Modello reverse-charge nel settore dell’edilizia

In particolare, per quanto riguarda il settore edile la lett. a) del citato art.17, sesto comma, dispone che il reverse-charge si applica “alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”.
A differenza di quanto previsto in relazione alle altre fattispecie introdotte dalla finanziaria nelle lettere b), c), d), dell’art. 17, sesto comma, del D.P.R. n.633 del 1972 concernenti, in sintesi, le cessioni inerenti la telefonia radiomobile, i personal computer e i prodotti lapidei direttamente provenienti da cave o miniere, l’applicazione del reverse-charge nel campo delle costruzioni non è subordinata ad autorizzazioni comunitarie.
Ciò in quanto l’art. 1, n. 7) lett. i) della direttiva 24 luglio 2006, n. 69, pubblicata nella gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 12 agosto 2006, concernente talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale, consente agli stati di adottare tale misura in relazione alle prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili nonché alla consegna dei lavori immobiliari considerati “cessioni di beni”.
L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione o della prestazione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, sia obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente o del prestatore.
In deroga, infatti, al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’erario, ai fini IVA, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, per le operazioni previste dall’art. 17, sesto comma, debitore d’imposta è il soggetto passivo nei cui confronti tali operazioni sono rese.
Per tale fattispecie, pertanto, i prestatori dei servizi sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti del D.P.R. n. 633 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse-charge (art. 17, sesto comma); il committente dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e ad annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli articoli 23 o 24, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25.
Il meccanismo del reverse-charge non trova applicazione per le prestazioni rese da soggetti che operano in regime di franchigia previsto per i contribuenti minimi dall’art. 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (introdotto, a partire dal 1° gennaio 2007, dall’art. 37, commi da 15 a 17, del decreto-legge 4 luglio 2006, n.223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) i quali sono esonerati dal versamento dell’imposta e dagli altri adempimenti previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972 ad eccezione degli obblighi di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, dell’obbligo di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate e degli obblighi previsti per le operazioni intracomunitarie. Per le prestazioni di servizi effettuate in regime di franchigia, infatti, il committente non può assumere il ruolo di debitore d’imposta, dal momento che, in base al disposto normativo, per tali operazioni l’imposta non deve essere versata.
E’ previsto, tuttavia, l’obbligo di certificazione del corrispettivo, che dovrà essere adempiuto dal prestatore senza recare l’addebito dell’imposta. Peraltro, qualora si dovesse verificare l’ipotesi (invero alquanto improbabile), che il contribuente minimo (che opera in regime di franchigia di cui al citato art. 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972) dovesse assumere la veste di committente dei servizi in discorso, la fattura emessa nei suoi confronti in regime di reverse-charge, comporta l’obbligo di integrazione della fattura e versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, come già chiarito nella circolare n. 28/E del 4 agosto 2006 al punto 52.5.
Si ritiene opportuno precisare, infine, che le fatture emesse in applicazione del regime del reverse-charge, essendo riferite ad operazioni soggette ad imposta, anche se con il particolare meccanismo della inversione contabile, sono esenti dall’imposta di bollo, in applicazione del criterio di alternatività.

Decorrenza
L’applicazione del reverse-charge nell’ambito del settore edile era stata inizialmente prevista dall’art. 35, comma 5, del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006 convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che, tuttavia, non ha trovato applicazione in quanto l’entrata in vigore della norma era rinviata alla data in cui la Commissione europea ne avesse autorizzato l’adozione da parte dello Stato italiano.
La legge finanziaria, modificando l’art. 17, sesto comma, ha di fatto introdotto (mediante la formulazione della lettera a) una nuova previsione normativa con la quale dispone l’applicazione del sistema del reverse-charge alle prestazioni rese per la realizzazione di appalti aventi ad oggetto opere edili.
Tale previsione, in assenza di uno specifico termine di decorrenza, trova applicazione dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della medesima legge finanziaria, e, pertanto, il meccanismo dell’inversione contabile si rende applicabile alle operazioni per le quali a partire da tale data sarà emessa fattura, o sarà effettuato il pagamento del corrispettivo o di parte di esso.
Si ritiene, tuttavia, che possano considerarsi emesse correttamente anche le fatture per le quali, a seguito dell’entrata in vigore della direttiva comunitaria n.69 del 2006, le modalità dell’inversione contabile siano state applicate anteriormente al 1° gennaio 2007.
Ciò al fine di tutelare il legittimo affidamento sulla vigenza della norma recata dall’art. 35, comma 5, del decreto legge n. 223 del 2006, suscitato nei contribuenti dalla introduzione della richiamata normativa comunitaria, nelle more della richiesta dell’autorizzazione degli Organi comunitari, prevista dallo stesso art. 35.

