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Sono due i pilastri dell’economia italiana: export e costruzioni. Fin quando anche le costruzioni non risaliranno la china l’economia non potrà tornare a crescere. Perché le costruzioni rappresentano l’11% della ricchezza del Paese. Perché la crisi del settore ha prodotto una perdita del 3% di Pil. Perché è l’unico settore in grado di creare occupazione su tutto il territorio (no delocalizzazione) e in tempi rapidi. Perché il settore delle costruzioni acquista beni e servizi dall’80% dei settori economici. Perché ogni miliardo investito in edilizia genera un giro d’affari di 3,374 miliardi e crea 17.000 nuovi posti di lavoro. Fermare l’industria delle costruzioni significa fermare il Paese!! LAVORO POSTI PERSI Il settore delle costruzioni ha perso dall’inizio della crisi 360mila posti di lavoro pari a 72 Ilva Taranto, 450 Alcoa o 277 Termini Imerese. Se si considera l’indotto arriviamo a 550 mila unità. L’emorragia di posti di lavoro è ormai arrivata a colpire anche le strutture imprenditoriali più solide. Si tratta di un autentico processo di deindustrializzazione del settore: si assiste a un vero e proprio boom di fallimenti delle imprese edili, ormai vicino alla cifra record di 10.000, destinata ancora a crescere. PAESI A CONFRONTO Bisogna tornare a investire per produrre lavoro. Gli altri Paesi lo stanno facendo: Francia (+3,5%), Germania (+5,8%) mentre negli Stati Uniti è in discussione un piano per 60 miliardi $ che consentirà la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Il secondo punto dell’American Jobs Act con cui Obama ha vinto le elezioni è infatti incentrato sul rilancio dell’edilizia e delle infrastrutture. COSA FARE Più investimenti. Dal 1990 a oggi la spesa in conto capitale è diminuita del 70% mentre quella corrente è aumentata del 28%. Questa tendenza quindi ha portato a una drastica riduzione di quella che è la spesa più produttiva per lo Stato in termini di ricadute economiche. Meno costo del lavoro. Nell’edilizia il costo del lavoro è molto più elevato rispetto agli altri settori industriali. Norme per salvaguardare imprese che falliscono. CASA QUANTO MI COSTI? La casa, il più importante bene rifugio degli italiani, è diventato il bene più tassato!! Sono ben 9 le voci di tassazione sul possesso degli immobili con un ammontare che arriva a oltre 44 miliardi di euro. Di questi ben 23 derivano dall’Imu, un valore che è quasi il doppio di quello registrato nel 2007, ultimo anno di applicazione dell’Ici sulla prima casa.Con l’Imu, infatti, l’Italia raggiunge il Regno Unito in vetta alla classifica europea delle imposte più alte sul mattone: un altro triste primato! SOS MUTUI E’ sempre più difficile per gli italiani acquistare una casa. Nel 2012 i mutui per le famiglie si sono dimezzati, mentre negli altri paesi la tendenza è opposta: in Francia, ad esempio, i mutui alla famiglie sono aumentati del 2,3%. Il risultato di tutto ciò è che le compravendite di abitazioni sono crollate del 24% nel 2012. Si tratta di una vera e propriacatastrofe sociale ed economica. Intere fasce della popolazione non possono più avere una casa di proprietà né tantomeno possono accedere al mercato sempre più oneroso degli affitti. COSA FARE: Casa Bond. Obbligazioni a media lunga scadenza emesse dalle banche e acquistate da investitori istituzionali per finanziarie i mutui delle famiglie sia per l’acquisto che per la ristrutturazione e manutenzione dell’abitazione. Un piano di edilizia sociale sostenibile per superare il disagio abitativo delle fasce deboli. Imu più equa. Va resa progressiva e parametrata in base al reddito in modo che paghi di più chi ha di più. Eliminare l’Imu sull’invenduto. Nessun altro settore industriale paga per un bene che non ha ancora venduto. LIQUIDITA’ CREDITO AL CONTAGOCCE La liquidità per le imprese è ai minimi storici. Nel 2012 il calo dei prestiti alle imprese è stato del 9%, confermando un pesantissimo trend negativo in atto dal 2007. PAGAMENTI IN RITARDO La PA continua a non pagare. Il debito nei confronti delle imprese di costruzione è stimato intorno ai 19 miliardi sui circa 80 complessivi. Il ritardo medio è ormai di 8 mesi, con punte di oltre tre anni. Le imprese non riescono più ad aspettare e chiudono a centinaia, in particolare quelle medio piccole sono obbligate a licenziare uno a uno i propri dipendenti. COSA FARE Definire un piano effettivo di pagamento dei debiti pregressi, da concordare con l’Unione europea come misura una tantum, in modo che non incida sul pareggio di bilancio, per porre fine a una finzione contabile che fa saltare le imprese. Attivare strumenti e controlli che ristabiliscano regole e comportamenti per un’interazione positiva tra imprese e banche. SCUOLA E SICUREZZA IL COSTO DEL NON FARE Il crollo degli investimenti in costruzioni sta determinando l’assenza di interventi di manutenzione del territorio. Ogni anno terremoti, frane e alluvioni provocano danni pesantissimi sia in termini di vite umane che da un punto di vista economico. Dal 1944 al 2012 il costo dei danni delle catastrofi naturali è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all’anno. Dove sono finite le risorse che il Cipe aveva stanziato per la riduzione del rischio idrogeologico e per le scuole? E le risorse del Piano Cipe per la realizzazione di importanti infrastrutture? COSA FARE Introdurre nelle regole del patto di stabilità interno una golden rule che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche interessate, per evitare di scaricare tutto il peso delle politiche di riduzione delle spesa sulla parte più virtuosa e sostenibile, quella degli investimenti. Riqualificare il patrimonio scolastico. E’ prioritario avviare un grande programma di edilizia scolastica che privilegi la collaborazione pubblico-privata, prevedendo allo stesso tempo l’esclusione dal Patto di stabilità interno dei fondi pubblici destinati al programma. Imprimere un’accelerazione ai programmi infrastrutturali già finanziati per circa 30 miliardi di euro di investimenti, e in particolareal Piano delle opere prioritarie, approvato dal Cipe il 26 giugno 2009, che prevede 5 programmi di opere medio piccole (piano di opere medio piccole, edilizia scolastica, rischio idrogeologico, edilizia carceraria e ricostruzione in Abruzzo). queste risorse in 5 anni possono generare una ricaduta complessiva pari a 20,2 miliardi di euro l’anno e l’attivazione di 102.000 unità di lavoro di cui 65.700 nelle costruzioni e 36.300 nei settori collegati. PROSPETTIVE PER IL FUTURO Il Piano Città è una grande occasione che non va sprecata. I progetti per ammodernare le nostre città e renderle competitive già ci sono. Occorre allora, dare concretezza a questa azione assegnando in via ordinaria 2 miliardi di fondi strutturali e FAS, della programmazione in corso, a questo importante progetto, e farne una prioritàdella prossima programmazione, destinando almeno 2 miliardi l’anno per sette anni agli interventi sulle città. Fonte ANCE Non c'è crescita senza costruzioni 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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