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L’aliante tra cielo e mare

La prima in occasione della Biennale di Venezia del 1980, all’interno della sezione di architettura dove era stato chiesto ad alcuni architetti di progettare un certo numero di “porte” per le Corderie dell’Arsenale. Undici anni dopo, nell’ambito della stessa manifestazione, è stato realizzato il secondo.
L’Aliante è stato apposto all’ingresso delle Corderie dell’Arsenale di Venezia nel ’91, in occasione della Quinta Mostra Internazionale di Architettura. È il frutto di uno studio in acquarello di Massimo Scolari. La struttura è poi stata realizzata: due grandi ali in legno lamellare atterrate sulle rovine immaginarie di un muretto di laterizi, il quale probabilmente simbolizza metaforicamente il passare del tempo, la storia e la struttura dell’architettura. Le stesse ali evocano una sorta di sogno armonico e perfetto evocato dagli elementi che lo sostengono.
Poggiate sulle fondamenta del Rio dell’Arsenale le due ali si confrontano e si misurano con lo spazio circostante apparendo cristallizzate in un attimo di sospensione, arrestate in una frazione di tempo altrimenti pepertuabile solamente nell’altrove a cui esse sembrano tendere.
Si può intuire attraverso questo fugace percorritore di spazi, l’impalpabile sorriso auspicato da Scolari: espressione in cui la frontiera tra reale e immaginario cessa di essere immediatamente percepibile. Come l’ideogramma o l’emblema, questa scultura, dal carattere interlocutorio, invita ad una attenzione continua, induce all’obliquità dello sguardo e, per tentare di decifrarla, non resta che ripercorrerne la rotta attraverso il complesso gioco concettuale compiuto dal suo autore.
Il processo generale – spiega Scolari – si configura come una realizzazione per pezzi di un quadro
L’Aliante sollecita nel ricordo delle immagini oniriche e mitologiche a cui il simbolismo alare è da sempre associato. Preferiamo esplicitare l’atavica aspirazione al volo come espressione delle cose nella loro essenza: le ali, infatti, significano, in primis, la facoltà della conoscenza e, non a caso, nell’iconografia, colui che comprende, ha le ali.
Ne “Il pilota del labirinto” emerge il tema del rischio che l’avventura intellettuale comporta quando lo spirito cerca di penetrare il significato profondo delle creazioni del mito. Come una grande testata esploratrice proiettata sull’ignoto, l’Aliante apre uno spiraglio su un mondo di miti, riti, simboli da cui l’architettura trae ragione.
I significati profondi della cultura architettonica del passato, vengono circoscritti, indagati fino a diventare la materia costituente dell’Aliante. L’ala dell’Aliante prende forma ed ha con la sezione dell’Arca (Triennale, Milano 1986) una comune matrice costruttiva nell’idea di mastaba, da cui deriva la proposizione del ritmo alare frastagliato.
Si tratta – sottolinea Scolari – di due elementi architettonici identici sotratti all’architettura obliqua dell’Arca, ricongiunti senza mutare il loro significato individuale.
L’Aliante porta quindi in sé un forte richiamo all’architettura, racchiudendo, nel profilo delle proprie ali, la memoria di queste costruzioni archetipe.
La realizzazione
Come osserva Portoghesi a proposito di Scolari, parafrasando Michelangelo, egli non rinuncia ad avere le seste negli occhi ed è significativa in tal senso l’assonanza rilevata al momento della verifica statica tra le proporzioni attribuite all’Aliante da Scolari e il suo dimensionamento strutturale.
Il passaggio dall’ideazione alla realizzazione ha posto certamente dei problemi, diversi dai consueti paradigmi della produzione edilizia, del cantiere, della costruzione. Il passaggio di scala, innanzitutto, evidenzia una prima non facile, equazione: trasferire le proporzioni del disegno nel reale, cioè lo sviluppo alare di circa 30 metri. L’altra immediata difficoltà, una volta messa a punto la struttura dell’Aliante, riguarda la “stabilità”: un conto è l’equilibrio fra le sue parti, la propria indeformabilità, altro è l’equilibrio con l’ambiente.
Il problema del vento è determinante, proprio per le grandi superfici alari esposte, sollecitate nei modi più imprevedibili. Il luogo, le fondamenta dell’Arsenale, non poteva in alcun modo essere manomesso. Soprattutto non era possibile l’ancoraggio con tiranti o pali fondali. Per di più, da empirici saggi, il carico ammissibile sul delicato selciato di trachite, spesso appoggiato sul vuoto, a causa del dilavamento del supporto, non poteva superare i due – tre etti per cm².
Era necessario quindi, da una parte allargare la base di appoggio, per attenuare le tensioni di compressione, ma dall’altra, appesantire, zavorrare cioè tale base, in modo da ancorare l’Aliante al suolo.
A tale scopo è stata predisposta una piastra di 7×7 metri, modulare, in acciaio, facile da assemblare. Ogni “modulo” è stato quindi riempito di sabbia. Il peso dell’Aliante è stato trasmesso alla piastra attraverso tre punti d’appoggio, che hanno permesso l’inclinazione, consentendo una visione stereodinamica.
Per non interrompere l’accesso pedonale alle fondamenta e soprattutto il passaggio dei vaporetti il cantiere di premontaggio si è svolto in posizione arretrata. La dislocazione finale è avvenuta con il sollevamento dell’opera, strutturalmente conclusa, con una calibratissima manovra, effettuata con l’ausilio di una sola gru, favorita dalla perfetta simmetria dell’Aliante e dalla sua effettiva leggerezza, consentita dalla struttura in legno lamellare.
Le operazioni di montaggio sono avvenute in diciotto giorni lavorativi, da parte di una squadra di quattro carpentieri, di cui il Sig. Giacomo Sgabuzzi era il coordinatore. Diversi sono stati i problemi di cantiere per la sua collocazione a S. Marta.
L’Aliante, smontato dopo la Biennale, è stato definitivamente posto sulla copertura delle aule di S. Marta verso il canale della Giudecca. La piastra è stata ancorata alle murature perimetrali, sostituendo la zavorra con la massa dell’edificio stesso.

Per ulteriori informazioni
www.habitatlegno.it

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