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Uno dei monumenti simbolo della città di Roma, la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona -opera di Gian Lorenzo Bernini- è stato restituito alla pubblica fruizione dopo un restauro complessivo e organico durato due anni, che ha coinvolto gli apparati scultorei dell’opera, connotati da una straordinaria ricchezza di forme dinamiche esaltate dalle suggestioni dell’acqua, alle quali si fonde perfettamente la funzione di struttura di sostegno dell’antico obelisco egizio. Gli interventi sono stati progettati e diretti dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (già Istituto Centrale del Restauro), all’interno del quale è stato istituito un gruppo di lavoro, coordinato dall’architetto Annamaria Pandolfi, composto da personale afferente a diversi ambiti disciplinari (restauratori, architetti, biologi, chimici, geologi, fisici) in un rapporto di effettiva interazione. Questa équipe di specialisti ha cooperato per comporre quel connettivo di conoscenze necessarie al corretto svolgimento del lavoro, che ha accompagnato tanto gli interventi quanto le numerose ricerche connesse di tipo storico-documentale e tecnico-scientifico. Il costo complessivo dei lavori è stato di € 622.000,00 ca., interamente erogati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Le attività di restauro sono state realizzate in accordo con il Comune di Roma ( Unità Organizzativa Monumenti Medievali e Moderni), proprietario del monumento. Un approccio integrato ai molteplici problemi di deterioramento riscontrati sulla Fontana fin dalle prime ispezioni è stato scelto per definire gli interventi conservativi da adottare, cercando così di perseguire l’obiettivo di calibrare con la maggiore esattezza possibile i trattamenti di restauro e assicurare al futuro l’opera nella sua autenticità. L’attuazione in cantiere del progetto degli interventi per far fronte al degrado dei materiali (marmo bianco per i Quattro Fiumi e i due stemmi papali; travertino per la scogliera, gli animali e la vegetazione), che interessava, in forme più a meno gravi, tutte le componenti della Fontana ha riguardato: i trattamenti biocidi per la devitalizzazione delle piante e dei microrganismi fotosintetici; la pulitura delle superfici dai depositi inquinanti e dalle “croste nere”; il microconsolidamento localizzato delle superfici in marmo disgregate; il consolidamento localizzato delle malte; la rimozione controllata delle incrostazioni calcaree; la stuccatura dei giunti, delle rotture e delle linee di discontinuità; gli interventi sui vincoli metallici esposti; il rifacimento dei copri staffa danneggiati; il trattamento delle lacune; la protezione delle superfici; la riparazione dei getti di fuoriuscita dell’acqua danneggiati. Le attività di cantiere si sono concluse con l’installazione sul monumento di un impianto elettrostatico per l’allontanamento dei piccioni – numerosissimi in piazza Navona – che costituiscono un rilevante agente di degrado soprattutto in relazione al guano, chimicamente aggressivo nei confronti dei materiali lapidei. Tale tipo d’impianto è già in funzione su molti importanti monumenti italiani e romani tra i quali Fontana di Trevi. Oltre tre secoli e mezzo di storia del monumento hanno sedimentato le tante impronte del passato, lasciandone visibili gli effetti evidenti attraverso il deterioramento dei materiali, i suoi segni d’invecchiamento e le modifiche avvenute. La scelta progettuale operata è stata quella di restituire il carattere di unitarietà dell’immagine recuperandone sia le forme scultoree nelle parti inferiori a contatto con l’acqua, che erano deformate dalle spesse incrostazioni depositatesi sul modellato originario, sia l’omogeneità del registro cromatico dai toni chiari, propri del travertino e del marmo che, tuttavia, espone armonicamente le tracce e le patine, schiette testimonianze del passaggio del tempo. Un rigoroso programma di manutenzione dovrà costituire la strategia indispensabile per rallentare il più possibile i processi di degrado del monumento, evitando così interventi straordinari a danno avvenuto. Questa esigenza è tanto più rilevante quanto più la specificità del tipo di manufatto presenta fattori aggiuntivi di rischio, come per la conservazione delle fontane che manifestano una maggiore vulnerabilità rispetto agli altri monumenti esposti all’aperto, proprio in rapporto alla presenza dell’acqua, ineliminabile ed essenziale elemento espressivo. Inoltre una vigilanza costante potrà evitare azioni vandaliche troppe volte compiute ai danni della Fontana, delle quali restano ancora indelebili e numerosissimi i segni. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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