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Il nuovo auditorium di Padova, realizzato dall’architetto veneziano Alberto Cecchetto, ha vinto il concorso internazionale indetto dall’amministrazione comunale. Il progettista è riuscito nel difficile intento di mettere d’accordo sull’intervento anche coloro che, fin dall’inizio, hanno osteggiato l’improvvida scelta del comune di permutare l’area originariamente deputata ad accogliere l’opera all’interno del PP1, con quella di piazzale Boschetti, di proprietà della Provincia. Questa scelta, di fatto, rischiava di compromettere la possibilità di dare profondità al futuro parco delle mura e delle acque, proprio in corrispondenza dell’emergenza ambientale e storica costituita dal Piovego, dai giardini dell’Arena e dalla cappella degli Scrovegni. Ebbene, la sensibilità dell’architetto veneziano, professionista attento alle specificità dei luoghi ed al rapporto con le acque interne alle città, sembra avere scongiurato questo rischio. L’Auditorium interrato, con l’estradosso della copertura attrezzato a collina verde, realizza uno spazio fruibile e permeabile, che dialoga con il canale e con i giardini e diventa parte integrante del parco delle mura e delle acque. La nuova piazza verde viene conclusa verso via Trieste dalle due palazzine liberty, vincolate dalla Soprintendenza, e dalla nuova moderna struttura, a cuneo capovolto, della sala piccola dell’Auditorium, protesa verso le emergenze storiche del luogo, come ad indicare la direzione verso cui indirizzare lo sguardo. L’aspetto rilevante e convincente del progetto è quello di un’opera che si adegua alla specificità del luogo. In un diverso contesto la scelta progettuale sarebbe stata sicuramente diversa. È quello che ha affermato lo stesso progettista, che si è compiaciuto del fatto che la giuria avesse scelto l’opera di un architetto italiano. Cecchetto ha ribadito la validità dell’architettura italiana, che non ha bisogno di guardare altrove per realizzare opere di alta qualità. Ha bisogno, invece, di tornare alle proprie radici, riscoprendo quelle specificità che hanno consentito la realizzazione di quei luoghi urbani di qualità, che il mondo ci invidia e cerca di copiare. Quei luoghi dove gli spazi aperti ed i volumi costruiti costituiscono un tessuto urbano permeabile, dove la vita fluisce vivace durante tutte le ore del giorno. L’invito dell’architetto veneziano, rivolto ai progettisti ma anche ai committenti, è quello di tornare a fare architettura di alta qualità, ripudiando il metodo utilizzato negli ultimi quarant’anni, soprattutto nel nord-est, in cui lo sviluppo dell’economia è stato accompagnato da uno sviluppo dell’edilizia scriteriato e di bassa qualità. Seguendo questi concetti, Cecchetto ha scelto di realizzare un’opera che non fosse autocelebrativa, ma che si ponesse, piuttosto, a servizio della città, rispettando la particolarità del contesto urbano e creando un luogo che favorisse lo svolgimento e lo sviluppo dei rapporti umani. Questa attenzione ai “luoghi della città”, che l’architetto veneziano ha esaltato nel suo progetto, vorremmo fosse colta da chi sta programmando le importanti trasformazioni urbanistiche ed edilizie della città. Soprattutto per quanto riguarda le periferie che, di fatto, costituiscono la vera città abitata. È necessario che la qualità architettonica venga portata anche nei quartieri periferici, al fine di recuperarne il tessuto urbano e di dotarli di quei luoghi identitari che determinano l’affezione ed il senso di appartenenza al territorio. Abbiamo un’opportunità che reclama attenzione da parte degli amministratori: S.Carlo, il centro del più popoloso quartiere della città. Dopo l’esito del referendum nessuna iniziativa è stata presa dal comune, nonostante i segnali di disponibilità a rivedere il progetto dati dall’immobiliare Valli e le indicazioni emerse dal tavolo di lavoro del PAT di quartiere. È un’occasione imperdibile per iniziare a portare l’architettura di qualità nei quartieri periferici. Se non si è in grado di dare indirizzi per la nuova progettazione, si ricorra come per l’Auditorium ad un concorso internazionale di idee, partendo dalle esigenze espresse dai cittadini al tavolo del PAT. La nuova centralità urbana dell’Arcella non può avere dignità minore del “Parco della Musica”. Fonte Padovanews Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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