Le grandi luci del legno lamellare

La grande leggerezza, la lavorabilità, l’adattabilità e la flessibilità del materiale hanno permesso, inoltre,di esplorare nuove multiforme espressione di di modernità costruttiva.
Ma la produzione fuori opera di materiali e strutture lignee può benissimo perseguire obiettivi di sostenibilità riferiti all’intero processo edilizio quali salvaguardi dell’ambiente, uso razionale delle risorse, benessere e qualità  formale.
Il pregio architettonico di un edificio in legno lamellare è rilevante e conferisce valore aggiunto all’immobile, anche grazie alla possibilità tecnica di realizzare i progetti più creativi con un materiale da costruzione tradizionale ed innovativo.
Ecco perché la prefabbricazione si integra perfettamente con una qualità progettuale che voglia mirare alla costruzione di edifici dove si possa vivere in modo sano, selezionando quei materiali che nella produzione, nella posa, nella dismissione e nel possibile riciclo non danneggiano né l’uomo né l’ambiente.
Al confort derivante da una struttura in legno lamellare a chi vi soggiorna, si aggiunge anche un benessere di carattere psicologico, dovuto alla piacevolezza estetica, al fascino ed al calore esercitato dal legno. E oggi, grazie alla modularità delle strutture di legno ed alle lavorazioni a secco, prefabbricate in legno risulta anche conveniente perché si offrono soluzioni costruttive sicure e competitive con un impatto ambientale limitato. Per questo c’è da augurarsi che sia proprio il legno, lavorato con la fantasia e l’intelligenza dei progettisti, il segno tangibile che contraddistinguerà le strutture dalle future realizzazioni di qualità.

La storia
Il legno lamellare fa subito pensare alle grandi coperture di impianti sportivi o chiese di recente  progettazione, in quanto rappresenta una valida alternativa a materiali strutturali come cemento e acciaio per coronare spazi di grandi dimensioni.
Le prime intuizioni si fanno risalire a Leonardo, tuttavia il primo vero passo verso la creazione dell’attuale tecnologia fu gettato in Svizzera nel 1905 dal maestro carpentiere Otto Freidrich Hetzer che per l’assemblaggio delle lamelle utilizzò un collante a base di caseina.
Le prime opere realizzate col legno lamellare in Italia risalgono al 1935 ma presentano limiti legati alla scelta del legname e all’attaccabilità del materiale da parte di insetti, funghi e fuoco. Con lo sviluppo dell’industria chimica nel secondo dopoguerra e l’introduzione delle resine sintetiche e degli impregnanti la tecnica del lamellare ha raggiunto oggi elevati livelli di qualità.

La realizzazione
Innanzitutto si procede alla scelta del legname.
Non dovendo puntare su particolari essene, le aziende preferiscono ricorrere a specie facilmente reperibili. In Europa l’albero più utilizzato è l’abete rosso seguito da larice, pino silvestre e rovere.
Il criterio di scelta del materiale si basa su due categorie in scala decrescente riguardo alle caratteristiche del legno, quali inclinazione massima della direzione delle fibre rispetto alla direzione della tavola, qualità e diametro dei nodi, spessore annuo di crescita del tronco.
La fase che segue è l’essicazione, atta ad ottenere un grado di umidità del legno compatibile col tipo di colla e adeguato al progetto strutturale, in genere compresa fra il 7% e il 16%.
Dopo un controllo di qualità, si passa alla “giuntatura” di testa delle tavole per realizzare elementi di lunghezza maggiore. In genere vengono realizzati giunti detti a “pettine” o “a dita”, considerato vantaggioso poiché consente di ottenere un’ampia superficie di incollaggio con bassi stridi rispetto ad altri tipi di giunzioni.Alla fresatura segue l’incollaggio di testa delle tavole effettuato da macchine che applicano forze di compressione variabili in relazione alla lunghezza dei denti dei giunti.
Le tavole così composte vengono piallate, in modo da offrire superfici piane, e calibrate, per evitare l’instaurarsi di tensioni.
La fase più importante è quella dell’incollaggio in quanto è necessario creare legnami intermolecolari fra colla e legno per garantire uguali resistenze fisico-meccaniche in tutta la sezione dell’elemento strutturale.
Le colle più usate sono a base di urea-formolo, resorcina-formaldeide e melamminica-formaldeide. Le più usate sono le seconde, per l’alta resistenza agli agenti esterni, e le terze se usate in ambienti chiusi.
Le ultime fasi sono la pressatura, realizzata in modo rapido e con macchinari che garantiscono uniformità di incollaggio, una ulteriore piallatura e le operazioni di finitura, per realizzare sagome, fori e intestature come da progetto, e impregnare il materiale.

La normativa
La normativa di riferimento per il legno lamellare in Italia è data dall’Eurocodice 5, formulazione di normativa da applicarsi ai paesi europei aderenti alla CEE che coinvolge tecnici, produttori e ditte. In Italia l’Eurocodice 5 è stato recepito come norma UNIEN 1995-1 e UNI EN 1995-2:2005.
Le Ditte produttrici italiane hanno fatto, fino al 2004, prevalentemente riferimento alle norme tedesche DIN 1052 che più volte il consiglio superiore dei Lavori Pubblici ha dichiarato ammissibile essendo normativa europea di comprovata affidabilità.
Le principali ditte italiane sono in possesso, inoltre, del certificato di incollaggio “Tipo A” rilasciato dall’Istituto per la Ricerca e Prova dei Materiali nel settore edile “Otto-Graf” dell’Università di Stoccarda, che abilita l’unità produttiva a realizzare strutture portanti in legno lamellare incollato di qualunque tipo e dimensione, riconoscendo l’elevato livello tecnologico degli impianti utilizzati e la specializzazione del personale addetto.
La normativa DIN impone come limite massimo di area per la sezione trasversale 60 cmq, per legni di conifera, e 50 cmq, per legni di latifoglia.
La larghezza massima consentita per la singola lamella è di cm 25 cm, con uno spessore non superiore a 30 mm, che può arrivare fino a 40 mm in elementi costruttivi diritti e non esposti a variazioni climatiche rilevanti.

Per ulteriori informazioni
www.bonomiprefabbricati.it

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