Acciaio: addio alle commodity europee?

Acciaio: addio alle commodity europee?

L’industria siderurgica europea dovrà abbandonare la produzione di commodity d’acciaio. Questa la previsione di Jean-Luc Maurange, vice presidente di ArcelorMittal, e di Dimitry Scuka, Ceo di Evraz Europe, durante lo Steel Market Outlook, convegno dedicato all’andamento del mercato dell’acciaio al carbonio che si è tenuto durante la quinta edizione della manifestazione Made in Steel. Maurange, numero due del gruppo leader globale della produzione siderurgica, ha dichiarato di non vedere futuro «per le acciaierie europee che realizzano esclusivamente commodity». Queste attività sono destinate a ridursi o a trasformarsi, virando «su prodotti ad alto valore aggiunto, non solo destinati all’automotive, ma anche, per esempio, all’edilizia». Lo stesso punto di vista è condiviso anche da Dmitry Scuka, che prevede «la morte della parte a monte dell’industria dell’acciaio europeo entro 10 o 15 anni». Il vecchio continente, quindi, non sarà più un produttore primario, ma si concentrerà su «prodotti finiti ad alto valore aggiunto e diventerà importatore di semilavorati, specie da Russia e Ucraina». Per ciò che concerne il mercato, Maurange ritiene che «il minimo della domanda globale sia oramai alle spalle». Purtroppo, però, «l’Europa resta in recessione, sebbene i ritmi del declino stiano rallentando». La situazione della richiesta mondiale, ha precisato Pierre Mangers (executive director performance improvement Ernst & Young), dovrebbe rimanere la medesima a livello mondiale sino al 2020, con la domanda in costante crescita sino a quando la Cina, appunto tra sette anni, raggiungerà un consumo di acciaio di 600 kg pro capite.

Le problematiche per il settore siderurgico, oltre alla contrazione del mercato interno (sia italiano sia continentale), sono legate per il dirigente di ArcelorMittal ad elementi «non direttamente dipendenti dalle imprese: costo dell’energia non competitivo e vincoli stringenti sulle emissioni di Co2, limiti che dovrebbero essere omogenei e non diversi da Paese a Paese». Per questi motivi, Maurange non esclude la valutazione di «misure di protezione: l’Europa è l’unico mercato realmente libero, ma non è detto che questo sia sempre un vantaggio». Mangers ha approfondito la tematica relativa alle dimensioni medie d’impresa, soprattutto in relazione a quelle dei fornitori di minerale ferroso: «i produttori siderurgici – è convinto Mangers – dovrebbero collaborare e fare massa critica stringendo alleanze e mettendosi al riparo dalla volatilità che non consente di calcolare i costi in modo puntuale».
Entrando più nel dettaglio delle materie prime, secondo l’executive chairman di Stemcor, Ralph Oppenheimer, «le quotazioni del minerale ferroso scenderanno sotto i 100 dollari la tonnellata entro due o tre anni; mentre il rottame sarà più stabile, anche se tendenzialmente si ridurrà». Infine, Achille Fornasini, chief analyst di Siderweb, ha sottolineato che «le politiche monetarie di Stati Uniti, Europa e Giappone sono orientate al massimo ribasso possibile del tasso ufficiale di sconto». In Europa, però, a differenza di Usa e Sol Levante, «non ci si decide a optare per immissioni di liquidità nel sistema, che potrebbero fungere da stimolo alla ripresa».

Nella terza giornata di Made in Steel si è tenuto inoltre lo Stainless Steel Market Outlook, incontro dedicato al mercato dell’acciaio inossidabile. Nel corso del convegno Susanne Peiricks, numero uno europea di Schmolz-Bickenbach, ha previsto che «la domanda complessiva di prodotti lunghi in acciaio inox crescerà fino al 2016 del 4% – ha spiegato -. In particolare nel comparto automotive le nostre stime parlano mediamente di un impiego di 5 chilogrammi di lunghi in inossidabile a veicolo, il che si traduce in una necessita globale di almeno 530 mila tonnellate all’anno che salgono a 950 mila tonnellate se si considerano anche gli scarti di lavorazione, numeri che per l’Europa si traducono in 120 mila tonnellate di esigenza per 210 mila tonnellate di richiesta potenziale». Per Makrus Moll, managing director di SMR, nel 2013 in Italia «non ci sarà una ripresa dei volumi quanto piuttosto nella marginalità».

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