Documento di Programmazione economico-finanziaria 2006-2009

L’economia italiana nel 2005
Il DPEF delinea per il 2005 una crescita del PIL pari a zero dovuta al ridimensionamento di tutte le componenti della domanda interna e al contributo ancora negativo del settore estero. Ad un aumento dei consumi finali dello 0,9% si contrappone una riduzione della spesa per investimenti dell’1,5%. In particolare, “dopo anni di robusta crescita, il settore delle costruzioni mostra segni di assestamento”. Il Governo, infatti, stima per il 2005 una crescita nulla degli investimenti in costruzioni. Infine, per quanto riguarda il mercato del lavoro, si attende una lieve crescita dell’occupazione soprattutto nella componente di lavoro dipendente. Il tasso di disoccupazione, invece, rimarrà stabile all’8%.

L’andamento del periodo 2006-2009 e gli obiettivi del Governo
In assenza di interventi correttivi da parte del Governo lo scenario tendenziale delinea una crescita media annua del PIL, nel quadriennio 2006-2009, dell’1,5%. La crescita sarà sostenuta da tutte le componenti della domanda interna. Si prevede, infatti, un aumento dei consumi delle famiglie dell’1,5% medio annuo, e degli investimenti, soprattutto nella componente di macchinari ed attrezzature, del 2,4% in media. Per gli investimenti in costruzioni la previsione tendenziale di crescita risulta dell’1% nel 2006 e 2007, dell’1,2% nel 2008 e dell’1,4% nel 2009. Rispetto a questo andamento tendenziale il Governo intende adottare misure in grado di accelerare la crescita e di conseguire un aggiustamento strutturale dei conti pubblici in coerenza con i parametri europei.
In questo senso, il DPEF identifica cinque linee di intervento:
1. maggiori investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali e nelle aree strategiche del Paese;
2. liberalizzazione dei mercati, semplificazione e riduzione degli oneri burocratici;
3. alleggerimento del carico tributario;
4. tutela del potere d’acquisto delle famiglie;
5. aggiustamento strutturale e maggiore qualità dei conti pubblici.
Queste politiche strutturali determineranno, solo nel 2008 e nel 2009, un aumento molto lieve del tasso di crescita del PIL rispetto alle previsioni tendenziali (nel 2008 e 2009, i tassi di crescita del PIL passeranno da un valore tendenziale pari all’1,5 e all’1,6% a un tasso programmatico rispettivamente pari all’1,7 e all’1,8%). Nel quadro programmatico delineato non ci sono valutazioni sulle singole componenti del conto economico; mancano, quindi, anche le stime degli investimenti in costruzioni nel periodo 2006-2009 derivanti dall’applicazione delle politiche correttive. L’effetto principale di tali politiche proposte dal Governo si avrà sull’indebitamento della pubblica amministrazione, che si attesterà nel 2006 al 3,8% del PIL e al 2,8 nel 2007, scendendo così sotto la soglia del 3%. La riduzione proseguirà, raggiungendo l’1,5% nel 2009. In mancanza dell’aggiustamento strutturale, invece, il rapporto deficit/PIL si attesterebbe al 4,7 nel periodo 2006-2009. Infine, le stime programmatiche prevedono una costante riduzione del debito pubblico che alla fine del periodo considerato si attesterà al 100,9% del PIL.

Quadro programmatico 2006-2009 in presenza dell’intervento del Governo
Investimenti in infrastrutture materiali e immateriali
Tra gli obiettivi che il Governo intende raggiungere trova spazio il recupero del ritardo nella dotazione infrastrutturale che l’Italia ha accumulato rispetto agli altri paesi europei. A tal fine il Governo intende incrementare le spese in conto capitale destinate agli investimenti pubblici.
Nel documento, inoltre, si pone l’attenzione ai sistemi urbani, con la definizione di un progetto per il trasporto pubblico nelle grandi aree metropolitane. Il DPEF, tra l’altro, riconosce l’importanza degli investimenti in ricerca e sviluppo e prevede l’introduzione di incentivi per le imprese che attueranno investimenti nei settori più rilevanti per l’innovazione.
Il Governo accenna, inoltre, all’importanza di intraprendere azioni per promuovere il settore turistico, valorizzandone gli aspetti culturali ed inserendo i beni culturali in un’offerta integrata al fine di destagionalizzare le presenze e utilizzare pienamente le strutture disponibili.
Infine nell’affrontare la politica industriale, il Governo intende favorire le aggregazioni di imprese per superare il “nanismo” che caratterizza il tessuto produttivo del nostro Paese e rafforzare il sistema delle garanzie. Tale misura faciliterebbe l’accesso al credito soprattutto in vista della riforma degli incentivi e dell’attuazione delle regole di Basilea2.

