Piccole opere non crescono

Non c’è da meravigliarsi che il mercato dei piccoli lavori pubblici – quelli di importo inferiore al milione di euro – vada a picco, registrando nel primo bimestre del 2010 una nuova contrazione del 30% dopo la riduzione, pure del 30%, segnata nel 2009 rispetto al 2008.

Mentre affondano le piccole opere, e con loro le piccole imprese, vanno a gonfie vele i maxitagli di importo superiore ai 50 milioni di euro. Non è una novità, è una storia che va avanti dal 2002. Ora però raggiunge effetti paradossali: nei primi due mesi dell’anno la crescita è stata del 61,5% rispetto al 2008. Nel 2002 i piccoli lavori facevano il 28% del mercato e i grandi stavano al 19%, ora i piccoli sono l’11% e i grandi il 39 per cento.
Ne soffrono, ovviamente, le imprese più piccole. Né aiuta il fatto che pure il piano casa voluto da Berlusconi si sia fermato, fra resistenze delle regioni, decreti legge di semplificazione annunciati e mai varati, boicottaggio degli enti locali.

Dalla metà del 2008 a oggi l’edilizia ha perso 157mila posti di lavoro cui se ne potrebbero aggiungere altri 126mila fra il 2010 e il 2011. «La nostra previsione è che entro il prossimo anno chiuderà il 15% delle piccole imprese del settore delle costruzioni, nessuna autorità sembra avere oggi la percezione esatta del momento che stiamo vivendo», dice Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, istituto di ricerca specializzato nell’edilizia. Intanto il prossimo Cipe, che si terrà probabilmente prima delle elezioni, si occuperà di concessioni autostradali e grandi opere in project financing.

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