Cinque anni di grandi infrastrutture, a rischio le piccole e medie imprese

Lunedì 16 Luglio alle ore 10,30 a Roma, presso il Tempio di Adriano in Piazza di Pietra, si terrà la presentazione di uno studio del CRESME promosso da ANCE e da UNIONCAMERE su ” 5 anni di grandi infrastrutture 2002 – 2006. Per un nuovo mercato dei lavori pubblici”.
Interverranno Paolo Buzzetti, Presidente Ance, Andrea Mondello, Presidente Unioncamere Francesco Bettoni, Vice Presidente Unioncamere ed Ermete Realacci, Presidente della Commissione LL.PP., Ambiente e Territorio della Camera dei Deputati.
La ricerca sarà illustrata da Lorenzo Bellicini, Direttore CRESME.
Una delle grandi priorità della politica di questi anni è stata e, purtroppo, è ancora, garantire al Paese un sistema infrastrutturale adeguato a sostenere il suo sviluppo economico e sociale.
Dalla seconda metà degli anni Novanta è stato riavviato un processo di rilancio delle opere pubbliche, seguendo logiche e priorità ritenute necessarie per recuperare un pesante gap rispetto alle altre grandi nazioni europee.
Programmi e regole che dopo oltre dieci anni hanno dato ben magri risultati.
Le grandi opere ristagnano e le aspettative di una dotazione a breve sono sfumate.
La concentrazione degli affidamenti delle opere medio grandi a poche imprese mette fuori gioco gran parte di quelle 2.000 aziende che in questi anni hanno investito e hanno consolidato strutture e professionalità accettando regole di forte selezione, che oggi non garantiscono più la loro sopravvivenza.
L’andamento del mercato degli appalti pubblici e le sue prospettive nel breve periodo evidenziano che senza alcuni significativi correttivi alle regole di partecipazione e di affidamento non vi sarà futuro per queste imprese. Ma fatto ancora più grave non si potrà avere quel cambiamento di rotta, quel miglioramento in termini di efficienza e di raggiungimento dei risultati che il Paese attende e pretende.
Dal 2001 al 2004, in valori costanti gli investimenti nelle nuove opere pubbliche sono cresciuti del 27,3% , mentre il PIL è cresciuto solo del 3,1%.
Ma a partire dalla fine del 2004 per le opere pubbliche del nostro paese è iniziata una fase nuova, che disegna uno scenario difficile con il quale confrontarsi. Soprattutto nei prossimi anni.
In termini reali lo scenario delle opere pubbliche appare caratterizzato, infatti, da un andamento negativo: la capacità realizzativa si è ridotta del -5,2% nel 2005 rispetto al 2004 e del –1,2% nel 2006, mentre, sulla base delle previsioni, potrebbe rimanere stabile nel 2007 (+0,1%).
Ma quel che preoccupa di più è quello che potrà accadere nel 2008, nel 2009 e nel 2010: secondo il CRESME, a valori costanti, la spesa per gli investimenti in opere pubbliche si ridurrà del 2,5% nel 2008 e del 3,3% nel 2009.
Una conferma di questa difficoltà la si ha guardando all’andamento delle gare di appalto. Negli ultimi 25 mesi (dal maggio 2005 al maggio 2007), il valore delle opere pubbliche appaltate è stato pari a 63,4 miliardi di euro, contro i 78,4 dei 25 mesi precedenti (escluso il ponte sullo Stretto di Messina), con una contrazione del 19%.
Contrazione che colpisce tutte le fasce di importo, ma che avrà effetti diversi alla luce delle differenti dinamiche che hanno caratterizzato il mercato negli ultimi anni. Tra il 1999 e il 2005, l’importo dei bandi di gara per lavori di importo superiore a 83,3 milioni è passato da 807 milioni a poco meno di 12.000 (+1.359%), mentre i tassi di crescita delle altre tipologie dimensionali oscillano tra il 5,9% dei lavori di importo inferiore a 5,3 milioni e l’88% della fascia tra i 16,7 e 83,3 milioni. La fase espansiva dei grandi lavori è confermata anche dai dati relativi alle aggiudicazioni che, tra il 2002 e il 2006, mostrano un valore passato da 2,2 a oltre 13 miliardi (+508%), a fronte di un tasso di crescita medio del 10% delle fasce inferiori.
Questo cambiamento strutturale della domanda produrrà effetti rilevanti sul futuro della composizione dell’offerta in quanto incide sui meccanismi di conferma delle qualificazioni SOA. In particolare è messa in discussione la modalità di accesso al mercato delle opere di maggiore interesse di molte medie imprese.
Lo studio del CRESME mette in luce l’alto rischio di espulsione di 1650 imprese qualificate per partecipare a gare di appalto per la realizzazione di infrastrutture per importi superiori ai 5,3 milioni (soglia UE) su un totale di 1.700 qualificazioni.
Ance ed Unioncamere intendono richiamare l’attenzione sulla necessità di impedire un collasso del sistema imprenditoriale italiano delle costruzioni, ricreando le condizioni per un mercato dei lavori pubblici realmente competitivo e in grado di valorizzare il tessuto imprenditoriale esistente, fatto soprattutto di piccole e medie imprese professionalizzate e in grado di costruire quelle opere di cui il Paese ha bisogno e che in questi anni non si è riusciti a realizzare.

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