Liberalizzazione dei mercati e semplificazione
Il DPEF riconosce l’importanza della concorrenza nei mercati per il rilancio dell’economia italiana.
A questo fine, il Governo si impegna a ridurre le barriere all’entrata in settori chiave della nostra realtà economica come i servizi di rete (gas, energia, ecc.), finanziari e professionali.
Inoltre, si intende proseguire quanto avviato con il piano d’azione per lo sviluppo in tema di snellimento delle procedure anche al fine di migliorare l’attrazione di investimenti stranieri in Italia.
Un altro aspetto sul quale si richiama l’attenzione è quello legato all’obiettivo di estendere, per quanto possibile, l’istituto del silenzio assenso.

L’alleggerimento del carico tributario e costo del lavoro
L’alleggerimento del carico tributario costituisce uno dei capisaldi della politica economica che il Governo intende intraprendere. L’obiettivo è quello di garantire una prima diminuzione della pressione fiscale dell’1,4%, già a partire dal 2006, e dello 0,2% all’anno per il triennio 2007-2009. In sostanza, partendo da una pressione fiscale pari al 41,7% del PIL alla fine del 2004, le previsioni stimano che questa, calcolata con i criteri SEC95, dovrebbe attestarsi al 40,3%, nel 2006, al 40,0% per il 2007, al 39,8% per il 2008 e al 39,6% per il 2009.
A tal fine, operando in particolare sul valore aggiunto prodotto dalle imprese, il Governo intende:
– ridurre gradualmente l’IRAP, attraverso l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile d’imposta;
– intensificare la lotta all’evasione;
– introdurre misure atte ad allargare la base imponibile;
– introdurre incentivi fiscali a favore delle aree produttive, in particolare, del Mezzogiorno.
Tra queste, si ritiene rivesta particolare importanza per le imprese di costruzioni la decisione del Governo di ridurre l’IRAP sul costo del lavoro, che penalizza fortemente tutti i settori, quali quello edilizio, ad alta intensità di manodopera.
In attesa di conoscere la tempistica e i dettagli tecnici della proposta, l’ANCE auspica che la riduzione del costo del lavoro possa riguardare la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese, fissando una congrua soglia di esenzione dall’IRAP del costo del lavoro che garantisca una maggiore competitività del sistema produttivo, con risultati positivi in termini di occupazione.
Viene previsto, in ogni caso, che la manovra sull’IRAP venga affiancata da misure idonee a garantire l’esercizio delle funzioni proprie delle Regioni, finanziate dal gettito derivante dall’imposta.
Se da una parte il Governo ha inteso ridurre il costo del lavoro attraverso misure di carattere fiscale, non sono presenti nel DPEF previsioni di riduzione degli oneri contributivi, come richiesto dall’Ance in considerazione del fatto che il settore delle costruzioni sconta ancora oggi un peso degli oneri sociali superiore di circa 10 punti percentuali rispetto al settore manifatturiero.
L’Ance ha infatti richiesto l’introduzione di norme quali la riduzione del contributo cassa integrazione guadagni ordinaria per gli operai dell’edilizia, attualmente pari al 5,20%, per parificarlo alle misure in atto per gli altri settori industriali (1,90% e 2,20%).
Se si esamina la gestione INPS della cassa integrazione guadagni dell’edilizia, risultano eccedenze accumulate negli ultimi anni pari a 500 milioni di euro. La legge sulla cassa integrazione guadagni degli operai edili prevede che, al fine di assicurare l’equilibrio della gestione, al termine di ciascun esercizio sulla base delle risultanze di bilancio dell’esercizio stesso, le aliquote contributive possano essere modificate e che tale modifica sia obbligatoria quando la differenza tra entrate e uscite delle contabilità separate, distintamente considerate, risulti superiore al 10 per cento. Nel corso degli anni l’aliquota è aumentata sino al 5,20%, creando queste rilevanti riserve. Non si comprende perché non debba ora essere ridotta, dal momento che la stessa norma di legge individua precisi criteri per assicurare l’equilibrio della gestione. Il DPEF fa poi espresso riferimento a misure di incentivazione della previdenza integrativa. L’Ance, nel condividere la necessità di introdurre disposizioni atte a compensare le imprese della perdita del TFR, ritiene che sia indispensabile agire anche sul fronte della riduzione del costo del lavoro, convogliando in tal modo risorse verso la previdenza complementare. A tal fine, è stata richiesta la decontribuzione dei superminimi e degli straordinari, come proposta da tutte le parti sociali del settore delle costruzioni, compresi i sindacati nazionali edili, nell’Avviso Comune per l’emersione del lavoro irregolare in edilizia del dicembre 2003. La proposta prevede la parziale decontribuzione degli straordinari e dei trattamenti retributivi erogati in aggiunta a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, destinando parte del risparmio a favore della previdenza complementare.
Tale decontribuzione potrebbe quindi rappresentare uno strumento fondamentale al fine di reperire risorse necessarie per un reale decollo della previdenza integrativa.
L’Ance condivide anche la previsione di introdurre ulteriori azioni per la lotta al lavoro irregolare e all’emersione del lavoro sommerso. La lotta al lavoro irregolare non può però prescindere da misure volte a garantire la sicurezza sul luogo di lavoro. In tale ottica è necessario dare risposta alla ulteriore problematica concernente il mercato del lavoro in edilizia che non ha trovato a tutt’oggi soluzione, e cioè quella riguardante il collocamento obbligatorio. La peculiare logistica dei cantieri edili nonché la faticosità e pericolosità dell’attività lavorativa ivi svolta non risultano consone all’occupazione dei lavoratori disabili. Da anni, e da ultimo con una lettera congiunta Ance e sindacati nazionali edili, è stato richiesto in tutte le sedi opportune una norma di esonero del settore dalla normativa concernente il collocamento obbligatorio, escludendo dalla base di computo per la determinazione della quota di riserva quantomeno gli operai addetti alla produzione e gli autisti.

