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Silvia Viviani, presidente dell’Inu, nell’ambito della consultazione pubblica promossa dal ministro Maurizio Lupi sulla bozza di riforma urbanistica, ha inviato al Ministero delle Infrastrutture alcune riflessioni che riguardano essenzialmente alcuni elementi critici all’interno del decreto, sia di forma che di sostanza. Per l’INU – che ha redatto il contributo a seguito di una call promossa tra i soci dell’Istituto – pur in presenza di una produzione rilevante di piani urbanistici, lo stato dei nostri territori e delle nostre città non soddisfa. Il punto è che la prevalenza della componente burocratica ha fatto prevalere i mezzi sugli obiettivi e sui contenuti propri della pianificazione. L’Inu è convinto che ormai non serva affinare un modello e che occorra, invece, cambiare strumenti per gestire i processi. I temi rilevanti del dibattito contemporaneo sulle condizioni urbane sono la cura nell’uso delle risorse, da salvaguardare e da mobilitare, un’etica dei beni comuni, una rigenerata efficienza a base degli stili di vita, la creazione delle condizioni di convivenza in spazi diversamente percepiti e vissuti, una concreta risposta alle tensioni verso felicità e sicurezza. Nella bozza di ddl si nota invece una prevalenza assorbente delle componenti dell’edilizia e della rendita. Da una riforma realmente innovativa l’Inu si aspetta la valorizzazione della componente ambientale e urbanistica, piuttosto che quella strettamente edilizia, promuovendo tattiche di rigenerazione urbana fondate sui “beni comuni”. Al contrario la rigenerazione urbana, per come è concepita nel ddl, rinvia alla semplice operazione di demolizione e ricostruzione di fabbricati e infrastrutture. La procedura è descritta come intervento in cui lo Stato ha mero ruolo di regolazione delle forze di mercato, mentre è esclusa la funzione di promotore e partner, come investitore o realizzatore di programmi a finalità sociale o di aiuto alle imprese. In altri termini, non si configura come politica urbana. Sulla stessa falsariga, la proposta di legge per contrastare il consumo di suolo appare sbilanciata sui soli aspetti quantitativi, sia in termini assoluti che in termini di una raffinata articolazione in classi qualitative di suoli, che però distoglie dalla questione centrale del progetto urbanistico, ovvero dalla necessità di ridurre il suolo impermeabilizzato. L’Inu rilancia e offre una definizione di rigenerazione urbana generalizzata, che comprende la produzione di ricchezza pubblica e privata, le strategie dell’adattamento climatico, le politiche di inclusione sociale, le azioni di messa in sicurezza dei territori e l’innovazione della produttività d’impresa, gli interventi dell’infrastrutturazione fisica e quelle della rete immateriale a sostegno dello sviluppo, del lavoro e della creatività urbana. Una definizione che comprenda anche l’inclusione di validi strumenti per la prevenzione del rischio idrogeologico, strumenti che nel ddl mancano. L’Inu ritiene che una base su cui impostare questo cambiamento nel ddl ci sia, ed è la volontà manifestata dal testo di integrare la materia urbanistica e quella fiscale, che merita apprezzamento. I nuovi atti di governo del territorio dovranno essere strettamente integrati nelle politiche di bilancio degli enti locali e ne dovranno costituire effettivamente il motore e l’elemento di verifica. La fiscalità immobiliare è centrale per la possibilità di dare attuazione alle politiche urbane di rigenerazione diffusa, tramite interventi che possono beneficiare di sgravi fiscali, differenziando la fiscalità afferente alle operazioni di rigenerazione rispetto a quelle che consumano nuovo territorio. Sul ddl Lupi l'INU parla di elementi critici 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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