Restauratori di beni culturali

Idoneità a svolgere il mestiere di restauratore dei beni culturali, modalità per dimostrare il possesso dei titoli, opportunità di comunicazione con la nascita della “Città virtuale del Restauro”.
Questi i principali temi al centro dell’assemblea (aperta a tutti gli operatori del settore), organizzata da CNA Firenze per questo pomeriggio, ore 17,00, presso la sede dell’associazione (via Alamanni 31), che prelude all’incontro che si terrà il 5 febbraio con il Sottosegretario ai Beni e le Attività Culturali Danielle de Mazzonis.
L’obiettivo: far chiarezza sulle normativa esistente e su alcuni provvedimenti correttivi alla medesima preannunciati dal governo Prodi.
Il Codice dei Beni Culturali (Codice Urbani), con disposizioni che rinviano nel tempo alcune decisioni, ha istituito un albo ministeriale che seleziona drasticamente il sistema delle imprese e, di fatto, non chiarisce quali siano, nella fase transitoria, le modalità per dimostrare il possesso dei titoli per ottenere il riconoscimento della figura imprenditoriale di restauratore.
Allo stato attuale posseggono la qualifica solo coloro che si diplomano in alcuni istituti riconosciuti (per Firenze e provincia, l’Opificio delle Pietre Dure), lasciando senza tutela migliaia di imprenditori e lavoratori dipendenti (collaboratori di restauro di beni culturali) formatisi in questi anni nei laboratori artigiani: solo 1 impresa su 10, oggi, potrebbe avere garanzie di iscrizione all’albo ministeriale.
Una questione grave, che mette a rischio un comparto rilevante per l’economia ed il prestigio fiorentino.
“Il restauro – commenta Franco Vichi, coordinatore settore artistico CNA Firenze – è una professione che riscuote notevole attrazione tra i giovani ed in particolare nella componente femminile. I dati parlano chiaro: aumentano le iscrizioni alle scuole artistiche, ai corsi e agli istituti specializzati di settore e sono ben 1100 le imprese a Firenze e provincia con oltre 2400 addetti, per un fatturato che oscilla prudenzialmente intorno ai 45 milioni di euro.
Non dobbiamo però trascurare il fatto che il quadro dell’artigianato del restauro resta comunque difficile per una serie di problematiche: prima fra tutte la mancanza di investimenti pubblici e privati nel settore e la crisi delle risorse provenienti dal serbatoio della finanza locale e nazionale; una dimensione d’impresa che, negli ultimi cinque anni, ha subito un abbassamento del 30% dei propri standard di redditività e che ha palesemente avuto pochissime chances per entrare nell’orbita dei grandi appalti pubblici”.
Secondo la classificazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il campo di attività del restauro prevede 13 categorie, accompagnate da ben 300 specializzazioni, diffuse su tutte le tipologie di beni e materiali.
Dal restauro affine all’edilizia al restauro di maioliche, tessuti, materiali lapidei, legno, metalli siano essi preziosi o comuni, senza tralasciare il restauro delle superfici dipinte o della carta e del libro.
Firenze si colloca ai primi posti fra le città leader a livello internazione nel settore del restauro: una presenza di eccellenza, dovuta ad una raffinata manualità congiunta e ad un inestimabile patrimonio di conoscenze tecniche legate alla materia.
A questo deve aggiungersi una sempre maggiore diffusione di raffinate metodologie di analisi e di sofisticate tecniche diagnostiche, che certificano il valore e il ‘di più’ di questo importante comparto imprenditorial- artistico e culturale

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