La tutela del potere d’acquisto per le famiglie
Per quanto riguarda l’intervento sulla tutela del potere d’acquisto delle famiglie, il Governo intende perseguire questo obiettivo anche attraverso il contenimento dei costi essenziali, tra i quali quelli relativi agli affitti. In particolare, al fine di mitigare l’aumento degli affitti registrato nell’ultimo quinquennio, il Documento di Programmazione fa generico riferimento all’adozione di specifici incentivi fiscali, senza però alcuna indicazione sulle caratteristiche del beneficio.
In tal ambito, l’ANCE ritiene opportuno portare avanti la proposta di pervenire ad una tassazione separata dei redditi da locazione percepiti da persone fisiche, con aliquota ridotta (es. 12,50%, come attualmente previsto per le rendite finanziarie).
Tale misura potrebbe dare un nuovo positivo impulso al mercato delle locazioni di immobili, anche nell’ipotesi in cui fosse in un primo tempo limitata alla locazione di fabbricati abitativi, di nuova costruzione o incisivamente ristrutturati, con vincolo di successiva locazione per almeno 10 anni.

Gli aggiustamenti strutturali e qualità della Finanza Pubblica
La difficile situazione dei conti pubblici richiede un aggiustamento strutturale che comporti un contenimento della spesa corrente e liberi le risorse necessarie per un adeguato livello di spesa in conto capitale. Il Governo intende rivedere l’applicazione del tetto del 2% all’incremento delle spese legandola al tasso di incremento nominale del PIL e applicando il limite in maniera differenziata tra i vari comparti della spesa pubblica. L’intenzione di modificare l’applicazione del limite alla spesa conferma le perplessità già espresse dall’Ance, in occasione della manovra di finanza pubblica per il 2005, sull’efficacia di tale regola per contenimento della spesa pubblica. Infatti, erano stati avanzati dei dubbi in merito all’efficacia di una norma che, agendo in modo rigido e indiscriminato sui molteplici comparti della spesa pubblica, sarebbe stata inefficiente nel contenerla e avrebbe penalizzato esclusivamente la componente destinata ad investimenti infrastrutturali. E’ evidente, quindi, che l’accennata intenzione di rivedere la norma appare del tutto condivisibile, purché vada nella direzione di escludere le spese infrastrutturali dal ricordato limite. Positiva, inoltre, è l’intenzione espressa dal Governo di rivedere anche il Patto di Stabilità Interno e prevedere tetti distinti per la spesa corrente e per quella in conto capitale. In questo modo e attraverso vincoli più stringenti per la spesa corrente, si cercherà di aumentare gli investimenti pubblici locali.

