ANCE – Le costruzioni sono il motore d’Europa

ANCE: 10 punti per tornare a crescere

ANCE - Le costruzioni sono il motore d'Europa

La ripresa del comparto edile e la spinta verso le esportazioni sono alla base del rilancio dell’economia in genere ed in particolar modo del settore delle costruzioni.
E proprio su questa linea l’ANCE ha proposto 10 punti in vista della consultazione elettorale per la formazione del nuovo Parlamento europeo.
Punto di partenza è che i modelli di sviluppo europeo e italiano vengono normalmente connotati come export-led, trainati, quindi, dalle esportazioni ed è principalmente a queste che si sono rivolte le scelte economiche.
La politica economica degli ultimi anni, molto spesso, ha trascurato le potenzialità, economiche e sociali, delle costruzioni, nonostante gli evidenti benefici che possono derivare da investimenti in opere pubbliche e in edilizia abitativa, per via dell’indotto generato in ben 18 settori industriali collegati nella lunga filiera.
La presenza di due motori risulta evidente anche alla luce delle strategie che altri paesi industrializzati, notoriamente considerati a prevalente vocazione esportativa, come Stati Uniti e Giappone, hanno utilizzato per uscire dalla crisi.
Negli Stati Uniti, ad esempio, il rapido e incisivo riavvio del ciclo di crescita è stato reso possibile dalla ripresa del settore edile conseguente alla decisione della Fed di immettere direttamente in questo circuito produttivo base monetaria, attraverso l’acquisto di mortgage baked security (equivalenti alle nostre cartelle fondiarie). E’ evidente la differenza con quanto sta avvenendo in Europa, con l’assenza di analoghe decisioni, in particolare da parte della BCE.
La sottovalutazione del ruolo delle costruzioni è evidente anche dalla mancanza, in Italia e in Europa, di rilevazioni sistematiche sul contributo alla crescita fornito dalle costruzioni, elemento che costituisce, invece, un riferimento strategico per le politiche degli altri paesi.
Le statistiche, sebbene lacunose, permettono comunque di evidenziare il ruolo economico delle costruzioni: nell’ultimo ciclo, quello che va dalla metà degli anni 1990 ai giorni nostri, il settore delle costruzioni ha impresso una spinta alla crescita del PIL e dell’occupazione. Dallo scoppio della crisi nel 2008, le incertezze sul futuro, la minore offerta di credito, una tassazione crescente e disordinata e il peso eccessivo degli adempimenti burocratici hanno scoraggiato l’attività edilizia causando una fase recessiva generale tuttora in corso.
Limitandosi all’esame delle statistiche del ciclo recessivo 2008-2012 si evidenzia che il settore delle costruzioni nell’euro area è caduto del 19,9%, contro una crescita delle esportazioni del 7,9%. Il motore dell’export ha quindi continuato a funzionare, sia pure a scartamento ridotto, soprattutto in Italia, ma la caduta del reddito e dell’occupazione è imputabile prevalentemente alla caduta produttiva nel settore delle costruzioni.
Un elemento centrale della strategia di ripresa dell’economia europea e nazionale deve riguardare il rilancio delle costruzioni, a sostegno di una crescita più intelligente, sostenibile e inclusiva.

