRIF evidenzia come anche la concentrazione di imprese con titolare non italiano interessi prevalentemente il Nord-Ovest, con una quota pari a circa un terzo del totale in virtù del forte peso della Lombardia, regione in cui il fenomeno ha assunto dimensioni più rilevanti.
Per altro, la Lombardia risulta essere anche la regione in cui si registra il grado più elevato di penetrazionedelle imprese con titolare non italiano rispetto al totale delle imprese attive sul territorio.
Tipologia e dimensione delle imprese con titolare non italiano
La quota più alta di imprese con titolare non italiano risulta attiva nel settore del Commercio al dettaglio, con circa il 36% del totale, seguite da quelle dell’Edilizia, con una quota pari al 27%, e dai Servizi, con il 15,7%.
Per quando riguarda il grado di penetrazione nei singoli settori rispetto al totale delle imprese italiane, la quota maggiore è concentrata nel macrosettore dell’Edilizia con il 12,5% del totale, seguito a breve distanza dal Commercio al dettaglio, con il 10,8%.
Le imprese con titolare non italiano – distribuzione per Settore Merceologico
6% delle imprese ha titolare straniero anche nelle costruzioni
Fonte: CRIF Information Core, dati aggiornati al 31 dicembre 2014
Penetrazione rispetto al totale delle imprese attive nel singolo settore
6% delle imprese ha titolare straniero anche nelle costruzioniFonte: CRIF Information Core, dati aggiornati al 31 dicembre 2014

Relativamente alla dimensione aziendale, il 93,5% delle imprese con titolare non italiano risulta avere meno di 6 dipendenti, mentre l’analisi sull’anzianità delle stesse mostra come nel 45,7% dei casi siano state costituite dopo l’anno 2011 (solamente il 6,4% del totale risulta essere stata fondata prima del 2000).
Infine, un quarto degli imprenditori provenienti da altri Paesi (il 25,3% per la precisione) è di sesso femminile.
Le imprese con titolare non italiano – distribuzione per Numero di dipendenti
6% delle imprese ha titolare straniero anche nelle costruzioniFonte: CRIF Information Core, dati aggiornati al 31 dicembre 2014

Gli imprenditori provenienti da Paesi a maggioranza islamica
Lo studio prodotto da CRIF mostra anche come a dicembre 2014 il 36,6% dei titolari di impresa non italianirisultasse proveniente da Paesi a maggioranza islamica, dato che risulta particolarmente significativo soprattutto per quanto attiene la specificità del rapporto con gli istituti di credito e del crescente interesse di questi ultimi nei confronti della cosiddetta ‘finanza islamica’ e ‘banca islamica’.Per altro va sottolineato come nel mese di ottobre 2014 sia stato raggiunto il picco di nuove imprese fondate da titolari provenienti da Paesi a maggioranza islamica, con oltre 2.000 nuove aperture.
Tra i Paesi maggiormente rappresentati spicca il Marocco, con una quota superiore ad un terzo del totale di questo specifico segmento, seguito a distanza dal Bangladesh, e dall’Egitto.

Un approfondimento sulle imprese con titolare proveniente da Paesi a maggioranza islamica è stato presentato all’interno dell’appuntamento “MIGRANT BANKING E FINANZA ISLAMICA” organizzato da CRIF Academy, la business school di CRIF.Il workshop ha consentito di riflettere su come la finanza islamica e la banca islamica rappresentino una opportunità ancora pressoché inesplorata per l’Italia malgrado potrebbero rappresentare un elemento di ulteriore spinta per stimolare la crescita di un’economia che non è ancora riuscita a lasciarsi completamente dietro alle spalle la crisi.
A questo riguardo si stima che l’industria dei servizi finanziari islamici, presente in oltre 65 paesi, oggi gestisca fondi per oltre 1.800 miliardi di dollari e continui a crescere ad un ritmo del 10%-15% all’anno.
Le banche totalmente islamiche o dotate di uno sportello dedicato sarebbero 360, sono più di 250 i fondi d’investimento che seguono i principi della Sharia, mentre il mercato dei titoli islamici (sukuk) conta ormai quasi cento emittenti corporate o pubblici.

Nel nostro Paese la finanza islamica e la banca islamica sono ancora in una fase pionieristica malgrado la posizione geografica dell’Italia che ne fa un naturale ponte tra Europa e mondo arabo e il fatto che l’Italia sia da parecchi anni il primo partner commerciale della quasi totalità dei paesi della sponda Meridionale del Mediterraneo e di quelli del Golfo.“In Italia manca ancora una conoscenza diffusa di questo modello complementare di banca e degli strumenti finanziari ‘sharia compliant’ – commenta Simone Capecchi, Direttore Sales & Marketing di CRIF -. Al contempo la domanda di prodotti e servizi finanziari ancora latente e non soddisfatta alimenta fenomeni come lo ‘shadow banking’. Recentemente, però, sembra che qualcosa stia cambiando e si sta consolidando la riflessione sull’erogazione di prodotti e servizi Shari’a compliant anche da parte di banche convenzionali”.

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