La crescita e la competitività del mezzogiorno
Questi interventi annunciati saranno affiancati da una politica per la crescita e la competitività del Mezzogiorno. Il Governo si impegna, nel breve termine, a contrastare la fase ciclica attraverso il riordino del sistema degli incentivi, una fiscalità di vantaggio a valere sull’IRAP per le nuove assunzioni nel Sud, un programma di attrazione degli investimenti gestito da Sviluppo Italia e l’accelerazione delle opere infrastrutturali localizzate nel Mezzogiorno.

Le valutazioni dell’ANCE
Le misure indicate nel documento di programmazione sono, quindi, condivisibili ma mancano indicazioni concrete su come questi interventi saranno realizzati.
Si tratta di verificare come il Governo tradurrà quelli che appaiono come semplici indicazioni di principio, in provvedimenti e misure certe e quantificabili in termini di risorse e tempi.
Resterà poi da capire a quali degli obiettivi indicati verrà data priorità.
L’Ance auspica in questo senso che le azioni concrete che si andranno a compiere tengano adeguatamente conto del ruolo fondamentale che oggi più che in passato il settore delle costruzioni è chiamato a svolgere per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese.

Obiettivo
Tale sforzo ha portato il Ministero a proporre un’analisi delle fonti e degli impieghi relativi al Programma molto vicina a quella effettuata dall’ANCE nei propri lavori.
Il documento, oltre all’illustrazione dei successi e delle innovazioni procedurali e finanziarie introdotte dalla legge obiettivo, elenca le criticità riscontrate nell’attuazione del programma, che dovranno essere rimosse nel corso della prossima legislatura.
L’illustrazione dello stato di attuazione della legge obiettivo è affidato ad una serie di tabelle che contengono costi, disponibilità e tempistiche per ciascun intervento approvato dal CIPE o ancora in fase di istruttoria.
Il confronto di tali informazioni con quelle raccolte ed elaborate dall’ANCE, sulla base delle delibere CIPE di approvazione, mostra alcune differenze che derivano dalla sovrastima del Ministero delle somme effettivamente disponibili rispetto a quanto indicato dall’ANCE.
La ragione dello scostamento sembra riferirsi, in gran parte, alle opere per le quali sia previsto un finanziamento attraverso emissioni di obbligazioni, quali quelle relative all’Alta Velocità ferroviaria o al Ponte sullo Stretto.
Per queste opere il Ministero, considerando come disponibile l’intera copertura finanziaria necessaria, si discosta dalla quantificazione dell’ANCE di circa 12.000 milioni di euro.
In tal modo, la differenza tra il costo degli interventi approvati e le risorse disponibili per gli stessi, ovvero quanto ancora da reperire, ammonta a 19.000 milioni per il Ministero e a 29.000 per l’ANCE.
Il documento, sulla base delle informazioni su indicate, contiene una quantificazione delle risorse da destinare al programma nei prossimi anni, per rispettare gli impegni assunti all’inizio della legislatura.

Le risorse per gli investimenti dell’ANAS
In merito all’ANAS il documento illustra la strategia del Ministero per garantire finanziamenti alternativi a quelli dello Stato per gli investimenti dell’Ente.
Secondo tale progetto, l’ANAS riceve in concessione l’intera rete viaria di interesse nazionale a fronte di un canone una-tantum di 3.000 milioni di euro.
Per la gestione della rete l’ANAS ottiene pedaggi ombra dallo Stato e altri trasferimenti.
In questo modo, ottenendo “dal mercato” ricavi superiori al 50% dei propri costi, potrà uscire dalla sfera della P.A. e ricorrere all’esterno per i propri fabbisogni, senza incidere sul debito pubblico e senza ricorrere allo Stato per i propri investimenti.
La soluzione indicata appare interessante, anche se bisognerà chiarire meglio gli ambiti di applicazione del piano e le caratteristiche del contratto di programma che legherà l’ANAS allo Stato, e dal quale dipenderanno i trasferimenti all’’Ente.