L’Europa che cresce

1. Governance economica
In tutta Europa, la crisi economico-finanziaria e le politiche di consolidamento della finanza pubblica hanno determinato una forte riduzione della spesa per investimenti fissi lordi. Tra il 2009 ed il 2013, la quota percentuale della spesa per investimenti fissi lordi sulla spesa totale dei Paesi dell’Unione Europea a 17, che era stabile da quasi 10 anni, si è rapidamente ridotta dal 2,8% al 2,1%.
L’Europa si deve dotare di adeguati strumenti per promuovere gli investimenti per la crescita, ed invertire la tendenza registrata con l’applicazione delle misure di “austerity”.
Appare chiaro che l’esclusione degli investimenti dai parametri europei, nella modalità decisa dalla Commissione europea, che, peraltro, è stata presentata come il principale strumento per migliorare la qualità della spesa pubblica e rilanciare la crescita, risulta straordinariamente inadeguata e non premia assolutamente i Paesi più veloci sulla strada del risanamento della finanza pubblica.
Nel primo anno di applicazione, infatti, le regole di accesso a tale flessibilità hanno, di fatto, permesso l’esclusione degli investimenti, in tutta Europa, per soli 560 milioni di euro, ovvero lo 0,0043% del PIL dell’Unione. Un impegno incredibilmente esiguo rispetto all’obiettivo perseguito.
A breve termine, è necessario superare la clausola per gli investimenti e prevedere nuovi strumenti: una vera golden rule per gli investimenti, come ad esempio quelli per la messa in sicurezza del territorio, o un “Contratto per la crescita” che preveda la concessione di flessibilità per gli investimenti in cambio di riforme.
A medio termine, è inoltre necessario modificare le regole ed i parametri della governance economica europea, compreso il limite del 3% del rapporto deficit/Pil ed il Fiscal compact, anche per favorire concretamente una politica di investimenti da parte degli Stati Membri.
Per quanto riguarda i finanziamenti erogati dall’Unione Europea, in particolare per quelli della politica di coesione (fondi strutturali europei,…), deve inoltre essere eliminata la condizionalità macroeconomica che inserisce il rispetto delle procedure di governance economica tra le condizioni vincolanti per l’erogazione dei finanziamenti.
Con riferimento all’applicazione del Patto di stabilità e crescita europeo a livello nazionale, è necessario modificare il Patto di stabilità interno rendendolo più in linea con i principi comunitari, sia in termini di contribuzione al risanamento della finanza pubblica degli enti locali sia in termini di regole di contabilizzazione delle spese in conto capitale.

2. Infrastrutture per la qualità della vita
Un elemento centrale della strategia di ripresa dell’economia europea deve riguardare il rilancio della politica infrastrutturale, per costruire una Europa moderna, competitiva, più inclusiva, in grado di salvaguardare il proprio territorio e di garantire qualità della vita ai cittadini. Una politica che punti sullo sviluppo degli investimenti fisici sul suo territorio, infatti, coglie allo stesso tempo due obiettivi sinergici: agganciare l’Italia con l’Europa e favorire lo sviluppo.
Mobilità sostenibile: reti transeuropee di trasporto, per collegare persone, città ed imprese e facilitare la produzione e lo scambio delle merci europee, con attenzione sia ai grandi collegamenti che agli investimenti da realizzare nelle aree urbane nonché alla manutenzione e all’ammodernamento di infrastrutture già esistenti;
Sicurezza del territorio: interventi infrastrutturali per la messa in sicurezza del territorio come elemento qualificante della politica europea per l’adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso un maggiore peso nei programmi finanziati dall’Unione Europea (fondi strutturali europei,…);
Istruzione: progetti per il miglioramento della sicurezza e della fruibilità degli edifici scolastici come condizione per aumentare e migliorare i livelli di istruzione;
Inclusione sociale: infrastrutture socioeducative, sociosanitarie e sanitarie e abitazioni per le famiglie in condizioni di disagio sociale;
Comunicazioni: implementazione della banda larga ed ultra larga.
Meccanismi normativi: le norme introdotte devono consentire agli Stati di poter conseguire gli obiettivi generali, e non essere, esse stesse, causa di allontanamento dagli stessi. Appare illogico, ad esempio, prevedere imponenti finanziamenti per lo sviluppo e la coesione quando le regole finanziarie vigenti impediscono, di fatto, un pieno utilizzo di quei finanziamenti.

