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I devastanti effetti del terremoto de L'Aquila impongono una riflessione sui criteri costruttivi degli edifici e sull'opportunità di utilizzare le travi reticolari autoportantiper la ricostruzione secondo criteri antisismici.Il terremoto che ha colpito L'Aquila il 6 aprile scorso ha fatto registrare una magnitudo locale 5,8 sulla scala Richter. Nella descrizione degli effetti accettata dalla comunità scientifica, questo valore dovrebbe produrre solo lievi danni alle cose, fessurazioni alle murature e qualche ferito.Purtroppo, invece, si sono registrati crolli rovinosi di parte o di interi fabbricati, crepacci nel suolo e molte vittime. Il dato più tragico è senz'altro l'elevato numero di decessi causati dal collasso di edifici, anche di recente costruzione.Coerentemente con gli indirizzi condivisi a livello internazionale e connessi alla protezione delle persone, la più recente normativa antisismica italiana (Ordinanza P.C.M n. 3274 del 20/3/2003) si propone di conseguire due risultati fondamentali:- in caso di terremoto di bassa intensità (con magnitudo compresa fra 3 e 5) le strutture devono subire danni limitati, senza provocare offese rilevanti per gli occupanti, e devono poter continuare a funzionare;- in caso dei più rari sismi di intensità maggiore sono accettati danni alle strutture ma non il loro crollo anche parziale, mentre gli edifici riconosciuti di importanza strategica devono comunque poter continuare a funzionare. Le scelte connesse alla tipologia strutturale sono perciò determinanti: una struttura realizzata con elementi e nodi tali da renderla duttile e leggera risulterà decisamente più sicura, anche in caso di scosse molto forti.Costruzioni di forma compatta e regolare, con strutture ben ancorate alle fondazioni e disposte simmetricamente, con carichi che si alleggeriscono piano per piano, sono meno sensibili agli effetti dei terremoti.Oltre ai fattori relativi alla forma architettonica, per evitare i crolli è fondamentale la capacità degli elementi portanti di manifestare un comportamento duttile, tale da poter entrare nel campo plastico – riducendo le forze d'inerzia soggette all'azione sismica – senza collassare. Il caso di un edificio residenziale completato nel 1981 a Potenza (comune classificato in zona sismica 1, perciò ad alto livello di pericolosità secondo la normativa più recente), in Via degli Oleandri, è senz'altro esemplare: ha resistito sia al terremoto dell’Irpinia, sia a quello di Augusta-Carletini riportando solo danni lievi.Il fabbricato (progetto ing. L. Petracca e realizzazione impresa Sa.Ca. Costruzioni) si eleva per 6 piani più copertura, presenta un'impronta a terra stellare con, al centro, il vano scala e insiste su un terreno in pendenza.Si tratta di condizioni che, normalmente, mal si prestano a un'ottimale risposta alle sollecitazioni orizzontali causate da un terremoto, poiché gli eventuali comportamenti indesiderati tendono a concentrarsi nella zona di collegamento fra gli appartamenti.Tuttavia l’edificio ha sopportato in modo ottimale i due sismi grazie ad una concomitanza di numerosi fattori, fra cui una progettazione strutturale scrupolosa, un'esecuzione a regola d'arte con materiali di prim'ordine ed, elemento determinante, la tecnologia strutturale utilizzata: una struttura in calcestruzzo armato formata da pilastri tradizionali, travi reticolari autoportantie solai monodirezionali.In corso di costruzione, con le strutture già ultimate, il palazzo fu dapprima soggetto al terremoto dell'Irpinia (novembre 1980 – magnitudo 6,9) e riportò lievi fessurazioni agli elementi secondari in corrispondenza del vano scala.Successivamente, a seguito del terremoto di Augusta – Carlentini (dicembre 1990 – magnitudo 5,1) furono evidenziate solo lievi fessurazioni nelle strutture secondarie. L'impiego delle travi reticolari autoportanti ha permesso la costruzione di uno scheletro strutturale in grado di rispondere al meglio alle azioni sismiche.Si tratta di una tecnologia collaudata e alla portata di qualsiasi impresa edile, che continua ad essere oggetto di studi e prove di laboratorio condotti presso i più rinomati istituti universitari italiani.La produzione dei componenti base del sistema (travi pilastri e solette) è appannaggio di primarie aziende italiane – oggi raggruppate nella Sezione Industrie Travi Reticolari Autoportanti interna ad ACAI, l’Associazione fra i Costruttori in Acciaio Italiani aderente a Confindustria – che hanno deciso di investire su una produzione di elevata qualità e versatilità.In particolare, le travi reticolari autoportanti sono formate da elementi in acciaio pre assemblati (tralicci solidarizzati a una piastra di basamento) che una volta in cantiere, vengono integrati con calcestruzzo.Dopo il consolidamento del conglomerato, le travi reticolari autoportanti assumono un comportamento statico in tutto simile a quello delle altre strutture completamente gettate in opera, mantenendo alcune peculiarità di fondamentale importanza in caso di terremoto:– Struttura leggera. L'autoportanza richiede un maggiore impiego di elementi in acciaio, materiale più resistente rispetto al calcestruzzo: a parità di efficienza statica, il risultato è una struttura più leggera e, perciò, meno soggetta alle azioni orizzontali.– Flessibilità del nodo.Nei punti di connessioni fra travi e pilastri vengono normalmente disposti tralicci metallici aggiuntivi, rendendo il nodo più simile a una cerniera che al classico incastro rigido proprio delle strutture tradizionali in calcestruzzo armato.La leggerezza della struttura e il suo diverso assetto statico si prestano perciò a fronteggiare meglio le problematiche dinamiche, permettendo anche una uniforme distribuzione delle sollecitazioni lungo tutto lo scheletro portante.Alle intrinseche proprietà tecniche delle travi reticolari autoportanti si aggiungono ulteriori qualità che, in fase operativa, rendono decisamente conveniente l'uso di questo sistema costruttivo.L'autonoma portanza prima della gettata di completamento permette un'esecuzione più rapida e una gestione più semplice delle operazioni: non sono infatti richieste casserature e puntellazioni provvisorie. Questo consente alle imprese edili importanti economie in termini di riduzione dei tempi di costruzione, di impiego di manodopera, di organizzazione della logistica di cantiere e di sicurezza complessiva dei lavori.La prefabbricazione dei componenti, inoltre, costituisce una concreta garanzia circa la qualità dei materiali impiegati e riduce drasticamente il rischio di difetti occulti – ad esempio, nella corretta preparazione e disposizione delle armature – che spesso si registrano in edifici fortemente danneggiati dai terremoti.Le strutture autoportanti rappresentano già un'alternativa vincente rispetto a quelle tradizionali.A maggior ragione, la loro intrinseca efficacia può essere esaltata proprio laddove – è il caso delle aree colpite dal recente terremoto – sia richiesta la realizzazione in tempi brevi di nuovi edifici definitivi, dotati delle più rigorose prestazioni antisimiche. Il ricorso ai sistemi strutturali reticolari autoportanti prodotti dalle aziende aderenti ad ACAI costituisce un'opportunità concreta, performante, sicura e pratica per la ricostruzione nelle aree colpite dai terremoti. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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