La Legge obiettivo per le città
Tra le priorità del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti figura la complessità dei sistemi urbani, attraverso la quale riconosce alla città il ruolo di catalizzatore di processi sociali ed economici da incentivare attraverso la realizzazione di città efficienti.
La questione urbana acquista il livello di questione nazionale da affrontare in base alle componenti del trasporto, dell’inquinamento, della migliore pianificazione, dell’architettura.
Il Documento afferma che nell’ultimo anno di legislatura si ritiene opportuno approfondire i temi inerenti lo sviluppo e la riqualificazione delle città anche con riguardo alla componente architettonica.
Chiaro, in questo ambito, il riferimento all’art. 11 del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, attualmente all’esame del Senato, che ripropone la legge obiettivo per le città promossa dall’ANCE.
Il Governo conferma, in tal modo, di volersi concentrare sulla questione urbana attraverso proposte fattive.

Politiche residenziali e abitative
Il Documento affronta, inoltre, la questione del rilancio organico delle politiche residenziali ed abitative, componente dei programmi di riqualificazione urbana, anche se i riferimenti all’edilizia in locazione per particolari categorie di utenti, all’attivazione dell’edilizia sperimentale, allo sviluppo di nuove tecnologie, alle società di trasformazione urbana, in realtà costituiscono un richiamo a programmi di intervento in corso da tempo (programmi dipendenti pubblici art. 18 L. 203/91) o di prossima attivazione (edilizia sperimentale, Decreto Legge 86/05), salvo che il Governo non intenda attuare nuovi investimenti.
Tra gli interventi mirati proposti, Governo ha recepito, sotto forma di intendimenti, alcune delle principali proposte dell’Ance.
Inoltre nel Documento sono contenuti generici riferimenti ad una revisione della fiscalità per gli alloggi in locazione.
Tra le azioni di carattere fiscale indicate nel documento, è sottolineata la necessità di prendere in considerazione l’eventuale:
-estensione, anche temporanea, alle imprese della possibilità di rivalutare gli immobili (aree e fabbricati), posseduti dalle stesse, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 4% dell’intero valore rivalutato. Tale misura, introdotta dall’art.7 della legge 448/2001 e poi oggetto di successive riaperture e proroghe dei termini, tra cui, da ultimo, quella disposta sino al 30 giugno 2005 dall’art.1, comma 376 della legge finanziaria 2005 n.311/2004, è stata finora prevista esclusivamente per le aree edificabili e i terreni agricoli posseduti da privati;
– proroga delle agevolazioni fiscali previste, a favore delle persone fisiche, per gli interventi di ristrutturazione edilizia delle abitazioni (cd 36%) e dell’aliquota IVA ridotta al 10% per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle medesime unità immobiliari residenziali (previa preventiva proroga della Direttiva comunitaria in materia), entrambe applicabili fino al 31 dicembre 2005;
– proroga della medesima agevolazione fiscale (detrazione IRPEF del 36%) anche in relazione all’acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione , applicabile fino al 30 giugno 2006.
Nel complesso, appare condivisibile l’intenzione di agire sulla leva fiscale per la ripresa dello sviluppo economico del Paese. Diversamente, permangono perplessità sulla genericità delle misure agevolative legate alle locazioni abitative, che necessiterebbero altresì di disposizioni di ampio respiro.
L’Italia, infatti, è caratterizzata da una modesta offerta di immobili in locazione (19%), sensibilmente inferiore rispetto a quella di cui dispongono altri paesi europei (ad esempio: Germania 60%, Francia 42%), mentre la domanda di abitazioni in affitto è consistente ed è alimentata dalle famiglie di nuova formazione, dagli immigrati, dai soggetti che necessitano di risposte temporanee e particolarmente flessibili (persone che si spostano per motivi di lavoro e studio ecc.). Occorre, quindi, rafforzare l’offerta attraverso l’avvio di nuovi programmi costruttivi, ma parallelamente si ritiene necessario incentivare i proprietari privati anche per rendere più trasparente il mercato degli affitti, coerentemente alla politica economica perseguita dal Governo. La proposta dell’Ance di una tassazione separata per i redditi da locazione è di quelle capaci di dare nuovo impulso al settore, necessaria per agevolare la soluzione del problema abitativo a quanti non sono in condizione di accedere alla proprietà della casa, e per dare una risposta adeguata alla crescente esigenza di mobilità, propria delle società moderne.

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