3. Credito per famiglie e imprese
Nel periodo 2007-2012, i finanziamenti per gli investimenti nel comparto abitativo si sono dimezzati mentre quelli nell’edilizia non residenziale hanno subito una riduzione del 66%. Complessivamente alle imprese sono venuti a mancare oltre 80 miliardi di euro. Per l’acquisto di abitazioni, le famiglie hanno assistito ad un crollo nelle erogazioni: -60% in sei anni, vale a dire oltre 76 miliardi di mutui in meno rispetto agli anni dell’espansione.
E’ evidente come sul mercato siano venuti a mancare i finanziamenti a medio-lungo termine, l’unica forma di prestito in grado di far fronte al profilo temporale degli investimenti delle imprese del settore e delle famiglie.
E’ necessario che la Banca Centrale Europea garantisca una politica monetaria europea compatibile con gli obiettivi di politica industriale della Commissione Europea contenuti nella Comunicazione al Parlamento Europeo “Per una rinascita industriale europea” e vigili sulle banche europee affinché la liquidità immessa sul mercato venga resa effettivamente disponibile alle imprese (anche con l’acquisto di covered bond).

4. Pagamenti alle imprese
I ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione continuano a determinare una situazione di estrema sofferenza nel settore delle costruzioni, uno dei settori più colpiti dal fenomeno in Italia.
E’ necessario garantire la piena applicazione della direttiva europea sui ritardi di pagamento adottata a febbraio 2011, favorendo l’adozione di misure strutturali come la riforma del Patto di stabilità interno e la modifica delle regole di contabilizzazione della spesa pubblica. In questo contesto, una particolare attenzione va inoltre dedicata alle prassi gravemente inique adottate dalle Pubbliche Amministrazioni.
Inoltre, deve essere proseguita l’azione europea volta ad assicurare lo smaltimento di tutti i debiti pregressi della Pubblica Amministrazione (11 miliardi di euro ancora dovuti alle imprese di costruzioni).

5. Fisco per famiglie e imprese
Le politiche fiscali devono favorire l’armonizzazione, la riqualificazione del territorio e l’accesso al “bene casa”. Rilevanza assume anche il riconoscimento, a livello europeo, del principio della “non incidenza” dell’IVA sulla committenza pubblica.
Il fattore fiscale è un elemento determinante nell’allocazione delle risorse e degli investimenti.
Occorre, in tal ambito, favorire tutti i processi di armonizzazione che, senza incidere sull’autonomia decisionale dei singoli Stati membri, uniformino le politiche fiscali in funzione del raggiungimento di obiettivi comuni meritevoli di tutela.
Le politiche fiscali portate avanti dal Governo italiano nel settore immobiliare hanno provocato un incremento rilevante della tassazione, che si affianca ad un livello di pressione fiscale generale già elevato, a fronte dei quali è invece evidente la scarsità di servizi resi alla collettività.
L’Unione europea dovrebbe adottare, per contro, politiche fiscali che tutelino il “bene casa”, tenuto conto del suo valore sociale e dei costi necessari per l’acquisto ed il mantenimento in efficienza.
In Italia, l’obiettivo di garantire il “diritto di abitare” alle fasce sociali più deboli si scontra con la carenza, sempre più marcata, di fondi pubblici da stanziare per l’attuazione di programmi di edilizia abitativa.
Di contro, è sempre più evidente che la leva fiscale rappresenti uno strumento necessario per realizzare adeguate politiche abitative.
Per questo, è opportuno che, a livello europeo, anche rivedendo le indicazioni in materia di aiuti di Stato e Servizi di Interesse Economico Generale, vengano introdotti principi uniformi diretti ad incentivare l’investimento degli operatori privati in tali iniziative, attraverso meccanismi fiscali che favoriscano la locazione degli immobili.
Al fine di garantire la non incidenza dell’IVA sui costi degli appalti pubblici e delle operazioni di project financing, appare necessario sostenere, a livello comunitario, l’estensione del concetto di “irrilevanza ai fini IVA” alle operazioni effettuate a favore della Pubblica amministrazione, in modo da consentire la destinazione agli investimenti pubblici dell’intero stanziamento per la realizzazione dell’opera.

