La deumidificazione delle superfici affrescate

TECNORED

Umidità ascendente
L’umidità ascendente interessa quasi tutti gli edifici antichi e, in alcuni casi, anche quelli di recente costruzione, privi di adeguati sistemi di isolamento. Le problematiche si manifestano soprattutto con la comparsa di macchie alla base della costruzione, con sgretolamento delle tinteggiature oppure con distacco degli intonaci o di frammenti di materiale da costruzione,(pietre, mattoni, ecc.). L’umidità ascendente è causata dalla presenza d’acqua nel terreno e dalla capillarità dei materiali di costruzione. I canali microscopici dei capillari, a causa della poca tensione superficiale, permettono questa risalita d’acqua, che aumenta ulteriormente con la presenza di sali disciolti nel terreno o derivanti dalla formazione dalla combinazione di sostanze organiche nell’acqua e il calcio presente nella muratura. Oltre ai danni estetici, l’umidità ascendente aumenta la dispersione del calore dall’interno dell’edificio verso l’esterno, provocando la formazione di “ponti termici” e conseguenti problematiche igieniche e ambientali.

Danni igienici
Muri umidi significano ambienti umidi, cioè malsani. Un ambiente ideale per la formazione di muffe e funghi alcuni pericolosi, come ad esempio la “carie secca” che si alimenta distruggendo il legno (travi, perlinati, pavimenti, ecc.). L’acqua che evapora dalle murature o dai pavimenti, trasferendosi nell’atmosfera dei locali, crea tassi di umidità relativa molto alti e dà luogo a situazioni igienico-ambientali assolutamente nocive per le persone che operano negli stessi, specie per quelle sofferenti di problemi respiratori o artritici. Anche i problemi di isolamento termico su una muratura umida risultano più che evidenti se si considera che la stessa perde in tale situazione dal 30%al 50% del suo potere isolante. Conseguentemente a causa di questa dispersione di calore, si deve ricorrere ad un maggior costo energetico per riscaldare adeguatamente l’ambiente.

Danni strutturali
Il degrado delle murature provocato dall’umidità ascendente con il passare degli anni può compromettere, in casi estremi, la struttura stessa dell’edificio (emblematica la parte bassa delle murature in Venezia). Il degrado inizia con lo sfarinamento delle pitture, per poi passare allo sgretolamento dell’intonaco e quindi alla disgregazione del mattone o della pietra (soprattutto tufo, pietra serena e marmi poco compatti). La risalita dell’acqua nella muratura contenente sali disciolti nel terreno evaporando provoca un accumulo superficiale degli stessi. Questi sali, essendo igroscopici sono la vera causa del danno; Gli stessi, possono aumentare sino a 50 volte il loro volume da anidri a saturi in funzione del tipo di sale (nitrati, cloruri, solfati) e della maggiore o minore umidità relativa presente nell’ambiente.

Danni estetici
Risulta evidente che un ambiente attaccato dalle muffe, dai funghi e dai sali presenti sugli intonaci, è assolutamente sgradevole anche dal punto di vista estetico. Mentre è possibile disinquinare le superfici interessate dalla presenza di muschi e licheni con idonei antibiotici a largo spettro, risulta estremamente difficile rimuovere i sali delle superfici intonacate. Tali operazioni vengono generalmente effettuate utilizzando impacchi estrattori con polpa di cellulosa, attapulgite, seppiolite, etc. Ovviamente questi interventi sono giustificati esclusivamente dalla presenza di superfici affrescate e/o intonaci antichi di pregio, in quanto per gli intonaci tradizionali risulta decisamente conveniente la loro demolizione e successivo rifacimento, prevedendo l’utilizzo di idonee boiacche antisaline di sottofondo.

Le varie metodologie contro l’umidità ascendente
In questi 30 anni abbiamo potuto confrontare e verificare le varie tecniche di risanamento, prendendo in esame tutte le metodologie del settore, evidenziando i limiti o i pregi delle stesse. Dalle infinite variabili del taglio delle murature (con inserimento di piombo, di resine, di fogli in p.v.c., con tecniche miste, o con sostituzione parziale/totale della muratura stessa) alle tecniche legate all’elettrosmosi attiva o passiva (tubi Knabel, sifoni, aeratori, ecc.) ai sistemi di riscaldamento microclimatico, alle barriere ottenute con resine occludenti epossidiche, poliesteri, acriliche, iniettate ad alte pressioni per non addentrarci nelle ulteriori variabili delle stesse. Il nostro deciso orientamento verso le barriere chimiche idrofobizzanti inserite a lenta diffusione, è la risultante puntuale e ragionata circa gli indiscussi vantaggi e certezza del risultato finale, derivanti dall’utilizzo delle stesse.

L’evoluzione delle barriere chimiche idrofobizzanti dagli anni 50 a oggi
L’evoluzione di queste barriere chimiche idrofobizzanti, arrivate in Italia attorno agli anni sessanta ottenute con formulati utilizzati in Inghilterra già dal dopoguerra (a base di metilsiliconato di sodio e/o potassio) hanno avuto un notevolissimo impulso con l’avvento di nuovi formulati privi dei limiti operativi dei precedenti. In sostanza il metilsiliconato di sodio o di potassio si diffondeva nella muratura seguendo le stesse vie dell’acqua di risalita capillare. Si depositava nei capillari microreticolando e favorendo un aumento considerevole della tensione superficiale nei capillari stessi impedendo in tal modo la risalita dell’acqua a causa della modifica dell’angolo di bagnabilità per il rovesciamento del menisco, che passava da concavo a convesso. I limiti operativi di questi formulati derivavano dalla loro incompatibilità con ph elevati presenti in certe murature, costituite da cementi freschi o realizzate con arenarie compatte. Inoltre, avendo bisogno di anidride carbonica per il processo di reticolazione, non potevano essere impiegati su murature con spessori superiori ai 40-50 centimetri. Infatti, in alcuni casi, la velocità di risalita capillare poteva essere superiore ai tempi di reticolazione, con conseguente spostamento e dispersione della zona di barriera. Per il risanamento di architetture storiche non era secondario il fatto che il residuo di tali formulati dal processo di polimerizzazione fosse costituito da sali che avrebbero potuto provocare effetti meccanici indesiderati sulle superfici.

