I “futuri” del W.T.C.

La mostra si chiama “A New World Trade Center, Design Proposals”, ed è in corso al National Building Museum di Washington fino al 10 giugno. Curata dal gallerista Max Protech, raccoglie 60 progetti firmati da architetti di fama mondiale, tra cui Raimund Abraham, Michael Graves, Daniel Libeskind, Zaha Hadid e Fox e Fowle, per la ricostruzione della zona distrutta dall’attentato. «Gli architetti e gli artisti hanno formulato proposte di vario tipo che vanno dalla ricostruzione delle due torri alla creazione di un memoriale fino all’integrazione delle due cose», spiega Protech. Oltre a proporre ipotesi architettoniche, la mostra intende proporre una riflessione comune sulle problematiche urbanistiche etiche e socio-economiche che si intrecciano nella progettazione di un frammento di metropoli del Ventunesimo secolo.
Le “proposte”, in effetti più degli approcci concettuali che dei veri e propri progetti, supportati da disegni, progetti computerizzati, video e istallazioni sonore, sono un concentrato di fantasia e originalità, quale solo poteva scaturire sull’onda emotiva dell’attentato dell’11 settembre. Il progetto di Samuel Mockbee, ad esempio, consiste in due torri con in mezzo un memoriale-fossato scavato a 911 piedi di profondità – pari a 273 metri – (misura che, secondo la consuetudine anglossasone di anteporre la cifra del mese a quella del giorno, rappresenta la data dell’attentato), riempito d’acqua. L’idea è che la fossa rappresenti la ferita aperta nella coscienza del mondo e l’acqua l’occasione di specchiarsi e riflettere. Progetto di importanza storica perché è l’ultimo realizzato da Mockbee, in ospedale, pochi giorni prima di morire di leucemia. L’olandese Kas Oostherhuis ipotizza un grattacielo mutante che cambia l’aspetto esterno a seconda della data, fino a diventare una replica delle Twin Towers ogni 11 settembre. Lo studio Kakob e MacFarlane ha elaborato un edificio basso dominato da due torri ricurve in rosso e verde che ricordano due giganteschi fili d’erba su cui scorrrono scritte digitali che inneggiano alla pace e all’amore universale. Lars Spuybroek, per Nox Architekten, ha progettato un groviglio di torri (ispirandosi alle lamiere distorte dagli attentati) che convergono e si intrecciano a metà altezza, mentre Libeskind propone una struttura composta da lame, un’architettura per uffici e residenze che sia anche monumento
Non mancano proposte che divergono dal tema dominante del grattacielo: è il caso dell’enorme ponte pedonale, chiamato “World Bridge”, pensato da Eytan Kaufman per unire Ground Zero al New Jersey; o quella di Micheal Graves, che ha ipotizzato il ripristino di strade e piazze ante-W.T.C. e la costruzione, al posto delle torri, di un edificio basso come sede di un’istituto internazionale per la pace.
Tra le proposte dei non architetti, infine, merita senz’altro una menzione l’edificio immaginato da Vito Acconci: il “Building Full of Holes”, un grattacielo di 110 piani formato dalla continua ripetizione di cerchi coni e cilindri che genera un edificio traforato, una sorta di “pre-esploso”, somigliante ad un gigantesco gruviera.

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