Individuazione del settore edile
I soggetti destinatari della modalità di assolvimento dell’imposta in discorso, secondo quanto previsto dall’art. 17, sesto comma, lett. a),
devono essere individuati in relazione alle prestazioni rese nell’ambito del settore edile.
Pertanto, anche alla luce della direttiva CE del 24 luglio 2006 n. 69, che consente agli Stati di prevedere l’applicazione del reverse-charge alle prestazioni di servizi di costruzione (estesi fino a comprendervi anche i servizi di pulizia), si deve ritenere che il settore edile, cui fa riferimento la normativa nazionale, vada identificato nell’ attività di costruzione.
In particolare, per delimitare, sulla base di criteri oggettivi, le prestazioni per le quali deve essere adottato il sistema del reverse-charge occorre fare riferimento alla tabella di classificazione delle attività economiche ATECOFIN (2004), che deve essere utilizzata dai contribuenti negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle Entrate, ed alle relative note esplicative, entrambe consultabili sul sito www.agenziaentrate.it.
La sezione F della richiamata tabella indica i codici riferiti alle attività di “Costruzioni” le quali, secondo le indicazioni fornite dalle note esplicative, comprendono:– i lavori generali di costruzione,
– i lavori speciali di costruzione per edifici e opere di ingegneria civile,
– i lavori di completamento di un fabbricato,
– i lavori di installazione in esso dei servizi.
Sono inclusi, inoltre, i nuovi lavori, le riparazioni, i rinnovi e restauri, le aggiunte e le alterazioni, la costruzione di edifici e strutture prefabbricate in cantiere e anche le costruzioni temporanee.
I lavori generali di costruzione riguardano la costruzione di alloggi, edifici adibiti ad uffici, negozi, edifici pubblici, edifici agricoli ecc., nonché la costruzione di opere del genio civile come autostrade, strade, ponti, gallerie, strade ferrate, campi di aviazione, porti e altre opere idrauliche, la costruzione di sistemi di irrigazione e di fognatura, impianti industriali, condotte e linee elettriche, impianti sportivi ecc..
Restano escluse da tale ambito alcune attività che, anche se attinenti alla realizzazione di edifici, quali, ad esempio, la installazione e manutenzione di prati e giardini, la costruzione o installazione di attrezzature industriali, non sono comprese nella sezione F in quanto non si sostanziano in attività edilizie.
Diversamente da quanto previsto nella direttiva comunitaria n. 69 del 2006, inoltre, ai sensi dell’art. 17, sesto comma, non sono soggette al reverse charge le attività di pulizia di immobili, in quanto dette attività, non comprese nei codici della sezione F, non sono espressamente menzionate dalla normativa nazionale.
Si fa presente che sono tenuti alla applicazione del reverse-charge i subappaltatori che svolgono, anche se in via non esclusiva o prevalente, attività identificate dai codici ATECOFIN riferiti alla sezione “Costruzioni”.
Logicamente l’obbligo attiene alle sole prestazioni rese nell’ambito delle medesime attività edili ed è escluso, come chiarito in premessa, per i soggetti che operino nel regime di franchigia previsto per i contribuenti minimi.

Contratti interessati dal sistema del reverse-charge
L’estensione del meccanismo dell’inversione contabile alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono attività di costruzione e ristrutturazione di immobili, ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore, impone di verificare l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione.
Si precisa in premessa che, considerato il tenore letterale della norma, il regime del reverse-charge va applicato nelle ipotesi in cui soggetti subappaltatori rendono servizi ad imprese del comparto dell’edilizia che si pongono quali appaltatori o, a loro volta, quali subappaltatori, in relazione alla realizzazione dell’intervento edilizio.
Per converso, il regime dell’inversione contabile non si applica alle prestazioni rese direttamente, in forza di contratti d’appalto, nei confronti di imprese di costruzione o di ristrutturazione.
Si ritiene, peraltro, che, ai fini dell’applicazione del reverse-charge, i servizi forniti ai soggetti appaltatori o ad altri subappaltatori assumano rilevanza non solo se resi sulla base di un contratto riconducibile alla tipologia dell’appalto ma anche se effettuati in base ad un contratto di prestazione d’opera.
Come è noto, la differenza fondamentale tra il contratto d’appalto e quello d’opera riflette le differenti caratteristiche strutturali e dimensionali dell’impresa.
Entrambi i contratti hanno in comune l’assunzione, nei confronti di un committente, di un’obbligazione avente ad oggetto la realizzazione, dietro corrispettivo, di un’opera o di un servizio. Sono, inoltre, elementi comuni ai due contratti l’assenza del vincolo di subordinazione e l’assunzione di rischio da parte di chi esegue la prestazione. La differenza fondamentale tra i due contratti riguarda, invece, la circostanza che nell’appalto l’esecutore si avvale di una struttura organizzativa tendenzialmente articolata mentre, nel secondo, prevale l’attività lavorativa del prestatore secondo il modulo organizzativo della piccola impresa.
Ciò premesso, occorre considerare che la norma in commento, specificando che sono incluse nel campo di applicazione del reverse-charge le prestazioni di manodopera, di fatto estende l’obbligo dell’inversione contabile anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera di cui all’art.2222 del c.c..
Il riferimento alle prestazioni di manodopera, in particolare abbraccia sia l’ipotesi in cui l’attività del subappaltatore consiste nel fornire la manodopera dei dipendenti, sia la diversa ipotesi in cui detta attività consista nel rendere direttamente la propria opera.
Ne consegue che, in generale, il reverse-charge trova applicazione anche in relazione ai servizi resi nel settore edile sulla base di contratti d’opera e cioè in base a contratti in cui il lavoro personale del prestatore risulta prevalente rispetto alla organizzazione dei mezzi approntati per la esecuzione del servizio.
In ogni caso, restano escluse dal reverse-charge le prestazioni d’opera intellettuale, rese da professionisti (ad es. prestazioni rese da ingegneri, architetti, geometri, etc.), che per la loro natura non possono essere definite come prestazioni di manodopera, e risultano comunque estranee alle tipologie di attività considerate dalla norma, che si estrinsecano in apporti materiali che concorrono alla realizzazione del manufatto.
Devono ritenersi, inoltre, escluse dal reverse-charge le forniture di beni con posa in opera poiché tali operazioni, nelle quali la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene, ai fini IVA costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi.

