Quale futuro per il Corviale

Il complesso abitativo più grande del mondo compie vent’anni. E’ tempo, dunque, di bilanci per il Corviale, progettato nel 1972 e liberamente ispirato ai modelli abitativi francesi modernisti, primo tra tutti quello di Le Corbusier. Dopo decenni di occupazioni il comprensorio è oggi al centro di uno dei programmi di recupero urbano elaborato dall’Ufficio per le Periferie del Dipartimento Politiche del Territorio del Comune di Roma. La megastruttura del Corviale viene, infatti, studiata nell’ambito di un convegno promosso dalla Regione Lazio, sua proprietaria, dal quale dovrebbero scaturire le ragioni di una demolizione o le potenzialità di un riuso.
Il complesso si sviluppa per la lunghezza di circa un chilometro ed è alto nove piani, più due cantine e seminterrato, 1202 appartamenti, in cinque corpi, un edificio più basso in parallelo ed una terza costruzione posta trasversalmente. Il team dei progettisti, capitanato da Mario Fiorentino, individuò come punto di forza del progetto i servizi e gli impianti collettivi, ideati con un’estensione tre volte più ampia degli standard minimi fissati per legge. Una sovradimensione giustificata dal fatto che l’area doveva servire anche il quartiere circostante ed altri 20 palazzi che avrebbero dovuto sorgere nel piano zona per un totale di altri 1500 abitanti. La prima pietra venne posata il 12 maggio del 1975 e le prime case vennero consegnate nell’ottobre del 1982. Sin dalla nascita il Nuovo Corviale diviene obiettivo di una consistente parte di cittadinanza afflitta dall’impellente bisogno di abitazioni sino a sfociare alla prima occupazione del 1983. La storia si ripete nel natale del 1995 quanto circa 200 extracomunitari che si erano insediati nei manufatti abbandonati della spina centrale vennero fatti evacuare con uno “sgombero morbido”. La terza occupazione è quella attuale relativa al quarto piano, occupato da “autocostruttori” che si sono insediati approfittando della latitanza delle istituzioni.

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