6. Lavoro
Il costo del lavoro edile in Italia presenta un’anomala forbice tra quanto percepito dal lavoratore e costo complessivo per l’impresa, una forbice che corrisponde ad un rapporto di circa 1 a 3.
Risulta necessario armonizzare il cuneo fiscale e contributivo all’interno del mercato europeo al fine di riportare tutte le imprese ai medesimi livelli di competitività e riavviare i consumi.
Tale azione non può prescindere peraltro da un riallineamento delle aliquote contributive tra settori industriali e tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, riallineamento necessario per sanare sperequazioni che hanno effetti immediati sul mercato del lavoro di riferimento a danno delle imprese regolari e strutturate.

L’Europa più efficiente

7. Semplificazione, riduzione della burocrazia ed efficienza dell’Amministrazione
La burocrazia nel nostro Paese è una delle tasse occulte più alte pagate dalle imprese: secondo la classifica Doing Business 2014 l’Italia è al 65° posto su 189 Paesi analizzati ed è scesa al 49° posto nella graduatoria 2013-2014 del World Economic Forum (WEF) risultando tra le economie meno competitive del pianeta.
Una delle prime cause dello svantaggio competitivo è la difficoltà di operare in un contesto “non semplice”.
Un sistema caratterizzato da regole complesse, costi elevati e tempistiche lunghe incide negativamente sull’attività delle imprese rallentando o bloccando i lavori. Un mix di negatività che inevitabilmente si ripercuote sul tutto il sistema creando vuoti nella crescita economica del Paese.
La semplificazione amministrativa e la riduzione della burocrazia deve rappresentare un obiettivo primario a partire dall’Unione Europea.
Ed è in tale contesto che è necessario avviare un complesso processo di modernizzazione e semplificazione delle procedure amministrative finalizzato proprio a migliorare la competitività delle nostre imprese.
Occorre quindi proseguire nel percorso di riforma, semplificazione e razionalizzazione dei sistemi amministrativi degli Stati Membri.
Per dare piena ed efficace attuazione agli obiettivi di semplificazione ed efficienza dell’azione amministrativa è imprescindibile puntare su misure che incentivino la qualificazione tecnica delle Pubbliche Amministrazioni secondo modalità il più possibile uniformi negli Stati Membri e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza, parità di trattamento e libera concorrenza.
Per quanto concerne il settore delle opere pubbliche, ma anche quello dei lavori privati, il necessario processo di semplificazione e modernizzazione deve muovere anche da una responsabilizzazione di tutti gli attori dell’iter di realizzazione delle infrastrutture: pubblica amministrazione, progettisti e imprese di costruzione.
L’azione comunitaria deve orientarsi in primis verso una semplificazione, senza per questo perdere di vista l’obiettivo della tutela, delle materie in cui vi è una competenza per così dire primaria. Basti pensare alle questioni ambientali ad esempio con la Direttiva rifiuti ovvero alle indicazioni emanate negli anni scorsi, in materia di Valutazione Ambientale Strategica dove l’indeterminatezza del campo di applicazione porta oggi ad interpretazioni “localistiche” che alla fine, anziché tutelare l’ambiente, si tramutano in mero strumento di vincolo fine a se stesso che blocca qualsiasi tentativo di competizione.

8. Mercato interno, concorrenza e opere pubbliche
Una economia di mercato aperta e in libera concorrenza deve garantire alle imprese operanti nel mercato unico europeo, identiche condizioni di azione, contrastando ogni normativa nazionale che determini un ingiustificato svantaggio per alcune di esse.
E’ necessario agire per stimolare la concorrenza, proponendo misure atte ad allargare il mercato interno dei lavori pubblici, consentendo la realizzazione di opere con tempi e costi adeguati e contrastando quelle norme, che, agendo in chiave contraria, creano mercati chiusi, disparità di trattamento tra gli operatori economici, provenienti dai diversi Stati Membri, o anche consolidano ingiustificate posizioni dominanti.
Se l’Europa chiede ai suoi partner il rispetto di precisi obblighi, in tema di politiche economiche e fiscali, sanzionando le eventuali violazioni, al contempo, le Istituzioni Europee devono contrastare efficacemente tutte le situazioni che, in violazione dei principi stabiliti dai Trattati, determinano alterazione della concorrenza.
In Italia, ad esempio, si può citare il caso dei concessionari autostradali, che, pur avendo acquisito la concessione senza gara, e, dunque, in violazione di quanto stabilito dal legislatore comunitario, non recuperano “a valle” tale deficit di concorrenza, continuando ad affidare i lavori di loro competenza anche “in house” .
E’, inoltre, necessario garantire una applicazione uniforme del diritto comunitario, contrastando l’attuale conformazione del patto di stabilità interno, che penalizza le migliori imprese operanti sul mercato nazionale, capaci di eseguire, con perizia, i lavori aggiudicati, ma impossibilitate ad affrontare successivi investimenti o far fronte agli impegni presi, a causa del blocco dei pagamenti; dunque, impossibilitate, a competere, liberamente ed in condizione di parità, con le altre imprese operanti nello spazio europeo.