Rimborso e compensazione di eccedenze detraibili
Il comma 6 bis, dell’art. 35 del decreto legge n. 223 del 2006 ha esteso la facoltà di chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione annuale IVA anche alle ipotesi in cui, nel settore edile, siano rese le prestazioni di servizi assoggettate al regime del reverse-charge.
A tal fine è stato inserito nell’art. 30, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede la possibilità di chiedere il rimborso nelle ipotesi in cui vengano esercitate “esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni” il richiamo al sesto comma dell’articolo 17. Ciò comporta che le operazioni attive fatturate senza applicazione d’imposta da parte del subappaltatore vengono di fatto qualificate, ai fini in esame, come operazioni ad “aliquota zero”.
L’eccedenza annuale d’imposta detraibile, può essere chiesta a rimborso ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. a) del D.P.R. n. 633 del 1972, qualora l’aliquota mediamente applicata sugli acquisti e sulle importazioni superi quella mediamente applicata su tutte le operazioni attive effettuate, comprese le operazioni in esame, da conteggiare ad aliquota zero, maggiorata del 10 per cento.
In presenza di tale condizione i contribuenti che abbiano effettuato esclusivamente o prevalentemente operazioni attive ad aliquote più basse rispetto a quelle gravanti sugli acquisti e sulle importazioni, possono inoltre chiedere, ai sensi art. 38-bis, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, il rimborso del credito IVA in relazione a periodi inferiori all’anno.
L’art. 35, comma 6-ter del decreto legge n. 223 del 2006 dispone che resta ferma, per i soggetti che fatturino le prestazioni edili in regime di reverse-charge, la possibilità di effettuare la compensazione infrannuale del credito IVA con altri tributi e contributi, nel limite di euro 516.456,90 (art. 34, l. 388/2000), ai sensi dall’articolo 8, comma 3, del regolamento approvato con D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542.
Si deve ritenere che la norma recata dal decreto legge, nel ribadire che l’istituto della compensazione costituisce una modalità per il recupero del credito IVA (che emerge in corso d’anno) alternativa rispetto alla richiesta di rimborso infrannuale, conferma che anche ai fini della compensazione devono sussistere le condizioni richieste dal richiamato art. 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 per ottenere il rimborso.
Il comma 6-ter, prevede, infine, che la compensazione possa essere effettuata nel limite di un milione di euro, anziché nel limite di 516.456,90 euro, qualora il volume d’affari registrato nell’anno precedente sia costituito per almeno l’80 per cento, da prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto. Il richiamo della norma all’art. 34, legge 388 del 2000 che indica i limiti massimi dei crediti d’imposta compensabili ovvero rimborsabili, fa ritenere che detto limite sia innalzato, oltre che per la compensazione, anche per il rimborso annuale dell’imposta, nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 30.

Rapporti associativi
Il reverse-charge non trova applicazione in relazione alle prestazioni rese nell’ambito di taluni rapporti associativi, come ad esempio:
• nella ipotesi in cui la società consortile assume la funzione di coordinamento per la gestione unitaria del lavoro e procede al ribaltamento dei costi alle società
consorziate consentendo loro di concorrere alle spese in base alle rispettive quote di partecipazione;
• nelle ipotesi in cui il consorzio di cooperative, affidi l’esecuzione dei lavori ai soci.
Si ritiene, in linea generale che i rapporti posti in essere all’interno dei consorzi e delle altre strutture associative analoghe non configurino subappalti o ipotesi affini.

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