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Il trattamento fiscale riservato ai trasferimenti di fabbricati (abitativi e strumentali) dipende da una serie di elementi riguardanti il soggetto cedente, la tipologia di immobile (nuovo o usato) e la classificazione catastale. La disciplina di riferimento è rappresentata dall’articolo 10, n. 8 – bis) e 8 ter) del Dpr 633/72, modificato recentemente dal Dl 22 giugno 2012, n. 83. In particolare, la prima disposizione citata prevede, preliminarmente, l’applicazione di un principio generale di esenzione, in base al quale le cessioni di fabbricati abitativi sono sempre esenti da Iva, salvo che siano effettuate da imprese costruttrici degli stessi entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione. Inoltre, l’Iva si applica anche per le cessioni di fabbricati la cui costruzione sia terminata da oltre cinque anni, subordinatamente all’opzione esercitata dall’impresa costruttrice nel relativo atto. Tale ultima novità si applica con decorrenza dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del D183/2012). A tal proposito deve essere subito rilevato che le modifiche normative, intervenute con effetto dal 26 giugno scorso, potrebbero determinare l’applicazione di una diversa imposta per le operazioni poste in essere precedentemente a tale data rispetto a quelle poste in essere successivamente. La circostanza spiega per quale ragione l’acquisto di un immobile effettuato con un atto notarile rogato durante i primi giorni del 2012 sia stato assoggettato ad imposta di registro, rispetto ad un altro atto, avente ad oggetto un immobile pressoché simile (venduto dalla stessa impresa), assoggettato ad Iva. L’assoggettamento a Iva La prima condizione necessaria affinché la cessione di un immobile di tipo abitativo sia assoggettata ad Iva riguarda la natura del soggetto cedente, che deve essere un’impresa costruttrice. Deve a tal fine considerarsi che assume la qualifica di impresa costruttrice non solo l’impresa che realizza l’immobile con mezzi propri, ma anche quella che si avvale di imprese “terze” per l’esecuzione dei lavori. Pertanto, se un’impresa realizza un immobile appaltando la costruzione del fabbricato ad un’altra impresa, la qualifica di costruttore deve essere riconosciuta esclusivamente in capo all’appaltante. Invece, l’impresa appaltatrice svolge una mera attività di servizi, ma non può mai essere considerata costruttrice. Inoltre, la qualificazione di impresa costruttrice è una «qualità ricollegata ad un dato di fatto (la costruzione, appunto, dell’immobile) e non a particolari riconoscimenti formali, dovendosi prescindere anche dall’attività svolta in via principale o prevalente dall’impresa o dal suo oggetto sociale, potendo la qualità di impresa costruttrice spettare in relazione ad un’attività di costruzione svolta occasionalmente» (si veda: Commissione Studi tributari del Consiglio nazionale del notariato n. 102-2012/T). La natura del fabbricato Il secondo presupposto per l’applicazione della disciplina prevista dall’articolo 10, n. 8-bis) del decreto Iva riguarda la natura del fabbricato. Dal punto di vista letterale, la disposizione fa riferimento alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricati diversi da quelli di cui al numero 8 – ter). Dal punto di vista sostanziale, la disposizione si applica agli immobili di tipo abitativo, sulla base della categoria catastale e quindi prescindendo dall’uso effettivo del fabbricato. Rientrano nell’ambito della predetta disposizione gli immobili aventi categoria catastale A ad esclusione della categoria A/10 (uffici). La terza condizione che influenza il regime applicabile è il periodo trascorso dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione. Infatti, se la cessione viene effettuata dal costruttore entro cinque anni dall’ultimazione dell’intervento il trasferimento dovrà essere assoggettato ad Iva. Invece, se la cessione è effettuata decorsi cinque anni (dalla data di ultimazione della costruzione) l’operazione sarà esente da Iva. In questo caso, troverà applicazione l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, qualora si tratti dell’acquisto della prima casa, ovvero del 7 per cento se l’acquisto non è agevolabile. La possibilità di applicare l’Iva anche se sono trascorsi cinque anni è stata prevista solo per le cessioni effettuate da costruttori e per le operazioni poste in essere dal 26 giugno scorso (data di entrata in vigore del Dl n. 83/2012). Tornando al quesito posto dal lettore, deve essere osservato che per l’operazione posta in essere con atto rogato i primi giorni dell’anno 2012 erano trascorsi più di cinque anni dall’ultimazione della costruzione del fabbricato. In questo caso la norma allora in vigore prevedeva l’esenzione dall’Iva senza che il costruttore potesse applicare tale tributo esercitando l’opzione nell’atto di compravendita. Conseguentemente, è stata correttamente applicata l’imposta di registro, la cui base imponibile è rappresentata dal valore del fabbricato. Inoltre, il soggetto acquirente può aver beneficiato, oltre che delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa anche del “prezzo valore”. Si tratta di un particolare meccanismo che consente all’acquirente di beneficiare dell’applicazione dell’imposta di registro sul valore catastale, solitamente più basso rispetto al valore venale, ed in ogni caso inferiore al corrispettivo. Invece, per la cessione effettuata nel 2013 il costruttore, pur avendo effettuato la vendita di un immobile terminato da oltre cinque anni, si è avvalso della novità introdotta dal Dl n. 83/2012. Conseguentemente, pur essendo l’operazione naturalmente esente da Iva, ha applicato il predetto tributo avendo esercitato l’opzione. Tale possibilità è stata introdotta esclusivamente a beneficio delle imprese costruttrici. In questo caso, la base imponibile dell’Iva non è rappresentata dal valore del bene, ma dal corrispettivo, cioè dalla somma effettivamente pagata. La circostanza spiega gli oneri fiscali maggiori dovuti all’atto del trasferimento. Fonte ANCE La fiscalità nelle compravendite immobiliari 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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