L’Europa che guarda al futuro

9. Città
Le città sono motori di sviluppo globale per la società economica e civile dove attività produttive e culture si fondono sino a formare un complesso inscindibile.
Nell’ambito dei processi di valorizzazione e trasformazione, proprio in considerazione delle peculiarità del nostro territorio, l’ambiente urbano nel suo complesso rappresentato dall’unicum dato del paesaggio, dall’architettura, dalle tradizioni socio culturali e dall’arte più in generale va posto al centro del rinascimento urbano.
Tutto ciò va realizzato in una politica che, da un lato, privilegi gli aspetti di conservazione attiva dell’esistente e dall’altro le trasformazioni più sostanziali e necessarie per mantenere l’ambiente urbano in linea con le esigenze di una comunità in cammino senza per questo farsi condizionare da una sterile politica di conservazione ad ogni costo. Per far ciò occorre mettere a fattor comune tutte le risorse umane, amministrative e finanziarie disponibili partendo da quelle nazionali, ma proponendo politiche in grado di far convogliare le azioni e le risorse comunitarie verso questi obiettivi.
Cultura, monumenti, paesaggio e storia formano un mix urbano e territoriale che deve essere posto al centro dell’interesse degli anni soprattutto se tutto ciò fa parte del DNA nazionale e non è invece “importato”.
La politica fiscale può essere spesso decisiva per innescare processi complessi di rinnovamento urbano e di riqualificazione energetica degli edifici. Da qui la necessità che l’Europa indirizzi la politica fiscale degli Stati membri verso l’introduzione di meccanismi in grado di incentivare la riqualificazione del tessuto urbano ed il raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio energetico e di sicurezza del patrimonio immobiliare esistente.
Quindi, si deve avviare un’attività finalizzata ad un più generale processo di rinascimento urbano che utilizzi tutte le risorse possibili.

10. Sfide ambientali, efficienza energetica ed innovazione
Tutela e rilancio della cultura della conservazione attiva del territorio, del paesaggio e più in generale dell’ambiente rappresentano una priorità alla quale vanno dedicate risorse e attività in misura rapidamente crescente.
Ma non è l’unica priorità, in un contesto di sviluppo sostenibile va anche affrontata la sfida di ridurre i consumi energetici dell’edilizia, integrare l’uso delle fonti rinnovabili, mettere in sicurezza le costruzioni nelle zone sismiche.
Bisogna promuovere un’edilizia sempre più sostenibile e puntare sulla riqualificazione degli immobili esistenti.
Le tecnologie ed i materiali innovativi non mancano, ciò che serve è incentivare gli interventi “green” diffondendo la conoscenza delle best practice, facilitando gli interventi con adeguati e stabili incentivi sia economici che fiscali, finalizzando l’uso dei fondi strutturali europei per la riqualificazione degli edifici esistenti.
La ricerca della sostenibilità delle emissioni zero, nonché delle altrettanto “immissioni zero” non deve però far perdere di vista la questione del recupero dei materiali a fine vita. Insomma la sostenibilità non deve essere vista solo nel presente ma anche nel futuro e cioè quando si avrà l’esigenza di ristrutturare, demolire e cioè di smaltire i materiali da costruzione e demolizione.

Fonte ANCE

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