Finco: la manovra e la manutenzione

Dobbiamo attuare un serio e condiviso mutamento di ottica con riferimento sia alla necessità di tutelare il nostro patrimonio sia a quella, pressante, di fare fronte alle crescenti e spesso, comunque, tardive spese di messa a norma, messa in sicurezza e ripristino che intervengono in assenza di una manutenzione programmata, controllata e di qualità.
Le strutture e le infrastrutture hanno infatti un loro degrado fisiologico ed occorre distinguere tra antico ed obsoleto, abbattendo e ricostruendo senza esitazione l’“obsoleto”.
Scarseggiano prevenzione e controllo, con gravi conseguenze sulla gestione della spesa corrente.

Non possiamo più permetterci come Paese – e faccio solo un esempio emblematico , non il più importante in termini quantitativi – il rappezzamento di buche stradali ripetuto “enne” volte nello stesso posto e nello stesso anno, magari per lavori inerenti due, tre distinte reti tecnologiche.

La manutenzione deve essere vista per quello che è : un investimento necessario oggi per un risparmio domani, non un costo – afferma il Presidente di Confindustria Finco, Arch. Mendola.
La manutenzione interessa un insieme complesso e tecnologicamente rilevante di settori, che vanno dalle reti tecnologiche a quelle di viabilità, dal verde urbano agli involucri edilizi etc.
Occorrerebbe, perciò, una sua migliore disciplina ed una maggiore attenzione alle attività di manutenzione, che portano a qualificare l’edificato ed a separare il “costruito di qualità” da “l’altro costruito”, in un quadro che vede, nella maggior parte delle nostre città, uno stato spesso grave di deterioramento tecnico, urbanistico e quindi anche sociale del patrimonio immobiliare.
Sarebbe opportuno, però, anche accorpare i vari appalti di manutenzione al fine di raggiungere la necessaria massa critica di investimento da distribuire nell’arco di almeno 5 anni, che possa risultare appetibile per le imprese ed un valore aggiunto dell’offerta.

Sui Beni culturali poi, la manutenzione dovrebbe costituire un dovere collegato alla tutela dei medesimi, in un circolo virtuoso che coinvolga cultura, turismo ed imprese, con una chiara suddivisione delle competenze ed il coinvolgimento di operatori realmente qualificati e specializzati.

Una parte importante della manutenzione di qualità in molti settori è oggi svolta dalle imprese specialistiche e proprio quello che dovrebbe essere un punto di forza del Sistema Paese, è costantemente oggetto di discussioni, purtroppo poco comprensibili per la gran massa dei cittadini – contribuenti – elettori.

Il fatto è – continua Mendola – che nonostante dal punto di vista della contribuzione fiscale, dell’argine alla penetrazione malavitosa, della sostenibilità aziendale,
della competitività e del prestigio internazionale, le piccole imprese superspecializzate siano piuttosto valide ,esse non godono di adeguata considerazione politica.
Si pensa a fornire sostegno ai sistemi grandi e complessi, cosa condivisibile, ma per far questo si sacrificano talvolta i soggetti “minori” – tali solo in termini quantitativi ma non certo qualitativi – che non chiedono aiuti ma solo la possibilità di operare realizzando ciò che sanno fare e che rappresentano un’ eccellenza dell’industria italiana.

Lo ritengo – al di là dell’ancora non del tutto attuato Small Business Act (a quando la rapida emanazione delle Norme sulla libertà d’impresa senza stare a scomodare l’articolo 41 della Costituzione e senza prevedere la solita dozzina di decreti applicativi?) – un grave errore politico, economico e strategico per il nostro Paese.

Un occasione per porre rimedio a questa complessa situazione potrebbe essere trovata nell’ambito di un decreto per lo sviluppo del settore delle costruzioni di cui si sta parlando in questi giorni.

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