Il risanamento delle superfici affrescate e l’ideazione del Drykit System della Tecnored
Dagli anni ’80, finalmente sono stati resi disponibili polimeri della nuova generazione, costituiti da silani, polisilossani, silano monomeri bicomponenti, microemulsioni silanche, etc. che potevano essere veicolati in acqua e/o solventi, privi dei limiti operativi precedentemente descritti, hanno consentito di poter operare tranquillamente su una gamma vastissima di strutture, raggiungendo in alcuni anni standard elevatissimi di sicurezza e di affidabilità.
I formulati in solvente, si sono rivelati ideali per il trattamento delle superfici affrescate in quanto, contrariamente a quelli all’acqua, non veicolavano i sali presenti nella muratura con conseguenti fenomeni disgregativi superficiali. Inoltre, è risultata di fondamentale importanza l’esperienza diretta nel restauro delle superfici affrescate per mettere a punto un formulato specifico in grado di non provocare effetti indesiderati sulle superfici stesse quali modificazioni cromatiche anche lievi provocate dagli olii e dalle sostanze grasse contenute nei normali solventi. Ciò è stato possibile utilizzando solventi specifici opportunamente equilibrati da agenti penetratori e tensioattivi neutri per consentire la successiva pulitura, ritocco e protezione finale dell’affresco finalmente restaurato e deumidificato.
In questo quadro di rinnovato dinamismo e diffusione di tali metodologie di risanamento, abbiamo aderito alle esigenze manifestate dalle imprese operanti nel recupero e nella ristrutturazione, di poter effettuare direttamente queste operazioni sino ad allora effettuate da aziende specializzate del settore.
In tal senso, la scelta operata è stata quella di fornire a tali imprese non solamente un formulato, magari in confezioni predosate, bensì di trasferire tutte queste conoscenze fondamentali per il raggiungimento di un sicuro e certo risultato finale fornendo, oltre alla specifica attrezzatura “usa e getta” appositamente ideata e brevettata, anche una informazione che consentisse la scelta autonoma e ragionata sulla gamma dei quattro formulati proposti per diverse specifiche esigenze.Il DryKit®System, infatti, è composto, oltre che dalle sacche riutilizzabili e dai diffusori in cellulosa pressata di lunghezza variabile in funzione dello spessore della muratura e da quattro tipi di formulati diversi, di cui uno specifico (TRF135) sopra descritto, per murature affrescate.
Un praticissimo manuale istruzioni riporta i consigli e risolve ogni dubbio per facilitare al massimo tutte le operazioni di tracciatura, perforazione, imbibizione e ripristino dei nuovi intonaci.

L’applicazione dei formulati Drykit System sottovuoto
Nei casi in cui l’importanza e/o la fragilità dell’opera da risanare non consenta la realizzazione di una perforazione con diametri anche inferiori a quelli standard normalmente utilizzati, è possibile ottenere una barriera idrofobizzante continua con la tecnologia del “sottovuoto”. Si tratta di un vuoto dinamico ottenuto con pompe aspiranti collegate alla muratura da apposite gronde di aspirazione sigillate a teli di polietilene perimetrati da cordoli adesivanti. I condotti delle gronde di aspirazione confluiscono in una centralina di distribuzione di vuoto per permettere la regolazione dell’aspirazione sulle varie zone della superficie interessata. Tra le gronde di aspirazione e la centralina sono indispensabili delle “trappole” realizzate con serbatoi a caduta per impedire il passaggio dei formulati utilizzati dalla centralina alla pompa di aspirazione. Ottenuto un vuoto dinamico non inferiore all’80% di 1 bar è possibile collegare dei tubicini perforando e sigillando il polietilene ai fusti contenenti il formulato che sarà aspirato ed impregnerà in profondità la muratura interessata.
Con tale tecnologia, ad esempio, sono state trattate alcune murature della Basilica di S. Sofia a Padova, del monumento funebre di Mantua Benavides della chiesa Degli Eremitani, di alcune murature del Barco della Regina Corsaro ad Altivole, Treviso, oltre a parecchi altari di chiese nell’Italia del Nord e di statue in pietra arenaria.

Estratto della relazione svolta dal Geom. Paolo Mariani (Tecnored S.r.l.) in occasione del primo Congresso Iberico Americano sul restauro tenutosi a Madrid nel Novembre 2001.

* Il geom. Paolo Mariani è Perito ed esperto nel settore del risanamento e delle impermeabilizzazioni presso la Camera di Commercio di Verona. Si occupa del settore del risanamento da circa 30 anni. Ha ideato e brevettato il sistema di risanamento a lenta diffusione DryKitSystem. Collabora con il Politecnico di Torino e con altre Università Italiane per convegni e seminari sul tema. Ha svolto consulenze ed incarichi per le problematiche del settore per innumerevoli Amministrazioni Pubbliche tra cui, emblematica, quella di Venezia.

Per informazioni o approfondimenti
www.tecnored.it

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